Nel 2023, dopo i fortissimi rincari delle rate dei prestiti per la casa, 400 mila famiglie hanno visto la propria abitazione finire all’asta. E per il prossimo anno ci sarà un ulteriore incremento di vendite all’incanto. Oltreché immobiliare, è un’emergenza sociale.
Non si può certo dire che Christine Lagarde sia amica delle famiglie. Con gli aumenti a raffica dei tassi la politica della Banca centrale europea ha svuotato il portafogli di tanti risparmiatori. Chi, approfittando dell’insolita stagione del credito a condizioni mai così vantaggiose, ha progettato di comprare casa, nel giro di qualche anno si è visto sbarrare la strada proprio da Madame Lagarde. La Bce ha fatto sfumare il sogno di tanti che avevano contratto un mutuo a tasso variabile e ora si ritrovano con un macigno sulle spalle. I contratti di mutuo potenzialmente a rischio (ossia con rata superiore al 50 per cento del reddito disponibile) si avvicinano a quota 500 mila, per un valore di 60 miliardi di euro.
In soli nove mesi, da gennaio a settembre 2023, i tassi sono risaliti ai livelli di 10 anni fa. Una brusca inversione di tendenza che ha mandato sul lastrico chi ha acceso un prestito con la banca per acquistare casa. Su 3,5 milioni di famiglie con un mutuo in corso, per un valore complessivo di oltre 430 miliardi di euro, più del 40 per cento ha sottoscritto la formula variabile. Ci sono 400 mila famiglie con case finite all’asta. Per il 2024 si prevede un aumento del 10 per cento delle vendite all’incanto rispetto a quest’anno, per un numero di operazioni compreso tra 160 e 180 mila.
A fine 2023, le aste per immobili saranno 160 mila e si stima che il prossimo anno questo numero salirà del 10 per cento. La percentuale dei mutui a tasso variabile resta elevata nonostante le surroghe per oltre 60 miliardi dal 2012 a oggi. Inoltre, le sostituzioni recenti appaiono una soluzione d’emergenza e tardiva rispetto agli aumenti, poiché fissa le rate mensili su valori elevati e molto meno sostenibili. Oggi i tassi per spostare il mutuo in un’altra banca sono comunque superiori al 4 per cento. Siamo di fronte a una vera emergenza, come risulta chiaramente dalla seconda edizione dell’Osservatorio SalvaLaTuaCasa promosso dalla società benefit Save Your Home e realizzato con il contributo di Nomisma. La politica monetaria restrittiva del Bce agisce da freno all’economia e ha spinto il sistema bancario verso una maggiore prudenza e ad adottare politiche di erogazione dei prestiti più selettive. Il rialzo del costo del denaro, unito alla strategia di cautela del sistema bancario, ha infatti provocato un calo del 40 per cento delle erogazioni nei primi nove mesi del 2023, così come le compravendite sono scese del 16 per cento.
Comprare casa è ora un lusso per pochi. La conseguenza è lo spostamento della domanda verso il mercato delle locazioni che, a sua volta, a causa della maggior richiesta ha aumentato i canoni. È un corto circuito che sembra difficile interrompere. La situazione del caro mutui ha coinciso con la diminuzione del reddito disponibile per le famiglie. Il rapporto Nomisma stima che il 79 per cento degli italiani ha un reddito lordo inferiore a 30 mila euro annui e il 31 per cento addirittura non supera i 10 mila euro. Questo vuol dire che una buona fetta di contribuenti dispone di un budget insufficiente per la gestione delle spese ordinarie e degli imprevisti. Su questa condizione critica si è abbattuto l’incremento dei tassi, con il risultato di una ulteriore contrazione delle disponibilità. Chi ha sottoscritto un mutuo a 20 anni nel 2013 e aveva una rata a 590 euro, a maggio 2023 si è trovato a dover pagare 758 euro, cioè un aumento del 28 per cento. Un mutuo medio da 120 mila euro è passato da una rata di 400-500 euro al mese del 2022 a oltre 800. Un quarto del mercato è fatto da finanziamenti oltre l’80 per cento del valore dell’abitazione.
Dall’Osservatorio SalvaLaTuaCasa emerge che il reddito residuo disponibile di una famiglia è in media tra i 300 e i 700 euro mensili. La rata di un mutuo a tasso variabile raggiunge livelli di allerta per tutte le fasce di reddito fino almeno a 1.900 euro netti mensili, con un peso che arriva a superare il 60 per cento delle entrate nette. E le previsioni sul costo del denaro lasciano intendere che per molte famiglie risulterà difficile un pieno recupero del precedente reddito disponibile. Secondo le interviste condotte nell’ambito dell’Osservatorio il 13 per cento delle famiglie nell’ultimo anno dichiara di aver avuto difficoltà nel pagare regolarmente le rate del mutuo; di queste, il 4 per cento segnala di aver accumulato ritardi ed è ancora indietro con le restituzione delle rate.
«Chi può attinge ai risparmi di una vita ma anche questi si stanno prosciugando e comunque non bastano per soddisfare gli impegni economici quotidiani e il pagamento delle rate dei prestiti bancari. Siamo di fronte a un generale impoverimento che spesso si traduce nella perdita della casa» commenta Gianfranco Dote, ceo di Save Your Home che sottolinea come «ormai gli immobili residenziali costituiscono il 57 per cento delle unità messe all’incanto». La ripartizione sul territorio è disallineata rispetto alla distribuzione della popolazione, con una maggiore presenza di aste nel Sud (39,7 per cento e 48.899 unità), seguita dal Nord (35,5 per cento e 44.591 unità) e dal Centro (24,9 per cento e 31.262 unità). Cinque regioni sviluppano da sole la metà del totale nazionale: Lombardia il 14,9 per cento, Sicilia il 11,8, Lazio il 9,2, Toscana il 6,8, Campania il 6,6.
Dote spiega come si arriva all’asta: «Inizialmente la banca cerca di convincere il cliente a far fronte ai propri impegni ma quando si arriva alla sesta rata non pagata, allora il contratto di finanziamento decade e scattano le procedure di legge che portano alla vendita dell’immobile. Il percorso può durare anni, molti anni. Ci sono aste attive addirittura da 40 anni. Durante il Covid l’attività dei tribunali si è quasi bloccata e si è ridotto pesantemente il numero di esecuzioni, causando ulteriori rinvii anche per le pratiche recenti. I tempi lunghi e l’onerosità dei procedimenti, contribuiscono a ridurre il valore di realizzo, lasciando ampie quote di scoperto a danno di creditori e debitori. La durata media delle procedure esecutive si attesta intorno ai 1.729 giorni. Gran parte degli immobili sono svenduti e il recupero del credito è limitato. Di solito si ricava la metà del valore della casa e spesso resta da pagare il 20-30 per cento del mutuo».
Dote poi indica un altro fattore che sta condizionando il mercato: la diffusione delle aste telematiche, aumentate dal 37 al 40 per cento. «La loro complessità riduce la partecipazione dei potenziali acquirenti, spingendo al ribasso il valore degli immobili». È possibile difendersi da questo meccanismo infernale? Dote spiega che «il servizio SalvaLaTuaCasa aiuta le famiglie a estinguere il mutuo, acquistando il debito. Tramite un contratto di rent-to-buy il debitore ha il diritto di opzione al riacquisto della casa pagando canoni mensili sostenibili. Per chi non ce la fa, l’associazione si occupa di vendere l’abitazione sul mercato, scongiurando l’asta». L’altra faccia della medaglia delle aste giudiziarie è che possono essere una buona opportunità di investimento sia per quanto riguarda il prezzo d’acquisto (in linea generale è del 40 per cento inferiore a quello di mercato), sia per eventuali agevolazioni fiscali previste. Vi è però una serie di spese da affrontare tra cui le consulenze legali e fiscali, la perizia di un geometra, il compenso del professionista delegato a seguire l’asta giudiziaria, eventuali spese condominiali arretrate del precedente proprietario, le spese notarili, la registrazione dell’atto. E comunque alle aste la parte del leone la fanno sempre gli speculatori, di solito agenzie e grandi gruppi che riescono a mettere le mani sugli immobili migliori. Alla fine, a guardare bene, nessun piccolo risparmiatore riesce a trarne vantaggio.
