L’Italia paradiso fiscale? Andatelo a chiedere chi paga il 50,6% di tasse sul reddito secondo le statistiche Istat sulla pressione fiscale. Poi però non riferite la risposta perché pooco urbana. Eppure il premier francese Francois Bayrou, in debito di consensi e di credibilità, si permette di puntare il dito contro Roma come se fossimo un’isola dei Caraibi travestita da stivale. Peccato che la realtà dica il contrario: secondo l’ultimo rapporto della Cgia di Mestre, i veri paradisi fiscali non stanno sotto il sole del Mediterraneo ma nel cuore dell’Europa.
Altro che Cayman o Panama: i primi cinque paradisi fiscali al mondo sono più vicini di quanto si pensi. Eccoli: Lussemburgo, Irlanda, Svizzera, Paesi Bassi e Belgio. Cinque Paesi che hanno fatto del fisco leggero una ragione di vita. Ciascuno con il suo menù: aliquote bassissime per le multinazionali, regimi di favore per i capitali in fuga, agevolazioni che attirano come miele gli investitori esteri. In pratica, la legalità travestita da ospitalità fiscale.
A Dublino i giganti del digitale pagano briciole, ad Amsterdam si transita con eleganza grazie alle regole sulle royalties. Il Lussemburgo, poi, è un condominio di società di comodo, e la Svizzera non ha certo bisogno di presentazioni: banche solide e riservatezza garantita. Persino il Belgio, con i suoi “ruling fiscali” su misura, si fa concorrenza interna all’Europa stessa.
Vale allora la pena ricordare come si definisce un paradiso fiscale: bassa o nulla tassazione, segretezza bancaria, normativa accomodante e accesso facilitato per i capitali stranieri. Tutte caratteristiche che l’Italia non possiede. Da noi, i benefici fiscali non sono per tutti ma per pochi eletti che sanno come muoversi tra le pieghe delle norme o che hanno il potere di scriverle.
Al centro del dibattito è la nuova flat tax per i paperoni stranieri. La norma è in vigore in Italia dal 2017, ed è conosciuta come «norma CR7», chiamata così perché permise a Cristiano Ronaldo di trasferirsi alla Juventus pagando una tassa «simbolica» e piatta su tutti i redditi provenienti dall’estero (ad esempio sui diritti di immagine e sponsorizzazioni). Questo regime fiscale riservato ai paperoni prevede che chi non è stato residente fiscalmente in Italia per almeno 9 degli ultimi dieci anni, può ottenere, trasferendo la residenza, l’applicazione per 15 anni di una tassa piatta annuale di 200 mila euro (al tempo di Ronaldo erano 100 mila) su tutti i redditi prodotti all’estero (dagli interessi di obbligazioni ai dividendi da partecipazioni azionarie, dalle plusvalenze da cessione di imprese alle successioni o donazioni maturate all’estero). Inoltre, il forfait è allargato anche ai familiari: basta aggiungere 25 mila euro a testa.
«Ormai c’è una specie di nomadismo fiscale e ognuno si trasferisce dove è più conveniente», ha detto il premier francese Bayrou, citando l’Italia come esempio di Paese «che sta facendo una politica di dumping fiscale».
Il premier francese però deve rilassarsi: se cerca i paradisi fiscali, guardi a Bruxelles, Amsterdam o Dublino. A Roma, al massimo, troverà un paradiso per il fisco.
