Home » Attualità » Economia » Commerci via mare, indietro tutta

Commerci via mare, indietro tutta

Commerci via mare, indietro tutta

Gli scambi globali sono in frenata a causa dell’inflazione e, di conseguenza, lo sono anche i grandi trasporti di merci su navi. Il futuro? Appare più positivo, ma presenta varie incognite. Come la competizione tra colossi del settore, che ora mettono fine alle loro alleanze.


Ricordate la tumultuosa ripresa dei commerci mondiali dopo la pandemia, con i porti ingolfati, migliaia di container fermi sulle banchine e l’impennata stratosferica dei noli? Acqua passata, è proprio il caso di dirlo. Perché oggi trasportare le merci via mare è molto più economico: «Rispetto al primo giugno 2022 i noli sono diminuiti del 77,9 per cento e sono ancora in discesa, raggiungendo quasi i livelli pre-pandemia» fa il punto Alessandro Panaro, responsabile del dipartimento Maritime & Energy del centro studi Srm, collegato alla banca Intesa Sanpaolo.

Una buona notizia, in apparenza. Che però nasconde un lato negativo: la repentina caduta dei noli, ovvero dell’affitto dello spazio su una nave per la propria merce o di un container, è provocata dalla frenata degli scambi mondiali. Se nel 2021 il commercio marittimo era cresciuto del 3,4 per cento, lo scorso anno ha subito una contrazione dello 0,5 per cento e le previsioni indicano una crescita in termini di tonnellaggio dell’1,6 per cento nel 2023 e del 2,8 per cento per il 2024. Per quanto riguarda la movimentazione media annua dei container, dal 2023 fino al 2027 ci si aspetta un aumento annuo del 2,8 per cento.

Questo rallentamento è causato da una domanda fiaccata dall’inflazione, che spinge i consumatori a ridurre gli acquisti. Lo scorso anno i maggiori dieci porti asiatici che gestiscono un terzo dei trasporti mondiali di container hanno migliorato i volumi dell’1,6 per cento rispetto al 2021 mentre i principali venti scali europei hanno complessivamente ridotto i movimenti del 3,4 per cento. Situazione invece un po’ diversa nel Mediterraneo dove Srm prevede un aumento degli scambi marittimi del 3,4 per cento all’anno tra il 2023 e il 2027: «Il nostro mare è il crocevia di tre continenti» sottolinea Panaro «ricchi di materie prime ed aree produttive».

Sugli scambi globali via nave la guerra tra Russia e Ucraina ha avuto un impatto non così rilevante, soprattutto se paragonato alla paralisi causata dalla pandemia di Covid e dai lockdown. Il conflitto ha influenzato in particolare le rotte con questi due grandi Paesi e, per l’Italia, alcuni porti specializzati nei prodotti agricoli e nelle merci «secche». Per esempio, lo scalo di Ravenna (primo in Italia per le rinfuse solide) ha subito in alcuni periodi dell’anno cali importanti (ad aprile 2022, uno dei periodi più caldi del conflitto, il calo fu di circa il 39 per cento rispetto al 2021).

Il trasporto su nave è fondamentale. Sui mari transita la maggioranza dei prodotti scambiati a livello globale: l’80 per cento in termini di volumi e il 70 per cento in termini di valore. E per un valore totale di 12 trilioni di dollari di merci che circolano sugli oceani, oltre 8 trilioni sono trasportati nei container. Si ritiene che complessivamente viaggino per il mondo 140 milioni di questi grossi «scatoloni» in metallo, anche se probabilmente il numero è sovrastimato. Per l’Italia la dipendenza dal mare è notevole: il 39 per cento dell’import-export viaggia via nave per un valore di 377 miliardi di euro. In base ai dati raccolti da Assoporti e Srm, nel 2022 con oltre 490 milioni di tonnellate movimentate gli scambi nei nostri scali sono cresciuti dell’1,9 per cento su base annua. E i movimenti nel settore container sono aumentati dell’1,3 per cento, in controtendenza rispetto alle flessioni registrate dai maggiori porti del resto d’Europa. La Cina si conferma il primo fornitore per l’Italia: rappresenta un quinto delle merci in entrata via mare nel nostro Paese. Mentre gli Stati Uniti sono un grande mercato di sbocco per l’export italiano via mare: un quarto delle nostre merci in uscita su nave sono dirette nel Paese nordamericano.

Al di là del rallentamento di questo periodo, la tendenza di fondo dei commerci via mare è positiva, grazie al continuo aumento della popolazione mondiale. E i prezzi dei noli potrebbero restare bassi a lungo in seguito alle grandi manovre che si stanno svolgendo intorno ai «padroni del mare», le società che gestiscono i portacontainer. Come la Msc di Ginevra, fondata da Gianluigi Aponte, e la danese Maersk: i due leader di mercato che da soli muovono circa otto milioni di container e controllano circa un terzo della capacità di trasporto marittimo mondiale. Nel 2015 i due colossi avevano formato un’alleanza, battezzata «2M», che si proponeva di razionalizzare le rotte in modo da offrire ai clienti su certe destinazioni una nave in comune: una sorta di «code sharing» per avere portacontainer sempre piene e probabilmente anche prezzi più alti. In gennaio però le due società hanno comunicato che l’alleanza verrà sciolta all’inizio del 2025: «Msc e Maersk» recita il comunicato congiunto pubblicato in occasione dell’annuncio «riconoscono che molto è cambiato da quando le due compagnie hanno firmato l’accordo decennale nel 2015. L’interruzione dell’alleanza 2M apre la strada a entrambe le compagnie per continuare a perseguire le proprie strategie individuali. Abbiamo apprezzato molto la partnership e ci auguriamo di continuare a collaborare in modo solido per il periodo rimanente dell’accordo. Rimaniamo pienamente impegnati a fornire i servizi dell’alleanza 2M ai clienti di Msc e Maersk».

La separazione va ben oltre la semplice rottura di due giganti del trasporto marittimo. Rappresenta scommesse diverse sul futuro del commercio globale nei prossimi decenni e sulle forze di «decoupling» – la rilocalizzazione delle produzioni – che orienteranno in modo diverso i flussi internazionali di merci. Maersk ritiene che gli scambi via mare subiranno gli effetti negativi del re-shoring, cioè del riportare in patria una serie di produzioni allocate in Cina, e quindi ha l’obiettivo di diventare non solo una compagnia di spedizioni via mare, ma un punto di riferimento completo per la logistica, dalla gestione degli scali al trasporto aereo, dal trasporto terrestre fino alla consegna finale. Msc, invece, pensa che gli scambi tra i continenti continueranno a svilupparsi, seppur in modi diversi, e punta a espandere aggressivamente la propria flotta. Il risultato è che anche le altre due alleanze globali di spedizione (Ocean Alliance e The Alliance) potrebbero subire una riorganizzazione con un effetto domino. E a quel punto una guerra dei prezzi potrebbe essere inevitabile.

© Riproduzione Riservata