L’obbligo dei tamponi per viaggiare da non vaccinati fa lievitare la spesa finale, svantaggiando alcune fasce della popolazione. Johan Lundgren, Ceo di easyJet chiede spostamenti senza restrizioni tra i Paesi con pochi casi. E attacca i continui aiuti di Stato versati ad Alitalia.
Ha parecchi dubbi sull’uso indiscriminato dei tamponi per determinare chi possa volare e chi no: «Il rischio è che solo i ricchi potranno permettersi di prendere un aereo. Sarebbe come riportare l’orologio indietro di 25 anni». Non ha gradito i continui aiuti di Stato versati ad Alitalia: «Alcune compagnie di bandiera sono tra le più inefficienti d’Europa. E non sono né le più grandi, né le più importanti. Sono considerate un orgoglio nazionale, un gioiello del passato, ma non ha senso chiedere di rispettarle: la storia non rappresenta necessariamente il futuro». E ancora: «Ritengo inopportuno usare il denaro dei contribuenti per sostenere un’azienda in particolare. Se gli aiuti ci devono essere, allora bisogna renderli disponibili per tutti».
Johan Lundgren, Ceo di easyJet da quasi quattro anni, veterano del mondo dell’aviazione, presidente di turno di Airlines for Europe, l’organizzazione che raccoglie i principali vettori del cielo del Vecchio Continente, parla a tutto campo con Panorama in un’intervista in esclusiva per l’Italia. Capelli brizzolati e modi diretti ma affabili, camicia bianca in tono con lo sfondo dietro la sedia, è collegato in videochiamata da Londra in compagnia di una tazzina di caffè, svuotata a piccoli sorsi. Per quasi un’ora ragiona, senza sottrarsi, sull’orizzonte prossimo dei viaggi, come ripartire, cosa non tonerà come prima.
Assieme al Covid, il principale freno agli spostamenti è l’incertezza. Le norme per entrare in un Paese cambiano troppo rapidamente, nel giro di giorni. Qual è la soluzione più sensata che bilanci il desiderio di spostarsi con la tutela fondamentale della salute dei passeggeri?
Secondo un nostro sondaggio, il principale ostacolo che disincentiva a prenotare un volo non è il pericolo di ammalarsi, lo sono le varie tipologie di test da sostenere, la paura di sbarcare in una meta e rimanere bloccati lì. Il problema resta la variabilità generale di queste misure. Serve un approccio comune, globale, recepito dai singoli Stati. Che tenga conto del livello delle vaccinazioni, che renda necessario, in rapporto ai casi di coronavirus, il vincolo della quarantena o di presentare analisi all’arrivo. O che ne escluda l’esigenza. Un ruolo fondamentale lo gioca anche la flessibilità. Ecco perché quest’estate permetteremo a tutti i nostri clienti di cambiare i loro voli, in qualsiasi momento e fino a due ore prima della partenza, senza pagare una sovrattassa per il cambio.
La sua idea è che il tampone, specie quello molecolare, faccia lievitare di molto il costo di un biglietto, tagliando fuori chi non ha i mezzi per poterselo permettere.
easyJet è stata fondata sulla promessa di democratizzare il viaggio, di rendere accessibile a chiunque quello che era un privilegio. Introdurre sbarramenti generalizzati, senza una base scientifica razionale, vuol dire solo aumentare le disuguaglianze, svantaggiare gli studenti, le famiglie, chi lavora duramente. Penso sia il caso di ragionare in un sistema stratificato, a semaforo: tra i Paesi classificati come verdi, con un livello di rischio basso, non dovrebbe esserci nessun tipo di restrizione o di obbligo.
L’Europa accelera verso il «Digital green certificate». Al di là della sua logica, intravede anche una barriera tecnologica? In Italia, il flop della app «Immuni» ha dimostrato una diffusa resistenza di fronte a tali strumenti.
Quando si scarica un’applicazione e non se ne capisce il funzionamento in cinque secondi, il problema dipende da chi l’ha creata. Queste soluzioni devono essere «user friendly» e vanno incentivate dai governi. In parallelo, però, credo non possano trasformarsi in un elemento di discriminazione. Occorre salvaguardare la libertà di non utilizzarli, alla pari del diritto di viaggiare senza esibire un certificato di vaccinazione.
Lasciando da parte le supposizioni, cosa dicono i vostri dati delle prenotazioni? Che estate sarà?
C’è molta domanda potenziale. Abbiamo chiesto ai viaggiatori quali sono i loro programmi per i prossimi mesi: il 65 per cento ha dichiarato di aver già comprato un volo o di avere intenzione di farlo. In Italia, il dato sale al 76 per cento. E non riguarda soltanto la volontà di andare in vacanza, ci sono moltissime famiglie e amici che non si vedono da troppo tempo. Penso avremo una stagione positiva, specie se verrà fissato un percorso chiaro per le riaperture. Sarà imprescindibile per far ritornare anche il turismo estero.
La crisi dell’ultimo anno si rifletterà sulle tariffe? Già in passato le compagnie aeree si sono comportate come oligopoli, fissando costi stellari per alcune tratte in determinati periodi dell’anno.
In questa industria i prezzi sono estremamente dinamici. Non vediamo l’ora di tornare nei cieli, dunque non mancheranno le offerte al ribasso. In generale, il consiglio è prenotare il più possibile in anticipo, si potranno trovare proposte convenienti per qualunque destinazione. Il nostro prezzo medio per l’intero network è pari a 60 euro, di gran lunga inferiore rispetto ai vettori tradizionali.
Tra questi c’è Alitalia. Come giudica gli aiuti pubblici che riceve e quale impatto hanno sui vostri affari?
Non sono contrario in assoluto al sostegno statale, le conseguenze della pandemia si sono fatte sentire per l’intera industria. Ma tale supporto deve essere disponibile per tutti, non per un solo giocatore che usa quei fondi, e parliamo di miliardi di euro, per distorcere il mercato. Non è una dinamica sensata prendere il denaro dei contribuenti per favorire chi non è adatto a competere, peraltro creando un ostacolo a compagnie più efficienti.
A prescindere dalle iniezioni di liquidità, i vettori a breve raggio e low cost recupereranno prima rispetto a chi copre tratte intercontinentali?
Sono vecchio abbastanza da essere in questo settore dai tempi della guerra in Kuwait, che fu un grande colpo, così come l’attacco alle Torri Gemelle. È corretto: trascorsi gli scenari di crisi, il corto raggio si riprende rapidamente, i viaggi di piacere e le vacanze ripartono prima degli spostamenti legati al business.
Il modo di viaggiare è cambiato per sempre o si tornerà alle liturgie di prima?
I criteri di pulizia sono diventati più stringenti, i controlli sono molto accurati, c’è l’obbligo di indossare la mascherina a bordo. Penso che quando sarà possibile farlo, queste procedure debbano venire meno. Sarebbe meglio non ripetere gli errori fatti in precedenza.
A cosa si riferisce?
Ai divieti fissati dopo l’11 settembre, alcuni ancora in piedi. Penso ai limiti nei liquidi per il bagaglio a mano. È passato tanto tempo da quando le macchine permettono di determinare se sono una minaccia oppure no, eppure la restrizione rimane. Non ha una reale logica. Dovremo essere in grado di sbarazzarci della complessità superflua: ognuna implica una ricaduta sul comfort dei viaggi, ha un impatto inevitabile sui loro costi.
