Leonardo ha presentato ieri presso la sede delle Officine Farneto di Roma il “Michelangelo Dome”. Diciamo la verità, “Leonardo che presenta Michelangelo” stride un po’ dal punto di vista storico, furono rivali fin dai tempi della realizzazione della Cappella Sistina, tuttavia questo è il nome scelto per il “nuovo sistema avanzato di difesa integrata progettato dal gigante italiano dell’aerospazio per contrastare le “minacce emergenti in uno scenario globale sempre più complesso”. L’azienda ha dichiarato che questo progetto nasce “dall’esigenza di proteggere infrastrutture critiche, aree urbane sensibili, territori e asset di interesse nazionale ed europeo, attraverso una soluzione modulare, aperta, scalabile e multi-dominio”, e dovrebbe dimostrare ulteriormente la sua posizione di attore di riferimento nel campo della sicurezza globale.
Un sistema per la sicurezza nazionale
Roberto Cingolani, amministratore delegato e direttore generale di Leonardo, ha dichiarato: “Con Michelangelo Dome, conferma il proprio impegno a sviluppare soluzioni che proteggono cittadini, istituzioni e infrastrutture, unendo tecnologia avanzata, visione sistemica e capacità industriale. In un mondo in cui le minacce si evolvono rapidamente e diventano sempre più complesse, dove difendere costa più che attaccare, la difesa deve saper innovare, anticipare e aprirsi alla cooperazione internazionale”. In pratica si tratta di una serie di sistemi che integra una serie di sensori terrestri, navali, aerei e spaziali di nuova generazione, piattaforme di difesa cibernetica, sistemi di comando e controllo, d’intelligenza artificiale ed effettori coordinati.
Lo scopo è ottenere una cupola (da qui il termine Dome), in grado di individuare, tracciare e neutralizzare minacce, anche multiple, provenienti da più domini, ovvero aeree e missilistiche, inclusi missili ipersonici e sciami di droni, attacchi dalla superficie e sotto la superficie del mare, ed anche forze terrestri. Per farlo, lo scudo italiano (che non sarà soltanto spaziale), raccoglierà ed elaborerà dati provenienti da sensori multipli mediante algoritmi predittivi, anticipando così eventuali comportamenti ostili e ottimizzando la risposta coordinando automaticamente l’uso delle armi più idonee secondo i casi. Il progetto fa parte dei programmi di cooperazione continentale e valorizzerà ulteriormente le eccellenze industriali nazionali.
“Serve investire nella difesa”
Intervistato da RadioCor/Il sole 24 Ore, Cingolani ha spiegato: “Non sta finendo la guerra, sta iniziando una guerra nuova. I prossimi anni di pace apparente potrebbero permettere agli aggressori di costruire armi che sono difficili da neutralizzare: mai come adesso bisogna investire nella difesa”. Nelle intenzioni la copertura del Michelangelo Dome dovrebbe essere estesa anche ad altri Paesi europei per proteggere aree di interesse strategico come basi militari, infrastrutture per i trasporti, impianti industriali e anche aree urbane. Nulla più di questo è emerso dalla comunicazione istituzionale, ma è chiaro che servirà tempo per individuare o costituire i consorzi degli attori industriali che dovranno quindi costruire l’infrastruttura. Su tutto, su una cosa Cingolani ha ragione: serve darsi una mossa adesso per il futuro e anche per non perdere le capacità progettuali e tecnologiche a livello nazionale.
Perché serve agire ora
Per troppi anni (quasi tre decenni), giustificando la riduzione degli armamenti con una situazione internazionale che vedeva pericoli lontano dal nostro territorio, abbiamo visto contrarsi anche le capacità di difesa del nostro Paese, creando l’idea distorta che queste fossero limitate soltanto al numero di munizioni, carri armati, velivoli e navi. Mentre gli ultimi cinque anni hanno dimostrato che un nemico può fare danni anche senza missili, soltanto bloccando i sistemi informatici di banche, aeroporti e istituzioni.
