“La situazione della guerra è un casino”. Queste le parole dette da Donald Trump, una frase molto diretta che lascia poche speranze alla riuscita del piano di pace. Ma c’è un ostacolo, tra i molti che frenano il processo di pace tra Russia e Ucraina, che si sta rivelando sempre più difficile da superare: la maggioranza dei soldati ucraini non ha soltanto la convinzione di combattere per una causa superiore come la difesa della patria, ma anche quella che la Russia rimanga determinata a conquistare l’Ucraina anche tra qualche anno indipendentemente dal tipo di accordo raggiunto e dal leader che prima o poi prenderà il posto di Vladimir Putin. La realtà, tuttavia, è un fronte lungo 1.300 km nel quale le truppe di Kiev sono l’unica barriera tra la pacifica vita civile degli ucraini e l’invasione russa.
I dubbi dei soldati ucraini
Anni di guerra hanno portato i soldati a radicare forti dubbi sul fatto che Mosca possa essere considerata affidabile nel rispettare un accordo di pace. Soprattutto in mancanza di garanzie di sicurezza come l’ormai improbabile adesione alla Nato. L’idea diffusa tra i reparti delle forze ucraine è che, anche se si arrivasse a una pace duratura che fermi i combattimenti per un lungo periodo, i russi prima o dopo torneranno ad avanzare.
Serhii Filimonov, comandante di battaglione dell’esercito ucraino e nella vita civile commerciante, intervistato qualche giorno fa dall’emittente Al Jazeera, ha dichiarato: “Questa possibile tregua sarà di breve durata, servirà per riorganizzare le forze russe, ma poi torneranno. Penso che sarebbe utile per i russi porre fine alla guerra, rimuovere le sanzioni, prepararsi per una nuova guerra e attaccare di nuovo. Non credo che ci possa essere pace prima che la Russia venga distrutta, o almeno che la leadership venga cambiata”.
Pokrovsk e gli altri fronti
Nonostante le dichiarazioni russe e occidentali abbiano dato per persa la città di Pokrovsk, Filimonov è tra coloro che sostengono il contrario, ovvero che i russi non hanno affatto il controllo di quell’importante snodo all’interno del Donetsk, allineandosi a quanto detto dal presidente Zelensky a Parigi, ovvero che nella città i combattimenti sono ancora in corso.
E mentre noi in occidente assistiamo a vere offensive e controffensive mediatiche, con settimane nelle quali i russi paiono avanzare e altre nelle quali gli ucraini riconquistano porzioni di territorio, la realtà è che alle forze di Kiev mancano uomini, non ci sono riserve e molti battaglioni al fronte sono composti da poche decine di uomini invece che centinaia. Senza contare che l’idea di mobilitare fino a 30.000 nuove reclute al mese non si rivela efficace perché molti di questi soldati non si dimostrano adatti a sostituire le truppe esperte della prima linea. Altrettanto vero è che le forze ucraine stanno riuscendo a mantenere la posizione in luoghi come Pokrovsk, così come a Kupiansk e Vovchansk nella regione di Kharkiv, due posizioni che la Russia cerca di conquistare da oltre un anno senza riuscirci.
Le condizioni di Putin
Il presidente russo Vladimir Putin ha dichiarato la scorsa settimana che i combattimenti non cesseranno a meno che l’Ucraina non ritiri le truppe dalle regioni di Donetsk, Luhansk, Zaporižžja e Kherson, le quattro province che Mosca ha annesso con la forza nel settembre 2022. E a oggi le truppe russe occupano solo metà di Zaporižžja e Kherson e due terzi del Donetsk. Non a caso la bozza del piano di pace elaborata da Stati Uniti e Russia prevedeva che l’esercito ucraino fosse limitato e che si ritirasse dal resto della regione. Ciò ha un motivo chiaro: sebbene negli ultimi mesi l’avanzata russa sia evidente, non è affatto scontato che Mosca conquisti il restante terzo del Donetsk entro il 2026. Soprattutto se l’Ucraina otterrà ulteriori aiuti occidentali.
Un futuro incerto
L’Unione Europea ha stanziato 50 miliardi di dollari in aiuti dal 2024 al 2027, ma Kiev avrà bisogno di 83,4 miliardi di dollari per le forze armate e di 52 miliardi di dollari per il resto delle spese statali nel biennio 2026-2027. E molto dipende dalla possibilità di usare i soldi russi bloccati nelle banche occidentali e i beni confiscati. Che però possono condizionare la disponibilità di Mosca ad accettare i compromessi per arrivare alla pace.
