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Diario di Guerra. Secondo giorno

La visita al kibbutz, le storie di chi vive a Kfar Aza a poche centinaia di metri dalla Striscia di Gaza. Il reportage dal nostro inviato e il video esclusivo con Dallit Katzeellenborgen

Fino alla mattina del 7 ottobre 2023 , Kfar Aza era una sorta di piccolo paradiso terrestre e un’oasi di pace in Israele abitata da una una piccola comunità immersa nel verde a poche centinaia di metri dalla Striscia di Gaza. La vita scorreva tranquilla fino a quando quel sabato mattinamigliaia di terroristi di Hamas sono entrati in Israele colpendo basi militari e kibbutz attorno all’enclave palestinese. Armati di fucili mitragliatori hanno fatto irruzione saccheggiando, uccidendo, stuprando, e sequestrando. Dei 950 abitanti di Kfar Aza, 63 sono stati ammazzati, 19 rapiti e di questi, cinque di loro sono ( forse) ancora nelle mani dei terroristi a Gaza. Il tempo qui si è fermato e sono rimasti i giardini in fiore tra le case sventrate e bruciate, i detriti, e centinaia di fori di proiettili sui muri, sui soffitti e sulle porte delle case. Fuori dalle case ci sono le foto delle vittime e molti sono giovani ragazzi e ragazze e giovani coppie che avevano iniziato a convivere in questo piccolo paradiso. Quella mattina tutto è stato spazzato via dalla furia sadica dei militanti di Hamas prima e dai «civili» palestinesi poi. Nel corso della visita ci raccontano che i terroristi sapevano esattamente dove andare, avevano mappe dettagliate, sapevano che era armato e chi no e avevano persino le planimetrie delle singole case. Possedevano tutte queste informazioni perché arrivavano da palestinesi che lavoravano proprio nel kibbutz. Dopo che gli uomini di Hamas hanno stuprato e massacrato chiunque hanno incontrato, sono arrivati centinaia di «civili» da Gaza e fanno scempio dei cadaveri che hanno poi portato nella Striscia e hanno saccheggiato le case portando via qualsiasi cosa. Quello che vediamo è sconvolgente e durante la visita al kibbutz una giovane donna soldato ci racconta nel dettaglio quanto accaduto. Quando la mattina del 7 ottobre, alle 6.30, le sirene hanno cominciato a suonare, i residenti si sono subito chiusi dentro i rifugi, una triste consuetudine per chi vive in questa zona, con solo 15 secondi per raggiungere il bunker. L’allarme missilistico è andato avanti per 15 minuti e poi è arrivata la prima ondata di terroristi a bordo dei pick-up e dal cielo con dei rudimentali deltaplani. Chiusi in queste stanze sicure, allestite per resistere ai missili e non certo all’attacco di miliziani armati, gli abitanti del kibbutz hanno provato a resistere, ma molti sono stati uccisi e altri rapiti. Alcune ore dopo c’è stata la seconda ondata alla quale hanno partecipato anche degli abitanti di Gaza. Un uomo che continua a vivere qui ci dice: «È importante che voi vediate le cose. Kfar Aza come altre comunità nei dintorni pensava che dall’altra parte (delle recinzioni ) non ci fossero solo terroristi ma anche gente che non era coinvolta. Io ero tra i volontari che accompagnavano i malati palestinesi dai valichi agli ospedali israeliani, credendo nella visione di costruire un futuro migliore. I cosiddetti non coinvolti il 7 ottobre hanno rubato, ucciso, sequestrato, portato via cose e corpi. Abbiamo capito che dovevamo guardarli in maniera diversa ed è una cosa con cui adesso dobbiamo fare i conti».

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