Al Tribunale di Trapani le Organizzazioni non governative che con le loro navi raccolgono i migranti in mare devono rispondere di favoreggiamento della immigrazione clandestina. Dopo l’udienza preliminare di maggio, la prossima data è per il 2 settembre. Intanto, grazie al vuoto di potere italiano, i trafficanti di esseri umani hanno aumentato gli arrivi sulle nostre coste.
Il grande processo di Trapani, alle Ong del mare, è iniziato e se a fine anno supererà la fase preliminare si comincerà ad alzare il velo sul modus operandi dei talebani dell’accoglienza. La Procura, dopo quattro anni di indagini, è convinta di avere scoperto «contatti e comunicazioni intraprese dagli indagati con i trafficanti di esseri umani, che manifestano connotati atti a delineare un complessivo accordo preordinato tra trafficanti e Ong» si legge negli atti. «Di fatto, secondo le emergenze investigative, si costituivano i presupposti per un pressoché regolare svolgimento del traghettamento dei migranti dalle coste libiche di provenienza verso le navi Ong pronte ad attenderli». I fatti risalgono ai tempi del boom degli sbarchi 2016-2017 con 119 mila migranti. Quest’anno la Guardia costiera stima che arriveranno 77 mila. In agosto erano già il 40 per cento in più rispetto al 2020. Le Ong del mare si sono fatte più attente e forti. Le navi della flotta sono 18 e tre gli aeroplani di ricognizione. «Operano come un vero centro di soccorso alternativo agli Stati e si piazzano a circa 30 miglia dalla Libia in attesa dei migranti» dice a Panorama chi monitorizza l’immigrazione clandestina.
Il 21 maggio, offuscata dalla guerra in Ucraina, si è tenuta l’udienza preliminare del primo processo alle Ong che ha superato, per ora, l’archiviazione. La prossima è fissata il 12 settembre. Gli indagati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e altri reati sono 21, oltre la società armatrice di una delle navi e due colossi delle Organizzazioni non governative, Medici senza frontiere e Save the children.
Tutto è iniziato con il sequestro della Juventa dei tedeschi di Jugend Rettet accusati di contatti diretti con i trafficanti. Nonostante la valanga di eccezioni della difesa la fase preliminare dovrebbe concludersi a fine anno. Il gup, Massimo Corleo, potrebbe decidere il non luogo a procedere nonostante le prove raccolte anche da un agente sotto copertura corroborate da video, foto, intercettazioni e testimonianze. Se, al contrario, si arrivasse al dibattimento sarà la volta buona per dimostrare, o meno, l’esistenza di uno scabroso modus operandi: «Talvolta la nave (delle Ong ndr.) era a conoscenza dell’avvenuta partenza di unità nautiche con migranti a bordo – si legge nelle carte – o intratteneva contatti di vario tipo (con i trafficanti, nda) anche al mero fine di indicare la propria presenza in zone di mare prossime al limite delle acque territoriali libiche».
Veri e propri appuntamenti come nel caso di Vos Hestia, la nave noleggiata da Save the children, che nel luglio 2017 si piazzava «in acque internazionali antistanti le coste libiche, accogliendo a bordo numerosi migranti alla costante presenza di trafficanti che li avevano scortati mediante varie imbarcazioni e che sorvegliavano le operazioni finalizzate al trasbordo». L’accusa sostiene che «talvolta gli equipaggi delle navi in uso alle Ong trainavano le unità con i migranti a bordo dalle acque territoriali libiche fino alle acque internazionali».
Il 18 giugno 2017 i tedeschi di Jugend Rettet «si incontravano in acque internazionali con trafficanti libici a bordo delle rispettive imbarcazioni, quindi facevano momentaneo ritorno presso la motonave Juventa (mentre i trafficanti si dirigevano verso le acque libiche), e, da ultimo, si incontravano nuovamente con i trafficanti, che questa volta scortavano un’imbarcazione con a bordo dei migranti che venivano poi trasbordati sulla motonave». Secondo gli inquirenti esisteva «un tacito accordo» con i trafficanti, che coinvolgeva anche nave Vos Hestia e Vos Prudence di Msf. «Nell’ indagine sono emersi chiari elementi circa il fatto che i trafficanti di esseri umani presenti in Libia e implicati nella relativa tratta verso l’Italia avevano l’abitudine – riportano le carte – (nota alle Ong presenti a bordo delle navi) di mantenere sotto controllo i siti web specializzati e gli strumenti Ais (sistema automatico di identificazione satellitare, nda) atti a rilevare la presenza in mare delle navi».
I trafficanti, come fanno ancora oggi, hanno gioco facile a lanciare le imbarcazioni con la ragionevole certezza che i migranti vengono recuperati e portati in Italia. O peggio: «Van Diest Stephan quale team leader della Ong Medici Senza Frontiere (…) presente a bordo alle ore 6.30 circa del 25 giugno 2017, in prossimità delle acque territoriali libiche imbarca circa 608 migranti scortati in maniera organizzata e controllata da trafficanti (…) In tal modo procedendo a una vera e propria consegna concordata» si legge a pagina 13 dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari della procura di Trapani.
Fin dalla prima udienza del processo, Bertrand Draguez, presidente di Medici senza frontiere, ha ribadito la «piena fiducia su quanto abbiamo fatto e continuiamo a fare con la nostra nave nel Mediterraneo centrale. Abbiamo sempre operato con l’unico obiettivo di salvare vite, in totale trasparenza e nel rispetto delle leggi, e siamo certi che il procedimento lo confermerà». Msf è orgogliosa di aver aiutato a portare in Italia «82 mila persone in pericolo» che non sempre, però, rischiavano di affondare. Gli ultimi arrivi sono i 659 migranti sbarcati a Taranto il 4 agosto dalla Geo Barents. Stessa difesa per Save the children, che però dopo il 2017 si è ritirata dal mare. I più duri, al di sopra delle legge, sono come sempre i tedeschi di Sea-Eye, German Doctors, Refugee Rescue, United4Rescue che «si oppongono fermamente a questa disumana politica di deterrenza e chiedono l’immediata chiusura del procedimento contro i soccorritori».
Pure Amnesty international si è mobilitata e Allison West segue le udienze per conto dell’ European Center for Constitutional and Human Rights, organizzazione no profit specializzata nel denunciare gli Stati per presunti comportamenti illegali. «Il processo» ha sentenziato «riguarda in sostanza il tentativo di criminalizzare la mobilitazione della società civile». Sul fronte degli sbarchi si registrano fino al 16 agosto 48.294 arrivi, il 40 per cento in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno e oltre tre volte tanto il 2020. Subito dopo Ferragosto la Guardia costiera è intervenuta per due barconi con un totale di 800 persone a bordo provenienti dalla Cirenaica. Dalla Libia sono partiti 24.809 migranti, dalla Tunisia 12.536 e dalla Turchia ben 7.039. La vituperata Guardia costiera libica ha intercettato nei primi sette mesi dell’anno 12.170 migranti, il 34 per cento del flusso.
L’aspetto paradossale è che le prime tre nazionalità sbarcate in Italia sono i tunisini, gli egiziani e cittadini del Bangladesh, che non scappano da zone di guerra. Il boom è spiegato così da Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa: «I trafficanti sono sempre molto attenti alle vicende politiche italiane e sfruttano le debolezze o i vuoti di potere. Quindi adesso ci vanno a nozze. Hanno pure aumentato i prezzi dei “biglietti”, dato che il nostro paese accoglie, senza se e senza ma, chiunque sbarchi».
Le Ong del mare, secondo i dati del Viminale, hanno portato in Italia 7.270 migranti fino a Ferragosto, duemila in più rispetto allo scorso anno. E contano su 18 navi e 3 aerei di ricognizione con il Sea Bird 2 che decolla da Lampedusa. L’ammiraglia è la Geo Barents di Msf, che può accogliere fino a 800 migranti. L’ultima arrivata con capacità simili è l’Open arms Uno finanziata dall’italo argentino Enrique Piñeyro, che il 17 agosto ha imbarcato 100 migranti nella sua prima missione. «Si stanno dotando di unità di maggiori dimensioni» dice una fonte di Panorama «e operano nelle aree di soccorso libica e maltese. La base logistica è in Spagna in porti come Burriana. Grazie al collettivo Aurora grup de suport, favorito dalla politica locale, le Ong si addestrano, si riforniscono e svolgono lavori di manutenzione». Una vera e propria base che «presto avrà una zona del porto riservata alle navi Ong».
