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Bambine in vendita

Bambine in vendita

A Roma sono sempre più numerose le minorenni italiane e straniere costrette a prostituirsi dalle famiglie. Una mercificazione agghiacciante aggravata dalla povertà educativa. E, ora, dalla crisi sociale.


In un parcheggio all’Eur una ragazzina italiana di 10 anni si appartava per pochi euro con gli anziani clienti del vicino supermercato sotto gli occhi dei genitori. In un locale alle porte di Roma tre quattordicenni si vendevano fino a pochi mesi fa per una bottiglia di birra, di vino o uno spinello. Poco distante, un’altra tredicenne era obbligata a prostituirsi fra le mura domestiche: offriva fellatio, in cambio della spesa da consegnare rigorosamente a mamma e papà.

Oggi più che mai all’ombra di San Pietro, fra le interminabili periferie e i quartieri borghesi, il degrado e la disperazione ruotano intorno al corpo di bambine obbligate a vendersi per cifre che vanno dai 10 ai 30 euro. Giovanissime come Veronica Q., che oggi ha 25 anni e ha svelato la sua storia in due libri Vietato ai minori e Diario di una baby prostituta: «Quando ho iniziato era un gioco. Poi mi sono ritrovata a fare sesso con uomini dell’età di mio padre. Ho fatto di tutto, cose di cui perlopiù mi vergogno, ma ero in un circolo vizioso. Più mi pagavano, più volevo essere pagata» racconta. Adolescente disinibita, è stata l’antesignana delle baby squillo d’alto bordo della Capitale, al centro dell’inchiesta del 2013 che sconvolse l’Italia e ispirò il «teen drama» di Netflix Baby.

Se per Veronica Q. l’adescamento nei locali del centro, le notti trascorse in alberghi fra via Vittorio Veneto e Piazza Navona per migliaia di euro sono ora solo un bruttissimo ricordo, non si può dire lo stesso per altre centinaia di piccole prostitute che affollano Roma: da una parte sono rumene e nigeriane, vittime di tratta, dall’altra italiane gestite direttamente dalle famiglie. Nonostante le grandi inchieste degli anni passati sulle baby squillo e sul giro di prostituzione maschile alla stazione Termini, dove giovanissimi si vendevano nei bagni e fra i binari, oggi restano tanti, troppi casi.

Episodi che rischiano di moltiplicarsi ulteriormente alla luce della crisi che sta devastando periferie dove la vendita di minori non è nuova. «È una tendenza in aumento» spiegano alla Procura di Roma, dove è stato istituito un pool specifico con tre pm che si occupano esclusivamente dei reati di pedopornografia, con un’elevata specializzazione giuridica, tecnica e informatica. «Di pochi mesi fa» proseguono «è l’arresto di due genitori e di un cittadino italiano piuttosto anziano che intratteneva rapporti di prostituzione con una dodicenne. Una volta contattata, la minore già dal primo incontro con il magistrato ha chiesto piangendo di essere allontanata da casa perché voleva stare lontano dai suoi genitori». Veniva costretta a pratiche sessuali, anche estreme, nella sua cameretta. I genitori dal salotto vigilavano che i clienti saldassero in contanti, e senza fare storie.

Per quanto l’anno scorso la Procura di Roma abbia aperto 31 nuovi procedimenti penali, il fenomeno resta perlopiù sommerso. E questo chiaroscuro segreto fatto di violenze domestiche, ma soprattutto adescamento, corruzione di minori e sfruttamento, si rivela il cuore segreto di una capitale corrotta, dove i corpi vengono valutati in base all’età precoce e all’inesperienza. Più una bambina è piccola, più ha valore sul mercato. Le italiane sono le più ricercate da clienti che, utilizzando il deep web ma anche una rete di contatti segreti, vanno alla ricerca di baby lolite disposte a tutto. Sono minori che spesso non hanno punti di riferimento se non i genitori, che le inducono a venire sfruttate, e di rado hanno gli strumenti per cercare aiuto.

A volte, però, ci riescono: dal 2015 al 2018 sono 903 i minorenni, di cui 570 bambine, che si sono rivolti al centro di ascolto con modalità protetta riservata ai minori. Hanno svelato abusi atroci, spesso consumati sotto gli occhi di fratelli e di nonni. Come M., costretta a ricevere adulti quasi tutti i pomeriggi in un sottoscala del Tiburtino; fra un cliente e il successivo aveva il tempo soltanto di una doccia. O come L., 12 anni, che si faceva toccare a pagamento fuori dalla scuola. «Molte italiane minorenni si vendono anche in autonomia» riflette Rodolfo Mesaroli di CivicoZero, associazione che si occupa di assistenza alle prostitute. «Moltissime sono tossicodipendenti, o giovani con gravi problemi psichiatrici». Il caso di Denise, la 16enne stuprata e ammazzata nel quartiere della movida studentesca San Lorenzo, due anni fa rivelò come il degrado non coinvolgesse soltanto le straniere.

Ragazze perdute che, per racimolare i soldi di una dose, adescano potenziali clienti nei pochi luoghi lasciati liberi dalla malavita organizzata. Che, non a caso, detiene il grosso della prostituzione su strada, anche minorile. «Si deve immaginare Roma come una serie di slot» prosegue Mesaroli. «Un reticolo fatto di corpi e di nazionalità messo a definire tutto il tessuto urbano, dal centro storico fino alla periferia: un alternarsi di gruppi criminali rumeni e nigeriani che obbligano giovanissime connazionali a vendersi. Ragazze bellissime, portate in Italia con l’inganno, spesso imbellettate con fiocchi e fiocchetti per sembrare ancora più piccole. E che garantiscono prestazioni a basso costo a clienti molto eterogenei».

Dalle inchieste emergono professionisti, uomini sposati e molti anziani. E la geografia criminale del sesso tocca le vie storiche della capitale: la Salaria è occupata prevalentemente da rumene, esattamente come Santa Palomba e via Cristoforo Colombo. Esigui sono i tratti di strada riservati alle nigeriane, come accade nella zona Eur-Marconi, a Pomezia, verso Zagarolo. La Tiberina, che porta a Castelnuovo di Porto, nel suo primo tratto è rumeno, quindi nigeriano, e nuovamente rumeno.

Stesso discorso per via Palmiro Togliatti e per le strade extraurbane che portano a Ostia e Nettuno. La rivalità fra gruppi criminali è in ogni caso crudele. Per stare sul mercato, le ragazze non solo si fanno concorrenza sulle prestazioni offerte e sui relativi compensi economici, ma anche sulle modalità dei rapporti: almeno tre clienti su 10 chiedono sesso non protetto, e le conseguenze in alcuni casi si rivelano disastrose.

Tania, rumena di 17 anni, le ha sperimentate sulla sua pelle: «Sono stata reclutata durante le feste di Natale tre anni fa. Era tornato al mio paese Kevin, macchinone e un sacco di soldi. Mi propose di venire qui in Italia per un lavoro stagionale. Mi sono trovata prima a vendermi in una casa, poi per strada. Quando sono rimasta incinta, mi hanno infilata in una vasca riempita di ghiaccio per abortire». Una drammatica «scorciatoia», quella del ghiaccio, che negli ultimi anni è sempre più diffusa tra queste ragazze. In alternativa, sono obbligate a ingerire massicce dosi di Cytotec, farmaco indebitamente utilizzato per lo scopo, nonostante gli effetti collaterali si rivelino spesso letali. Alle più sfortunate viene invece riservato il trattamento più violento ed economico. Calci e pugni nel ventre. Oltre all’aborto, il rischio è quello di morire.

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