Palmoli. Quando un difensore alza bandiera bianca non è mai un fatto neutro. La rinuncia al mandato dell’avvocato Giovanni Angelucci, comunicata il 26 novembre 2025 e motivata con «troppe ingerenze esterne» e la perdita della fiducia necessaria tra cliente e legale, è l’ultimo, rumoroso capitolo di una vicenda che già somiglia a un romanzo giudiziario col sottofondo della piazza digitale.
La cronaca, in breve: i coniugi Nathan Trevallion (britannico) e Catherine Birmingham (australiana) si sono stabiliti in un casolare nei boschi di Palmoli dal 2021 insieme ai loro tre figli. Le condizioni dell’abitazione e le scelte pedagogico-abitative, dall’assenza di acqua corrente e riscaldamento fino a una toilette compost, hanno acceso un confronto con i servizi sociali che si è concluso, lo scorso 20 novembre, con l’allontanamento dei minori e il loro collocamento in una struttura protetta.
Perché l’avvocato se n’è andato?
Angelucci parla di «scelta estrema» e di un rapporto professionale ormai compromesso: nelle sue parole, nelle ultime settimane «la fiducia è stata incrinata da troppe pressanti ingerenze esterne», rendendo impossibile garantire una difesa serena e congrua. Altri cronisti aggiungono che la decisione è arrivata anche dopo più rifiuti, da parte soprattutto di Nathan, rispetto alle soluzioni abitative e ai progetti di ristrutturazione proposti per sanare la situazione.
Riportiamo alcune delle parole di Angelucci: «Ho visto Nathan di persona lunedì sera presso il mio studio dove era venuto per formalizzare l’incarico all’ingegnere di parte. Ieri (martedì) avrei dovuto incontrarlo nuovamente nel pomeriggio per eseguire insieme il sopralluogo di un’abitazione distante pochi chilometri dalla loro, messa a disposizione a titolo gratuito da un imprenditore nel campo della ristorazione di Ortona, originario di Palmoli. Tale soluzione si aggiungeva a quella proposta dal sindaco Masciulli». «Tuttavia, nessuna delle due ipotesi pare andasse bene ai coniugi, tanto che nessun incontro vi è stato». «A ciò si aggiunga», prosegue, «che sempre nella giornata di ieri (martedì) avrei dovuto raccogliere anche un’altra firma da Nathan per procedere con il deposito presso il genio civile del progetto di ristrutturazione straordinaria dell’immobile ma, per quanto riferitomi dagli interessati, simili lavori sarebbero stati per loro troppo invasivi e impattanti, sicché hanno ritenuto di non firmare né acconsentire al deposito del progetto già predisposto dal tecnico di fiducia»
Che cosa cambia, nel concreto?
Molto e niente allo stesso tempo.
Molto perché togliere il legale alla vigilia di fasi processuali delicate (ricorsi, stesura di piani di rientro, audizioni) è un boomerang non indifferente per la strategia difensiva: nuovo avvocato, tempo perso, ricostruzione del rapporto di fiducia e, non da trascurare, il rischio di impressionare negativamente un giudice già preoccupato per la tutela dei minori. Così almeno sarebbe nella la maggior parte dei casi, eppure risulta che la coppia abbia già incaricato altri due legali: Marco Femminella e Danila Solinas del foro di Chieti. Questo è un chiaro segnale di quanto fosse profonda e imminente la rottura con Angelucci. Lunedì prossimo scadranno i limiti per il ricorso contro il provvedimento del tribunale dell’Aquila. Rimane oscuro per ora l’iter che decideranno di seguire i nuovi difensori, sebbene alcune indiscrezioni suggeriscano che la documentazione necessaria a procedere potrebbe essere già pronta per questo venerdì.
Niente perché la vicenda continuerà a essere trattata come una questione sociale e politica, con o senza lo stesso difensore: gli occhi del Paese e dei media restano puntati sui genitori e sui servizi che hanno disposto l’allontanamento.
Qui emerge un profondo problema del sistema mediatico odierno: quando il “pubblico processo” diventa virale suscitando dibattiti, scontri e divisioni anche la difesa d’ufficio diviene una vittima collaterale. Non si ragione più per logica e fatti, ma per fazioni e “partiti presi”.
Ragioni etiche e pratiche
Il recesso del legale evidenzia due nodi significativi: uno etico e uno pratico.
Quello etico: la libertà dell’avvocato di rimettere il mandato è un presidio di indipendenza professionale, prevista e tutelata dal codice deontologico, quando il rapporto cliente-difensore si deteriora. Tuttavia, la rinuncia non è un atto sterile: sospende, rallenta, e spesso espone la parte più debole (qui, la coppia che reclama autonomia educativa) a conseguenze immediate sul piano processuale.
Quello pratico: la pressione «esterna» è un termine ombrello che può significare molte cose: intrusioni di gruppi di pressione, campagne social, interferenze di consulenti non qualificati, o semplicemente la ferrea convinzione del cliente di voler rifiutare compromessi tecnici.
Non è raro purtroppo che questi fattori si sovrappongano fino a rendere impraticabile qualunque mediazione tecnica.
La politica e il «circo» mediatico
Ingredienti esplosivi. La vicenda dei «bimbi nel bosco» ha da subito assunto valenze politiche, con interventi di esponenti e polemiche che, come dimostrano i titoli e i commenti, hanno polarizzato l’opinione pubblica. In questo clima, la linea di difesa rischia di trasformarsi in un megafono di narrative contrapposte: i genitori che invocano libertà educativa, chi denuncia condizioni igienico-sanitarie inadeguate, chi chiede remota interventistica statale. La rinuncia di Angelucci è, in questo senso, anche un piccolo “termometro”: quando il «chiasso» esterno si fa troppo alto, la possibilità di una consulenza razionale e professionale si assottiglia.
Cosa aspettarsi adesso?
Proceduralmente, la famiglia con i nuovi legali dovrà gestire un caso molto polarizzante; il tribunale dei minori proseguirà con le valutazioni sul reintegro o meno dei figli; i servizi sociali dovranno dimostrare, con perizie e progetti concreti di ristrutturazione e sostegno, che il reinserimento è possibile in sicurezza.
Politicamente e socialmente, la vicenda resterà un caso-specchio: mette in luce i limiti della nostra capacità collettiva di affrontare famiglie «fuori schema», bilanciando libertà educativa e tutela dell’infanzia.
Equilibrio tra emozioni e razionalità
La giustizia è fatta di procedure ma anche, e forse soprattutto, di rapporti umani. Quando la fiducia tra due parti contraenti si spezza, non è soltanto un atto formale: è la resa di una modalità di confronto che sottende l’intero processo di tutela.
In un Paese che pretende di decidere «da che parte stare» tappando le orecchie alle sfumature, la rinuncia di un professionista dovrebbe essere presa come un campanello d’allarme. Non per schierarsi subito, ma per ricordare che dietro i titoli e gli slogan ci sono tre bambini, due adulti e un sistema che non sempre sa come conciliare diritti, doveri e buon senso.
