Tutto su mio padre

C'era stato Muammar Gheddafi e il mio panico sotto quella tenda arlecchino nel Sahara. E poi le barbe blu dei talebani, i botti, le guerre e il dolore dei poveri. Ma niente è stato un Himalaya professionale come quest'intervista con Marco Tardelli e sua figlia Sara, autori insieme del libro intitolato Tutto o niente, vita di un mito del calcio raccontata dalle voci di padre e figlia. Leggere è stato come riaprire le vene della memoria e indugiare nella nostalgia. Qualche volta nella "sorpresa". Sara, l'ho incontrata che aveva sette anni, molto prima che nascesse suo fratello Nicola, cioé mio figlio. È lei il primo pezzo del puzzle d'amore che compone questa nostra "famiglia allagata" (dimentico la erre volutamente) da mogli di prima, seconda e terza generazione, truppe di figli, suocere, cani forsennati, gatti orbi e anche da fidanzati che, dopo duelli sanguinari, oggi sono pericolosamente intimi tra loro. Roba da far invidia a Pedro Almodóvar.

Infine impresa ardua perché con Marco Tardelli ho diviso, furiosamente, ben 13 anni della mia esistenza. Alla fine il risultato è stato più forte del pudore. Oltre a ossigenare i ricordi, ecco un approfondimento a tre su un tema oggi davvero caldo, dove i partecipanti sono stati autentici pionieri. Facile parlare di famiglie doppie e triple, oggi. Molto meno, credetemi, negli anni 80 e a seguire.

Marco e Sara, il titolo di questo libro non avrebbe dovuto essere L'urlo?

Marco Per troppo tempo sono stato ostaggio di quell'urlo. Sette secondi di estasi accompagnati dal boato di 90 mila persone e dopo una corsa infinita. Nei miei piedi tutta la liberazione e il riscatto di giorni molto elettrici. Quei 175 fotogrammi mi hanno regalato alla storia, ma poi hanno cancellato la mia vita intera: i sacrifici e le altre felicità. Volevo vivere il presente, ma tutto tornava a quella corsa. Così almeno questo libro, questo regalo che Sara mi ha fatto, doveva presentarsi diverso: Tutto o niente. Come sono io.

Sara Sì, com'è lui. Spinoso e chiuso come i rovi della sua Garfagnana. Scrivere un libro con un padre è un viaggio: scopri delusioni e gioie, ma poi anche te stessa. Tra noi è stato passionale e crudele, ma anche assai divertente. Ho saccheggiato i suoi segreti, gli amori e con perfidia anche i tradimenti. Infine ho trovato risposte tra noi per troppo tempo mute. Perfino quell'urlo si è impigliato nella mia vita. Avere un padre mito del calcio lascia dei vuoti. Papà è corso in ospedale che ero già nata e, lo sai bene, anche Nicola è arrivato una settimana prima, perché c'era la partita dell'Under 21. Ma alla fine tutti noi ci siamo arresi. Perché se è impossibile competere con un grande amore, si può comunque diventarne complici.

Marco, dicono che pochi di "voi" hanno raccontato davvero l'emozione dell'82. Tu sei riuscito a dire di più?

Marco Dino Zoff, Claudio Gentile, Antonio Cabrini e gli altri hanno scritto meraviglie. Purtroppo anche certi giornalisti hanno prodotto meravigliose invenzioni. Qualche chicca? Rossi si affaccia alla stanza di Cabrini ed eccoli innamorati pazzi. Matarrese dichiara ai giornali "io quegli azzurri li prenderei a calci nel culo" e Gianni Brera scrive "Tardelli ha le gomme sgonfie". La mia risposta è stata di rabbia. "Sento puzza di m..." sparo ad alta voce quando lo incontro nei giorni di ritiro. Brera tace. Lui un signore. Io un villano. Poi colpo di scena: l'uso del silenzio con la stampa. I giornalisti si aggirano affamati. Una volta Gentile e io, serpenti, facciamo l'occhietto a Ezio Luzzi di Radio Rai come per regalargli uno scoop. Quello corre paonazzo, ma Claudio parla solo muovendo la bocca. Luzzi, capito il gioco, si sbellica. Corrado Incerti dà i numeri.

Sara Perdonate lo stop, ma io, fra le pagine, preferisco il Tardelli del prima. Il ragazzino figlio di contadini che del pallone è un asso, ma pesa 55 chili e nessuno lo vuole. Il magone arriva quando racconta che al San Martino, la prima squadra, avevano solo due palloni. Allora lui arriva all'alba per calciare, dribblare, ore di sinistro perché il suo idolo è il mancino Gigi Riva. Finché diventa ambidestro. Soffre. Davanti allo specchio si vede nel tunnel del grande campo. Scandisce i nomi della squadra ideale: Facchetti, Rivera, Mazzola, Riva, la curva è in visibilio, ma poi arriva il nome Tardelli e i tifosi ammutoliscono.

Dalla Garfagnana al Bernabeu.

Marco Prima del Bernabeu Enzo Bearzot ci blinda tre giorni in albergo. "Dovete stare insieme" era il suo credo. In piscina volavano le favole della vittoria. "Bruno, se vinciamo il sindaco di Nettuno ti fa la strada col nome d'oro" dicevo all'adorabile Conti "tanto poi piangerai e te la farà anche se perdi". E per Gentile, detto Gheddafi perché nato in Libia: "Chissà le feste che fanno i tuoi amici negroni!". La stanza di Zoff e Gaetano Scirea era chiamata "La Svizzera" per il silenzio monastico che ci regnava. Piombavo lì a qualunque ora della notte. Gaetano, concepito senza peccato originale, e il grande Dino, mi pacificavano. Per il resto girovagavo come un vampiro. Anche la notte prima di Italia-Germania. "Vieni con me, coyote" mi ha detto Bearzot. Non ho mai amato nessun allenatore come lui. Siamo arrivati insieme all'alba. Finché la sua pipa si è addormentata. Il mio tormento no. Su quel pullman alle 5 del pomeriggio eravamo dentro un film muto. Ma i nostri cervelli ripetevano tutti la stessa preghiera: Gentile marca Littbarski, Collovati sta su Fischer, Bergomi imbriglia Rummenigge e Cabrini aspetta Kaltz. Oriali e Tardelli sono rete di protezione su Breitner e Dremmler. Conti è il passpartout sulla fascia destra. Intorno il tripudio dei tifosi.

La dedica dice: alle mie famiglie. Coraggioso dal principio Marco...

Marco Ammetto il filo d'ironia. Ma la mia è una dedica vera. Da ragazzino pensavo all'amore per sempre. Invece la vita ha avuto più fantasia di me e, come scrive Sara, la mia famiglia è diventata uno strano albero aperto in tanti rami diversi, ah se sono diversi! Ma tutti terribilmente resistenti alle intemperie. Qualche volta all'ombra di quella pianta ho rischiato il crollo nervoso. Poi, una volta lontano, arrivava il vuoto.

Sara Le famiglie? A proposito di rami, credo che per tutti e due il nodo, nella vita come nel libro, è stato mettere insieme tre mogli. Mia nonna Maria con l'ironia della toscana contadina, spiega fiera: "Io ho quattro figli e sei nuore, ma tutte a modino sa...". Naturalmente allude alle tre mogli di papà. Ricordo una vacanza dove ci siamo ritrovati mia madre, tu e Laura sul bordo di una piscina. Lui mi guardava disperato cercando aiuto. E io: "Hai voluto la bicicletta?". La verità è che a pedalare siete state soprattutto "voi", capaci di dividere assolutamente tutto. In Australia per esempio mia madre chiama papà. "Vorrei Tardelli: sono la moglie" dice per passare i filtri. Dopo mezz'ora ecco Stella: "Tardelli per favore, sono la moglie". E il centralinista carogna: "È arrivata tardi, signora". Ma quelli sono stati solo coriandoli, diciamolo.

Ecco diciamolo. Ma la storia di Moana era così necessaria alla qualità narrativa del libro?

Marco ammutolisce. Sara si diverte un mondo.

Sara Mio padre avrebbe voluto farsi strappare le unghie. Non gli ho dato pace. Abbiamo detto tutto? E tutto sia. L'8 sulla pagella che Moana ha dato a Tardelli è un voto che è volato sulle bocche di molti. Io l'ho saputo dalla televisione. Non ne avevamo mai parlato. "Bene, me lo farò raccontare da Stella" l'ho minacciato. Così mi ha raccontato affranto di quella notte che per raggiungere la stanza di Moana in un albergo del ritiro deve arrampicarsi sul tetto e poi farsi liberare dal santo Scirea. Mai riso tanto nella vita. Del resto quello di Moana era il tormentone preferito anche da Michel Platini.

Non so perché vengo in aiuto del tapino. È stato Platini o chi il più grande del tuo tempo?

Marco Platini era un direttore d'orchestra: gioco pulito, essenziale, cervello fiammeggiante. Diego Maradona invece era un meraviglioso torero. Ma quel suo tango sul prato verde, quelle magie irripetibili lo fanno per me la stella polare del cielo calcistico. Un aneddoto. Per la sua festa di addio al calcio, Platini invita un campione per ogni nazione: Johan Cruijff, Zico, Pelé, Maradona, il sottoscritto e altri. Una mattina siamo tutti sul pullman e sento o Rei Pelé che dice: se quello stronzo non sale, io me ne vado. Mi giro e vedo dietro di noi Diego con una limousine bianca. Qualcuno avverte il Pibe de oro. Lui pianta l'auto, sale, raggiunge Pelé e gli dà un buffetto: "Quando la smetterai con quel caratteraccio?".

E il campione di oggi?

Marco Non un dubbio: Gigi Buffon.

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