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Ansa
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Milano Cortina 2026: nuovo rinvio per la pista da bob, l'Italia prende l'oro delle brutte figure

Tutto rinviato al prossimo mese di gennaio. Anno 2024. Magari qualche giorno prima, ma poco conta. Il balletto intorno alla pista che deve ospitare le gare di bob e skeleton nelle Olimpiadi invernali del 2026 assegnate a Milano e Cortina non è ancora finito. Cortina? Cesana? Estero? Tutto in alto mare in un intreccio di sport, politica, regole e ritardi che sta facendo fare al sistema Italia una figura imbarazzante perché i Giochi sono stati assegnati dal CIO addirittura il 24 giugno 2019 e ora dovrebbero bastare una manciata di mesi per risolvere un problema rimasto lì per oltre quattro anni.

L'ultimo rinvio, ventiquattro ore dopo l'ennesimo cambio di prospettiva con il ritorno sulla scena dell'ipotesi Cortina, la temporanea sparizione di Cesana e il diktat del Comitato Olimpico Internazionale, sempre più spazientito, sul fatto che le gare devono andare fuori dall'Italia perché da noi non esiste un impianto già funzionante, è stato vergato con perfetta equidistanza: "I temi all’ordine del giorno prevedevano un particolare riferimento alla relazione di SIMICO sullo sliding centre di Cesana Torinese e alla nuova proposta di mantenere viva la progettualità su Cortina d’Ampezzo con la realizzazione di un impianto ridotto e dall’impatto economico contenuto. In entrambi i casi la Fondazione Milano Cortina 2026 resta in attesa di ricevere i progetti per avviare successivamente una fase di verifica con il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) e le Federazioni Internazionali, e di valutazione dei servizi accessori indispensabili alla realizzazione di una venue olimpica".

Tradotto? Si prende tempo. Ancora. Poi a gennaio non ci sarà più spazio per alcuna mediazione e il CIO farà sintesi. Comitato che ha già chiarito la sua posizione, tanto che le candidature per ospitare le 12 gare oggetto del dibattito si sono moltiplicate soprattutto dal giorno in cui il presidente del CONI, Giovanni Malagò, ha annunciato urbi et orbi che il governo italiano non avrebbe messo un euro in più sul progetto Cortina, quello da rifare quasi da zero. Progetto per il quale gare d'appalto sono andate deserte con ipotesi di costi moltiplicati, anche a causa del contesto economico internazionale (ma non in maniera del tutto imprevedibile).

Da lì in poi è stato un rincorrersi affannoso di visite, idee, progetti (teorici), promesse, liti e discussioni con al centro la politica, che sia sportiva, locale o nazionale. Nulla di impronosticabile quando nell'ormai lontano 2019 l'Italia ebbe l'assegnazione dei Giochi. Allora la promessa fu che questa volta sarebbe stato diverso, che non ci saremmo ridotti a correre nell'ultimo miglio e che avremmo dato al mondo l'immagine di un sistema serio. Qualcosa di diverso da Italia '90, da Expo 2015 e da tutto il resto.

Un mese fa Malagò si è lasciato scappare la frase "è un calvario, ma non sono pentito". E ha aggiunto: "Questo è un Paese dove, salvo in occasione dei grandi eventi sportivi, non si è mai costruito un impianto pubblico. Ma secondo me sarà la miglior Olimpiade di sempre. Un grande successo". Sulla prima parte del ragionamento non ci sono dubbi. Per la seconda serve ancora una volta un atto di fede.

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