Michele Guardì: "Ecco come rispondo a chi mi accusa di fare una tivù popolare"

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Adriana Volpe e Giancarlo Magalli conducono "I fatti vostri" in coppia dal 2009
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Da sinistra Demo Morselli, Adriana Volpe, Marcello Cirillo e Giancarlo Magalli
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L'oroscopo di Paolo Fox è uno dei momenti più seguito d
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Adriana Volpe e Giancarlo Magalli
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Demo Morselli, Adriana Volpe e Giancarlo
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Il regista Michele Guardì con gli autori de "I fatti vostri"
Il conduttore di Unomattina in Famiglia, Tiberio Timperi
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Alessia Ventura e Amadeus: a settembre verranno sostituiti da Manila Nazzaro e Massimiliano Ossini alla conduzione di "mezzogiorni in famiglia"
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Una scena del musical I Promessi Sposi - L'opera moderna, per la regia di Michele Guardì

Cadono i governi, passano i direttori generali ma Michele Guardì resiste granitico. Ascolti alla mano, il regista de I Fatti Vostri da ventisei anni riesce nell'impresa che sfugge a molti soloni della tivù: intercettare il pubblico e portare ascolti in una fascia difficile e affollata. Così anche la neo direttrice di Rai 2 Ilaria Dallatana - mandato di discontinuità, si diceva all'indomani della sua nomina – ha guardato dritta ai freddi numeri: Guardì non si tocca, e con lui tutta la Piazza più pop della tivù (lo strapaese, direbbero i più radical chic). Cresciuto a pane e teatro, ha lavorato con tutti i più grandi, da Falqui e Baudo in giù, attraversando generi televisivi – pure un talent – e tempeste politiche, senza mai farsi scalfire dalle critiche. Forse per questo la fama di potente lo precede, accompagnata da qualche gustoso aneddoto sul suo carattere di ferro (citofonare Giletti). Panorama.it l’ha intercettato negli ultimi giorni romani prima della fuga nell’amata Sicilia, dove si concentrerà sull’ultima stesura di un romanzo ambientato negli anni ’60, in uscita a dicembre. “Se non faccio qualcosa mi annoio. Per ripigliarmi di un mese di vacanza, devo lavorare undici mesi”, dice ironico, accettando di farsi intervistare.

Guardì, mi tolga subito una curiosità: sbaglio o è allergico alle interviste?

C’è chi racconta una cosa che vorrebbe fare e che chi fa una cosa che non vuole raccontare. I lanci o creano attese eccessive o si rischia di dare indicazioni sbagliate. Per i Promessi Sposi, il musical che ho portato in teatro, sognavo un finale grandioso con la pioggia e il cast che recitava il Padre Nostro: se lo avessi annunciato, mi avrebbero preso per un matto, invece è stato un successo clamoroso.

Che fa, sfoga nel teatro l'impossibilità di riproporre il grande varietà televisivo? 

Il varietà che facevo è complesso e oggi non ci sono i tempi per farlo. Ma non vivo di tristezze e di rimpianti e non penso che il varietà sia morto: è semplicemente in evoluzione. Quando ci saranno le condizioni giuste, si riproporrà in un altro modo.

Provo una traduzione brutale: mancano gli artisti per fare il varietà.

No, manca la palestra. Non c’è più il varietà teatrale di una volta e non c’è più il cabaret che era rimasta l’ultima palestra per autori e attori. Oggi c’è il one man show, su cui non si può impiantare un varietà di tipo tradizione. Ma in giro ci sono parecchi one man show.

Il più bravo?
Fiorello.

I protagonisti lanciati dai talent non bastano?

I talent sono un modo per illudere qualcuno. Non vanno enfatizzati come la cosa che ti cambia la vita perché creano illusioni.

Però lei tentò la strada del talent, realizzando una stagione di Nientepopodimenoche, in seconda serata su Rai 1 nel 2001.

Era un esperimento per lanciare nuovi conduttori. Lì scoprimmo Andrea Agresti, ora nel cast delle Iene, e Michele La Ginestra, un attore bravissimo. "Adesso entra il presidente della Rai e lo intervisterai", dicevo ad una ragazza mentre le facevo il provino e il presidente entrò davvero. Era molto problematica la raccolta dei personaggi, per quello non si fece più.

Si dice spesso: la tivù italiana compra troppi format stranieri.

Guardi, la Rai nasce su due pilastri: Lascia o raddoppia, che era un format americano e il Musichiere un programma che Garinei e Giovannini riadattarono. Non è scandaloso andare a cercare all’estero un format: io l’ho fatto con Scommettiamo che?, comprandolo in Germania, ma ne ho fatto un programma talmente mio che poi l'abbiamo rivenduto in Spagna. La ricerca delle idee non è mai un delitto: bisogna attualizzarle, come ho cercato di fare sempre con i Fatti Vostri.

A proposito. Dopo 26 anni non si è ancora stufato dei Fatti Vostri?

I Fatti Vostri è come stare in piazza tutte le mattine a prendere il caffè. Se parli di quello che succede ogni giorno e racconti l’evoluzione, non ci si annoia mai. Il giorno in cui mi annoierò io per primo, mollerò tutto.

E se un giorno le proponessero di entrare nel cda della Rai, accetterebbe?
Non è un mestiere che so fare. Io amo stare in uno studio tivù, sul palcoscenico o a scrivere con carta e penna stilografica.

Le critiche nei suoi confronti spesso sono al vetriolo.

Mi divertono. Qualcuno ha detto che il critico è il commensale che nessuno ha invitato e che a ogni portata fa lo schizzinoso. Nel ’79 feci un programma, Due come noi, con Pino Caruso e Ornella Vanoni: confrontavamo il sud e il nord, lavorammo sei mesi per fare quattro puntate che, mi creda, erano avanti di 30 anni. Il critico di un importante quotidiano scrisse cose tremende: quindici anni dopo il programma fu replicato e lo stesso critico, sullo stesso giornale, scrisse un pezzo entusiastico dicendo “guarda la Rai come sapeva fare bene i varietà”. Io presi carta e penna e gli mandai una lettera ironica in cui gli dicevo che un suo omonimo anni prima aveva detto esattamente l’opposto e gli chiedevo quale dei due fosse quello intelligente. Non ricevetti risposta.

Era Beniamino Placido?

No, con lui ebbi un ottimo rapporto nonostante con me non fosse mai tenero. Abitava vicino a casa mia e una volta, dopo l'ennesimo articolo durissimo, andai a trovarlo. "Vogliamo parlare della sindrome di Stendhal, di Kant, de Il sorriso dell’ignoto marinaio?", gli chiesi. Io non devo spaventare il pubblico o fare sfoggio di cultura sennò quelli pensano: “Guarda quante cose si è studiato questo pernacchione, ora vuole fare il maestro”.

Ma la sua tivù non è troppo popolare?

Guardi che per me non è un’accusa, al massimo è un riconoscimento.

Anche il prossimo anno farà tre programmi. Il grande cambiamento riguarda Mezzogiorno in Famiglia, con l'arrivo di Massimiliano Ossini e Manila Nazzaro.

Non ho cacciato nessuno, ho fatto un cambio prevedibile: era un cast provvisorio sin dall’inizio di stagione, sapevo che Amadeus avrebbe lasciato.

Perché ha puntato sulla coppia Ossini-Nazzaro?

Mi piace fare esperimenti. Ossini ha una faccia pulita, parla garbatamente, quando sta in camicia non suda, ha un sorriso rassicurante e parla italiano mettendo assieme verbo, predicato e complemento, cosa per nulla scontata se si guarda attorno.

Per l’ex Miss Italia Nazzaro è una promozione sul campo che ha fatto rumore sui social.

Glie l’avevo già promesso due anni fa. La parte difficile di quel programma non è lo studio ma è la gestione dei collegamenti della piazza: lei e Elena Ballerini sono state bravissime. Ci sarà un’occasione anche per la Ballerini, perché se lo merita.

Però Alessia Ventura si è comporta molto bene ed è cresciuta in questi due anni.

L’avevo presa solo per un anno ed è rimasta due. Spero che si creino le condizioni per poter lavorare ancora con lei: troverò un modo, perché ha tutte le caratteriste che mi piacciono in un conduttore, è garbata e non sgomita. Stesse qualità di Amadeus: io sinceramente lavorerei tutta la vita con lui.

Una domanda ora glie la devo fare…

E la risposta glie la do subito anticipando la sua domanda: è una lite formale.

Mi riferivo alla lite social tra Giancarlo Magalli e Adriana Volpe.
Appunto. Magalli per una battuta farebbe di tutto. Si è messo pure contro Morandi per un selfie mancato. Rispetto alla Volpe in trasmissione non ci sono mai ragioni di scontro oggettivo, ma sulle cose private sono il giorno e la notte. Se lei dice bianco, lui dice nero e viceversa. Si scontrano sul piano dialettico, qualche volta in maniera insensata. Poi volendo le potrei mandare la foto del pranzo finale di produzione, che abbiamo fatto qualche settimana fa: erano seduti accanto che brindavano.

Magalli è stato feroce nel dire che sostanzialmente la Volpe lavora solo per la stima di una persona, riferendosi a lei, Guardì.

E la risposta glie l’hanno data dalla rete: anche tu da vent’anni lavori quasi esclusivamente con Guardì, perché ti meravigli?

Lei da che parte si schiera?
Un fratello maggiore non si schiera contro nessuno. Ma con qualcuno ovviamente si può arrabbiare un po’ di più.

È molto informato su ciò che si scrive sui social, vedo.

C’è chi li segue per me, ma li prendo con moderazione perché se qualsiasi critico della domenica si mette lì anche il sabato, il lunedì e il martedì a spiegarci le ragioni della vita non si campa più. Se un cretino, solo perché non ha ricevuto l’autografo da Magalli dice che lui è maleducato, non mi sta bene.

Togliamoci ogni dubbio: lei è un uomo potente?

Sono potente nel senso che quando ho in testa una cosa, non mi fermo finché non la realizzo. Se per potente s’intende uno che ha rapporti politici che lo mettono in condizione di fare quello che vuole, è sbagliato. Ho visto passare 16 direttori generali: o sono di una forza tale che ho dietro un potentissimo per ogni stagione, oppure la mia potenza è essere ostinato e non arrendermi.

Qualcuno c’avrà provato a farla sbandare. Fuori i nomi.

Ho avuto uno scontro violentissimo con Antonio Marano. “Guardì, non amo i suoi programmi, farò di tutto per chiuderli”, mi disse poco dopo essere stato nominato a Rai 2. Io risposi: “Direttore, io spero che se ne vada prima lei”. Ma negli anni abbiamo cominciato a stimarci, io ho continuato a lavorare per lui, lui ha continuato a chiamarmi e oggi siamo in ottimi rapporti, mi permetterei di dire persino amici.

Il suo caratteraccio è proverbiale. Leggenda di Viale Mazzini o verità?

Io non faccio mai scontri e aggressioni violente: se mi pestano i piedi, tiro un calcio. Sono molto determinato. Ma quando mi hanno chiesto di occupare spazi di altri ho detto no.

La Barriales disse che lei è un dittatore.

È stata equivocata. Non voleva dire quello.

Giletti l’ha fatto svenire.

Lo vessavo e ha sbandato. Però se oggi gli domanda dove ha imparato a stare davanti alle telecamere, le dirà che è grazie a Guardì: sono cose che io a mia volta ho imparato guardando Mario Riva. Non siamo mai stati in cattivi rapporti, anzi, continuiamo a sentirci con affetto.

Tra i suoi conduttori c’è stata Barbara D’Urso.

Con lei ho fatto anni di lavoro molto belli. Ci siamo frequentati con le rispettive famiglie, anche in vacanza, e ancora oggi siamo amici. Mi piace il suo stile, aggiusterei solo i filtri e le luci.

Mediaset l’ha mai corteggiata?

Una bella donna che racconta dei mazzi di fiori ricevuti da un uomo che la corteggia, è una persona che non ha classe.

Di questi nuovi dirigenti Rai che ne pensa?

Il primo incontro con Ilaria Dallatana è stato interessante perché conosce bene la materia. Non ho paura del nuovo, mi preoccupo delle incrostazioni o quando si va avanti per stanchezza.

Dall’Orto che impressione le ha fatto?

Lo vedo molto attivo, ma non lo conosco. Sto a vedere, fino ad ora mi pare che si stia muovendo bene.

Sanremo da regista o direttore artistico è un suo sogno professionale?

Non lo è mai stato, anche se una volta mi hanno proposto di farlo. Avevo un’idea che allora era sicuramente giusta e quando andai dal direttore di rete per illustrare la mia proposta mi disse: “Guardì, ho già individuato due vallette formidabili”. A quel punto apro la borsa e fingo di aver dimenticato il progetto: me ne sono andato e non sono più tornato, non m’interessava che altri mettessero mano alla mia idea.

La conduzione a chi l'avrebbe affidata?

Avrei proposto Fabrizio Frizzi.

Le piacerebbe tornare a dirigere una prima serata?

Non è il sogno della mia vita, ho già dato. Ma mi piacerebbe tornare a lavorare con Frizzi in una nuova edizione di Scommettiamo che. Oppure riformare la coppia Magalli e Pippo Baudo.

A proposito di Baudo: ma la Rai non si è comportata un po’ male con lui negli ultimi anni?

Quando si dice la Rai si dice qualcosa di astratto. Bisogna pensare agli  uomini: c’è chi ha attenzioni per un personaggio e chi per un altro. Le potrà sembrare incredibile ma Pippo è uno che non sgomita, piuttosto aspetta e dice "vediamo se mi chiamano". Magari non lo chiamano perché non riescono ad immaginarsi cosa fargli fare. In generale la Rai non è ostile a Baudo, mi creda.

La questione anagrafica conta?

Picasso non è che ha dipinto fino a 27 anni. A ottant’anni dipingeva capolavori e faceva figli. Nella vita uno è o non è: Pippo Baudo è.

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