L'album del giorno: John Coltrane, A Love supreme

«Penso che la cosa principale che un musicista debba fare sia dare all'ascoltatore un quadro delle tante cose meravigliose che conosce e sente nell'universo. Questo è ciò che la musica è per me: una delle maniere di dire che l'universo in cui viviamo, che ci è stato dato, è grande e bello».

Queste splendide parole di John Coltrane rilasciate alla rivista Down Beatsuonano come il manifesto programmatico di uno dei più grandi sassofonisti di sempre, scomparso il 17 luglio 1967, a causa di un fulminante cancro al pancreas. Insieme a Charlie Parker, Miles Davis e Thelonius Monk (gli ultimi due sono stati nella seconda metà degli anni Cinquanta i suoi maestri), Coltrane ha cambiato radicalmente non solo il volto del jazz moderno, ma anche del rock, che si è ampiamente ispirato, negli anni Ottanta, alle sue concezioni modali, al suo singolare misticismo e alla sua predilezione per le musiche orientali.

La sua musica, permeata di spiritualità e religiosità, era liberissima, irruenta, versatile, passionale ma, al tempo stesso, assorta, meditativa e ricca di lirismo. I suoi lunghi e imprevedibili assoli esaltavano la sua caratteristica tecnica chiamata dal critico Ira Gitler "sheets of sound", fogli di suono, una sorta di flusso di coscienza in cui il suo sassofono sviscerava fino alle estreme possibilità un tema basando la sua improvvisazione, anziché su sequenze armoniche, sui modi, cioè su diversi tipi di scale, spesso ispirandosi ai raga indiani che si sviluppavano su un numero ridotto di accordi, a volte anche su uno solo.

Coltrane rilanciò e inventò un nuovo modo di suonare il sax soprano, fino ad allora poco frequentato se si escludono i big Sidney Bechet, Steve Lacy e Barney Wilen, dandogli una nuova voce, la voce della sua anima, in un'ostinata ricerca dell'ignoto. Uno dei suoi tratti più caratteristici è l'alternanza tra il registro alto, quasi un grido disperato, e quello basso, emotivo e sensuale, con pochissimo vibrato. Probabilmente il suo apice artistico è rappresentato da A Love Supreme, inserito alla posizione numero 47 nella lista dei 500 dischi migliori di sempre della rivista Rolling Stone, uno degli album jazz più amati e venduti di sempre, inciso per la Verve il 9 e il 10 dicembre 1964. «Durante l'anno 1957 sperimentai, per grazia di Dio, un risveglio spirituale che doveva condurmi ad una vita più ricca, più piena, più produttiva. A quel tempo, per gratitudine, chiesi umilmente che mi venissero concessi i mezzi ed il privilegio di rendere felici gli altri attraverso la musica. Sento che ciò mi è stato accordato per Sua grazia. Ogni lode a Dio».


A Love Supreme, Pt. I – Acknowledgementwww.youtube.com


Queste bellissime parole di John Coltrane scritte nelle note di copertina di A Love Supreme, uno dei primissimi concept album diviso in quattro parti, rivelavano la natura spirituale e religiosa del progetto, il vertice dell'arte di Trane coadiuvato da musicisti straordinari come Elvin Jones alla batteria, Jimmy Garrison al contrabbasso e McCoy Tyner al pianoforte. L'album nasce dal desiderio profondo di rinascita e di spiritualità di un uomo che, fino a pochi anni prima, era perduto fisicamente e moralmente, schiavo dell'alcool e dell'eroina. Un inno di gratitudine a Dio, di straordinario impatto emotivo grazie ai suoi folgoranti fraseggi, realizzato attraverso una grande libertà improvvisativa rispetto alle tradizionali strutture armoniche, Il primo movimento di Acknowledgement (Ammissione di colpa) è immediatamente caratterizzato dal celebre riff di quattro note fa-la bemolle-fa-si bemolle di A Love Supreme, che Trane reinventa in ogni combinazione sonora, supportato magnificamente dal drumming poliritmico di Jones, che sembra quasi suggerirgli ogni volta l'assolo perfetto.

I sette minuti di Resolution (Risoluzione) sono quelli che meglio fanno comprendere la svolta sonora di Coltrane che, con l'alternanza di acuto e grave, dona una grande profondità emotiva al suono del sax, grazie anche al costante dialogo armonico con il piano di McCoy Tyner. Pursuance (Adempimento), ricco di asperità e di ritmo, è caratterizzato da un lungo solo di contrabbasso di Jimmy Garrison. Nel finale di Psalm (Salmo) il sax vola alto, con un suono quasi astratto, sovrumano, eppure ricco di passione, in una riconciliazione totale del musicista con l'Universo. Se pensate che il jazz sia una musica noiosa e "per vecchi", vi suggeriamo caldamente di ascoltare con un buon impianto stereo e con la massima attenzione, possibilmente in tarda serata, questo capolavoro di 33 minuti che non smette mai di regalare brividi ed emozioni, ricordandoci ogni volta come l'amore supremo sia spesso il frutto di una profonda sofferenza interiore.

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