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Il Pd e quel congresso a cui non pensa nessuno

Tra polemiche, protagonismi, fughe in avanti, ci sarebbe un congresso da preparare.

Ma sembra che al Pd non se ne preoccupino molto. Se da un lato c'è il Presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti a correre in solitaria, dall'altro c'è chi sembra più interessato a organizzare cene e caminetti per inaugurare la stagione del risanamento di un partito oramai alla frutta (almeno nei sondaggi).

Un partito senza guida

Perché l'errore più grossolano che si possa fare in questo momento è pensare che il Pd sia fermo. Tutta'altro. Si muovono tutti, ma come schegge impazzite. C'è chi corre al congresso e chi si muove in maniera del tutto autonoma, fuori dalle regole dello statuto come la cena a casa Calenda e chi persino chiede di cambiare il nome al partito. Al Pd in un modo o nell'altro comandano tutti.

E' questo moto anarchico che va avanti da mesi che restituisce la percezione di un partito fermo alla sera del 4 marzo. Un partito che in tutte queste iniziative ancora non è stato in grado di analizzare la sconfitta e riorganizzare la partenza in maniera organica e strutturata.

Ma anzi in questi sei mesi il Pd ha inanellato una serie di figuracce e occasioni perse, diatribe interne tali da costringere il segretario Maurizio Martina più volte i suoi alla calma e al lavoro unitario per ricostruire la comunità politica che li aveva abbandonati proprio a causa della propria litigiosità.

Renzi rimane l'ostacolo all'unità

Ma certo i vari protagonisti del PD non aiutano, Matteo Renzi in testa. Pur annunciando un passo di lato, il segretario dimissionario trova sempre la maniera di marcare il territorio, con presenze tv, discorsi e persino improvvisandosi conduttore di un documentario su Firenze. Il mantra "chi perde rispetta chi vince" vale solo quando vince lui, negli altri casi si continua a fare come se il segretario non esistesse.

Per questo il prossimo congresso rischia di diventare l’ultimo round tra renziani e anti-renziani. Intanto, l'ex portavoce FilippoSensi è intento a formare la squadra per la segreteria di quella che viene data certamente per la candidata renziana alle prossime primarie, Teresa Bellanova.

L'ex sindacalista e viceministro dello Sviluppo Economico è stata più volte lodata dal premier Renzi per il lavoro svolto al ministero nelle lunghe trattative sindacali, oggi renzianissima, dopo essere stata una bersaniana di ferro.

Tra Calenda e Bellanova non corre buon sangue fin dai tempi della coabitazione al Ministero di Via Veneto e non è detto che al centro della rinuncia alla cena non ci sia una divergenza di vedute anche sul candidato alle prossime primarie.

Il congresso che rischia di diventare quello finale

Intanto entro dicembre - assicurano fonti dem - dovrebbero svolgersi le primarie a livello regionale, mentre per le nazionali bisognerà attendere gennaio. 

Ma se Renzi dovesse perdere il congresso sono molti a scommettere che sarà pronto per passare a un nuovo soggetto politico, distruggendo definitivamente il Pd. Perchè in realtà questo congresso per molti è solo un passaggio necessario, una formalità da espletare, ma tutti stanno già pensando al dopo, ovvero a come riorganizzarsi dopo la quasi certa sconfitta delle europee contro le forze populiste.

Quindi anche questo congresso rischia di diventare l’ennesima conta interna destinata all’autodistruzione di un partito, nato per essere maggioritario e finito come il peggiore dei condomini.


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