Sara Dellabella
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Il Movimento 5 Stelle in crisi di identità e di idee

Il problema principale del Movimento 5 Stelle è che ogni mattina, da un mese, svegliandosi vede nello specchio riflessa l'immagine di Matteo Matteo Salvini. Lo stupore e la paura per gli ideatori della politca dei "puri" inizia proprio da qui.

Questa convivenza governativa oltre a oscurare il movimento, sta costringendo sempre più i grillini nell'angolo.

Salvini premier 

Salvini si atteggia da premier e ogni giorno non c'è ministro pentastellato che debba controbbattere alle esternazioni del Ministro dell'Interno su temi che con la sua delega non c'entrano nulla. Venerdì è toccato al ministro della sanità, Giulia Grillo, rivendicare la sua competenza sul tema delle vaccinazioni obbligatorie, giovedì al Danilo Toninelli indicare l'iter per denunciare la nave della ong olandese carica di migranti che Salvini avrebbe volentieri spedito a Malta.

Di Maio sempre più solo

I temi cari ai grillini sono scomparsi dal dibattito, Luigi Di Maio è sempre più isolato nella sua posizione di comando accerchiato dal solito gruppo di fedelissimi, alcuni dei quali piazzati al governo e intanto nel Movimento c'è chi inizia a storcere il naso.

Sopratutto coloro che al Movimento sono arrivati dopo aver ceduto alle lusinghe del leader e oggi si trovano parcheggiati in parlamento senza contare nulla nei processi decisionali. Sono proprio gli outsider i più scettici verso questa gestione autoritaria del giovane Di Maio. I primi a chiedersi “che ci siamo venuti a fare?” sono proprio quei nomi che hanno riempito la lista illudendo gli elettori che il movimento avrebbe fatto tesoro di queste competenze.

Poi c'è la fronda più vicina a Roberto Fico che continua a rappresentare un grillismo di sinistra vicino a quelle categorie che Salvini ogni giorno mette in stato di accusa. Sono proprio loro che in questo momento digeriscono peggio questa coabitazione con la Lega e vorrebbero poter avere un po' di spazio in più, recuperando almeno l'illusione di quel motto della prima ora “uno vale uno”.

Oggi Di Maio è capo politico, vice premier, ministro del super ministero Lavoro e Sviluppo Economico, una bulimia che comincia a dare fastidio e a creare dissapori all'interno dei gruppi parlamentari. L'altra sera alla riunione con gli eletti alcuni sono tornati a chiedere l'istituzione di un comitato dei 40 e la revisione dello statuto per redistribuire un po' del potere che oggi è tutto in mano a Di Maio che appare sempre più come un leader in difficoltà, incapace di tenere il passo al socio di minoranza Salvini.

Salvini come packman

Salvini che come in packman fagocita tutto: dai temi ai consensi, alle trasmissioni tv dove Di Maio appare sempre meno.

È evidente il gioco del segretario della Lega che anche nei passi di ministro non dismette dal bavero la spilletta di Alberto da Giussano: usare questi mesi di governo per scalare i sondaggi e tornare alle urne il prima possibile per incassare il trionfo elettorale che lo veda a capo della coalizione di centrodestra, stavolta al 40 per cento e finalmente premier. Tant'è che nessuno più parla di riforma elettorale che prima sembrava essere una delle urgenze di questo Paese.

Al Movimento non resta che il contrattacco per non sparire. Ma intanto bisogna fare i conti con la prima crisi interna, quella d'identità.

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