Fincantieri porta l'Italia nel mercato delle batterie

Non solo navi e impianti: nuova avventura per Fincantieri, gigante del settore della cantieristica controllato dallo Stato, che ora entra nel mercato della produzione di batterie con la divisione Fincantieri SI e grazie a un accordo con la Faist Electronics, multinazionale con sede a Londra ma anche con uno stabilimento a Montone (PG), specializzata nella produzione di accumulatori.

Le due realtà hanno costituito una joint venture chiamata Power4Future (P4F) con sede a Calderara di Reno (BO) per la produzione di batterie al litio destinate a vari settori industriali tra i quali l'automotive e precisamente partendo dai sistemi per i veicoli commerciali, i mezzi di movimentazione (muletti e affini), dove già opera la Faist, ed estenderà la produzione anche nel settore navale e in quello della conservazione dell'energia. Allo scopo sarà realizzato uno stabilimento nel quale le batterie saranno progettate, assemblate e commercializzate insieme con i sottosistemi necessari per la loro gestione, il controllo e la ricarica, nonché il condizionamento di tensioni e correnti, ovvero tutto ciò che si trova prima di un motore elettrico e della trasmissione del movimento.

Secondo i programmi del piano industriale, presso la P4F entro il 2026 saranno prodotti due gigawattora di potenza elettrica, aumentando significativamente la produzione italiana di batterie che entro qualche anno dovrebbe vedere anche l'arrivo delle produzioni di Italvolt a Scarmagno (Torino) per 45 Gwh (che potranno però salire a 70), e di Seri in Campania per altri 35 Gwh. Intanto in questa corsa alla produzione si attendono notizie ufficiali sui programmi di Psa (Stellantis) che aveva annunciato la nascita di uno stabilimento tramite l'accordo tra Total e Automotive Cells Company. Quanto i progetti delle batterie che saranno costruite in Italia riusciranno a competere con le produzioni europee e asiatiche ancora non si può sapere, ma certo il fatto che parte degli investimenti arriveranno dai fondi del Pnrr fa desumere che per capire se il business delle batterie "made in Italy" si sosterrà generando profitti servirà almeno un quinquennio.

Intanto Power4Future è già presente al salone nautico di Venezia che si svolge in questi giorni e dove propone sia pacchi batterie per motori nautici elettrici, sia stazioni per la conservazione dell'energia fino ai sistemi di ricarica per l'automotive.

A onor del vero l'Italia possiede una trentina di realtà medio-piccole per la produzione di pacchi batterie, ma la maggior parte di queste aziende assembla celle prodotte da fornitori esterni.

Al momento, secondo l'associazione dei produttori Eurobat, le batterie agli ioni di litio, al nickel e quelle al piombo saranno le tecnologie più richieste fino alla fine del decennio pur essendo destinate a due mercati completamente differenti. Le prime e le seconde sono infatti più leggere e adatte per servizi discontinui e a scarica rapida come la mobilità, quelle al piombo, più pesanti, sono indicate per garantire la continuità dei servizi come ascensori, gruppi di alimentazione d'emergenza eccetera.

Tuttavia è opinione dell'associazione che affinché l'Europa possa competere nella produzione saranno necessari continui investimenti in tecnologia e sperimentazione per almeno un decennio, in modo da poter sviluppare un mercato che nel 2019 valeva 15 miliardi di euro e che ne varrà 35 nel 2030. Rene Schroeder, direttore esecutivo di Eurobat, meno di un mese fa ha dichiarato: "È incoraggiante vedere che da un lato l'industria delle batterie al piombo dell'Unione europea manterrà la sua posizione di forza, mentre la produzione di sistemi al litio aumenterà drasticamente, rendendoci autosufficienti dall'Asia entro il 2024.

I NUMERI DEL MERCATO DELLE BATTERIE

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Il nuovo Regolamento comunitario sulle batterie, ovvero la legislazione più importante per i prossimi 15 anni, è attualmente sul tavolo della Commissione che ha l'ambizione di trasformare l'Europa in un produttore primario di batterie verdi e sostenibili". Ma da un comunicato stampa della stessa associazione si apprende che i tecnici di Eurobat hanno anche sollevato una serie di preoccupazioni relative alla qualità effettiva dei materiali riciclati, alla gestione delle sostanze pericolose e alla mancanza di certezze da parte delle aziende riguardo gli oneri amministrativi, tutti fattori che potrebbero potenzialmente avere un impatto negativo sulla crescita prevista e sull'autonomia europea che si vorrebbe raggiungere.

Il nodo da sciogliere sarà quello relativo ai metodi accettabili e ai costi da sostenere per lo smaltimento e il recupero delle sostanze chimiche a base di piombo e di litio, che nella litigiosa e farraginosa Europa potrebbero diventare l'incubo dei produttori già in questo decennio. Come in altri campi oggi a dominare la produzione è la Germania, che quindi ha la forza per imporre le sue regole. Proprio Italvolt ha recentemente annunciato un accordo con l'American Manganese Inc, società che tratta metalli critici titolare di un brevetto per il riciclaggio di parte delle batterie agli ioni di litio (detto Recyclico). Il sistema offre una soluzione ecologica a ciclo chiuso per il riciclaggio dei materiali catodici utilizzati nelle batterie agli ioni di litio, ovvero i più pericolosi per l'ambiente. Il processo consente di estrarre con buona purezza litio, cobalto, nichel, manganese e alluminio, in modo da poter produrre batterie riciclate con fasi di lavorazione relativamente contenute.

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