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ANSA / FRANCO CUFARI
Economia

Disoccupazione: ecco le zone del Paese in cui è più alta

Il livello della disoccupazione in Italia resta sempre da allarme rosso, e non passa giorno che non vengano resi noti nuovi numeri che non fanno altro che confermare questa situazione decisamente drammatica. Le ultime, preoccupanti cifre sul mondo dei senza lavoro nel nostro Paese, sono state fornite dall’Istat, che questa volta non ha rilevato i dati sulle singole città, ma rispetto ad aree del nostre Paese all’interno delle quali tenere conto del fenomeno del pendolarismo.

C'è infatti chi abita in un Comune ma va a lavorare in quello accanto, che magari rientra in un'altra Provincia. L'Italia è fatta così e sono tanti i pendolari appunto che, con la propria auto o, meno spesso, con i mezzi pubblici raggiungono l'ufficio, la fabbrica o il locale dove prestano servizio.

Ecco che i confini del mercato del lavoro superano spesso quelli amministrativi. Vediamo allora come ha cercato di tenere conto di questa situazione l’Istat, e quali sono i risultati che sono emersi da questo nuovo modello di rilevazione della disoccupazione.

Sistemi locali del lavoro

In pratica, il nostro Istituto di statistica ha ridisegnato il Paese suddividendolo in 611 aree che fanno perno su un centro, fulcro degli spostamenti dei lavoratori. Una fotografia che vede ancora una volta il Paese spaccato, tra un Alto Adige libero dalla disoccupazione e un Mezzogiorno che invece ne resta attanagliato.

Dati del 2017 alla mano infatti, sul podio dei "sistemi locali del lavoro" più virtuosi, così l'Istat definisce questi microcosmi, salgono San Leonardo in Passiria, con una disoccupazione di appena l'1,9%, Malles Venosta (2,2%) e Silandro, a pari merito con Brunico (3,2%), tutti Comuni in provincia di Bolzano.

La maglia nera invece va a Bagheria, in provincia di Palermo, dove il tasso tocca il suo picco (38,4%), seguono Rosarno (29,5%) in provincia di Reggio Calabria, e Leonforte (27,9%), in provincia di Enna.

È sempre Nord contro Sud

Da una parte quindi le valli del Sud Tirolo, tutte a vocazione turistica, con i loro hotel, mercatini e piste sciistiche a un passo. Dall'altra due centri siciliani che non riescono a creare occupazione. La situazione di Rosarno poi, nella piana di Goia Tauro, in Calabria, è ormai nota, dalla rivolta dei lavoratori immigrati di otto anni fa alle tensioni legate ad accampamenti superaffollati di stagionali.

Se la Val Passiria, la Val Venosta, la Val Pusteria hanno fatto dunque la loro fortuna come centri di vacanza, attraendo viaggiatori sia d'estate che d'inverno, la vocazione agricola di Bagheria e Rosarno sta, evidentemente, dando molti meno frutti. Certo anche non avere alcuna specializzazione produttiva risulta svantaggioso: è il caso del territorio di Leonforte, piazzato nel cuore della Sicilia.

I capoluoghi

Se si passa poi a dare uno sguardo d’insieme di questi sistemi locali del lavoro, ovvero di queste enclave che possono comprendere più municipi, al cui interno le persone si spostano per seguire la loro occupazione, ancora una volta non ci sono sorprese. Anche se si prendono in considerazione i capoluoghi.

Non stupisce infatti che, sempre parlando di disoccupazione, i poli dove le cose vanno meglio coincidano ancora una volta con Bolzano (4,4%) e Trento (4,8%), seguite da Bologna (6%). Subito dopo viene Milano, a pari merito con Trieste (6,6%). Nell'area di Roma invece il tasso sfiora la doppia cifra (9,9%). Reggio Calabria (21%), Palermo (23,9%) e Napoli (24%) chiudono la graduatoria, con valori praticamente doppi rispetto alla media nazionale dei senza lavoro fissata al momento all’11,2%.

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