Le Borse crollano; la guerra economica è già iniziata e la stiamo perdendo

Nel dodicesimo giorno di guerra in Ucraina affondano le Borse di tutta Europa, a causa dell'impennata dei prezzi delle materie prime, in primo luogo petrolio e gas. L'ipotesi di nuove sanzioni alla Russia, tra cui il divieto di importare il greggio di Mosca, ha innescato le vendite sui mercati azionari europei: nella prima seduta della settimana Milano ha aperto in calo del 2,45%, con perdite che si sono ampliate nelle battute iniziali per poi tornare a ridursi in corso di giornata. Tra i pochi titoli con il segno più ci sono quelli di Leonardo, che ha risentito positivamente del riarmo dell’Ucraina, e Saipem sull’ipotesi di possibili nuove perforazioni per ridurre la dipendenza energetica dalla Russia.

Contestualmente volano le materie prime, con il prezzo del petrolio WTI che è salito a 124 dollari al barile, in rialzo del 7,4%, mentre il Brent quota a 127 dollari (+7,7%), per l'ipotesi di un embargo del petrolio russo e dopo lo stallo nei negoziati sul nucleare iraniano a Vienna. L'invasione in Ucraina da parte delle truppe russe non ha ancora comportato una perdita di fornitura di petrolio sul mercato, ma al momento non è ancora chiaro quale sarà l'impatto delle sanzioni sui flussi di energia e per quanto tempo dureranno eventuali perdite di approvvigionamento. La Russia è il terzo produttore mondiale di petrolio dopo Stati Uniti e Arabia Saudita. Nel gennaio 2022 la produzione totale di petrolio della Russia era di 11,3 mb/g (milioni di barili al giorno): a dicembre 2021 Mosca ne aveva esportati 7,8. I prezzi del greggio sono arrivati alle stelle anche a causa dello stallo delle trattative con Teheran sul nucleare.

Corre anche il prezzo del gas: ad Amsterdam le quotazioni sono schizzate a 335 euro al Mwh, con un rialzo del 74%, mentre a Londra il prezzo è salito a 795 penny al Mmbtu (sigla che indica un milione di British thermal unit). Ma la crisi sta facendo volare anche i prezzi delle materie prime agricole: secondo Coldiretti il prezzo del grano ha messo a segno un aumento del 40,6% in una settimana, per un valore ai massimi da 14 anni di 12,09 dollari per bushel (27,2 chili). Sui valori al top del decennio si collocano anche le quotazioni del mais, mentre la soia è salita del 5% nella settimana, secondo la chiusura settimanale del Chicago Board of Trade, punto di riferimento per le materie prime agricole.

Per dare un’idea di quello che sta accadendo, il prezzo del petrolio Brent è salito del 38,31% in un mese e del 61,43% in un anno, mentre il gas naturale ha fatto segnare un aumento del 21,05% nell’ultimo mese e del 37,86% in un anno. Il prezzo del mais è cresciuto del 22,40% in un mese e del 30,45% in un anno, mentre quello del frumento è lievitato del 66,18% in un mese e del 67,90% in un anno. "Credo che i prezzi del petrolio rimarranno sopra i 100 dollari, e anche i prezzi dell'energia e delle materie prime rimarranno elevati spingendo l'inflazione verso l'alto soprattutto in Europa", ha commentato l’ex ad di Borsa Italiana Raffaele Jerusalmi, secondo cui se la guerra durerà a lungo non è "impossibile che a un certo punto il governo in Italia valuti misure di austerità”.

A livello mondiale "il conflitto russo-ucraino e le relative sanzioni economiche inducono un rischio di stagflazione, ossia di inflazione elevata associata a un rallentamento dell'economia". È lo scenario prospettato dalla società di investimenti Carmignac, secondo cui l'impatto "negativo sulla crescita europea" potrebbe essere "tra -0,5 e -2%, con un effetto sull'inflazione tra il +1,1 e il +1,7% su base annua", mentre "per gli Stati Uniti l'impatto sarebbe minore, con una contrazione della crescita tra -0,2 e -0,5% e un effetto sui prezzi tra +0,7 e +1,2% a seconda della gravità degli scenari". In particolare, Carmignac indica nella "penuria di materie prime disponibili" la possibilità di "forti scompensi nella catena degli approvvigionamenti, con gravi ripercussioni sulla crescita e un concomitante effetto di aumento dei prezzi". Uno scenario che vede l'Unione europea "più esposta vista la sua dipendenza dalle importazioni di petrolio e gas".

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