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Nel pozzo senza fondo delle armi all’Ucraina

Nel pozzo senza fondo delle armi all’Ucraina

Il sostegno degli Stati Uniti a Kiev è di 52 miliardi di dollari, all’Europa gli aiuti sono costati finora 29 miliardi di euro. Un’escalation che (in piena crisi economica) rischia di durare quanto il conflitto: anni.


L’Occidente ha appoggiato l’Ucraina nella guerra contro gli invasori russi spendendo 92,2 miliardi di euro in armi, aiuti finanziari e umanitari. Sulle forniture belliche la parte del leone spetta agli Stati Uniti con 27 miliardi. L’appoggio totale dello «zio Sam», dal 24 gennaio al 3 ottobre, è di 52 miliardi. L’intera Unione europea ha sostenuto Kiev, non solo con le armi, per 29 miliardi di euro, poco più della metà. Gli inglesi staccano tutti gli altri paesi del vecchio continente con 3,7 miliardi di aiuti militari. L’Italia è il fanalino di coda, ma abbiamo appena previsto altri 500 milioni per le ultime forniture militari del governo Draghi.

«Le cifre spese per le armi sono assurde, in una guerra che nessuno ha vinto e non si sa come andrà a finire. In Europa rischiamo di sbancarci da soli» sostiene l’ex generale Fabio Mini. «A questo ritmo da metà del prossimo anno gli aiuti all’Ucraina saranno insostenibili di fronte a stagnazione o recessione delle nostre economie. E pure gli americani dovranno decidere, entro dicembre, cosa fare per il futuro».

Cifre destinate ad aumentare e calcolate grazie ai dati raccolti mese per mese dall’Istituto per l’economia mondiale di Kiel, il più importante centro di ricerca tedesco sulla globalizzazione. Il 14 ottobre il Dipartimento di Stato ha annunciato la 23esima autorizzazione della Casa Bianca per inviare in Ucraina armi ed equipaggiamenti delle forze armate americane per un valore di 725 milioni di dollari. Nella lista è previsto un numero segreto di lanciamissili Himars, che hanno colpito i russi rendendo possibile le vittorie sul fronte Est con la liberazione di 6 mila chilometri quadrati di territorio. L’ultima fornitura comprende 23 mila proiettili da 155 millimetri, il calibro di artiglieria occidentale più usato dagli ucraini. Oltre a 5 mila armi anticarro, missili anti radar Harm, più di 200 veicoli tattici Humvee e 2 milioni di munizioni per armi leggere.

L’Italia ha dato il via libera, il 12 ottobre, alla sesta tranche di aiuti militari per 500 milioni tramite il Fondo europeo per la pace. In tutto abbiamo aiutato l’Ucraina per l’equivalente di 3,1 miliardi. In maniera furbesca, l’ultimo decreto prevede che 490 milioni finanzino l’acquisto di materiale militare «concepito per avere un impatto letale a scopi difensivi». I 10 rimanenti serviranno per equipaggiamenti protettivi, kit di primo soccorso e carburante.

Gli Usa hanno già speso 27,6 miliardi di dollari in aiuti militari, 9,5 in campo umanitario e 15,2 come assistenza finanziaria. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky chiede con insistenza l’invio del sistema missilistico tattico Atamcs, che ha una gittata di 300 chilometri – oltre tre volte gli Himars – in grado di colpire in profondità la Federazione russa. Mosca ha già denunciato un centinaio di attacchi sul proprio territorio. Gli americani per il momento fanno orecchie da mercante e preferiscono inviare, come nuove armi, i sistemi di difesa anti-aerea Nasams, che proteggono pure la Casa Bianca. Due sono già in Ucraina, altri 4 arriveranno insieme a velivoli senza pilota e munizioni per un totale di 2,9 miliardi di dollari. Lo «scudo» dei cieli è una priorità di fronte all’offensiva missilistica e con droni kamikaze iraniani lanciata dai russi prima dell’inverno per colpire centrali elettriche e termiche lasciando gli ucraini al freddo e al buio. I tedeschi hanno appena fornito a Kiev quattro sistemi di difesa aerea Iris-T, che costano 400 mila euro ciascuno e possono colpire missili balistici a 40 chilometri di distanza.

La Spagna ha promesso missili terra-aria Hawk e pure Canada, Olanda, Francia forniranno sistemi avanzati. Zelensky ha ammesso che l’Ucraina «ha solo il 10 per cento di ciò che serve» per la difesa aerea. E punta a convincere gli israeliani, che già aiutano con informazioni di intelligence, immagini satellitari e sistemi anti-droni, a mandare a Kiev l’Iron Dome, le batterie che fermano gran parte dei missili palestinesi lanciati dalla Striscia di Gaza. «Ovvio che la difesa aerea ucraina deve essere irrobustita, ma la tecnologia migliore, come quella israeliana, difficilmente verrà messa a disposizione» spiega Leonardo Tricarico, che è stato capo di stato maggiore dell’Aeronautica. «Per di più sono convinto che l’aiuto militare dovrebbe essere condizionato, però nessuno ha messo a punto le condizioni. Bisogna sostenere la guerra di liberazione degli ucraini, ma anche arrivare alla fine del conflitto. Altrimenti rischiamo una deriva afghana, come negli anni Ottanta, quando l’invasione sovietica durò dieci anni».

L’Unione europea ha lanciato il 17 febbraio la missione di addestramento nei Paesi Ue di 15 mila militari di Kiev, che durerà due anni e costerà 106,7 milioni di euro. Il comando affidato al vice ammiraglio francese Hervé Blejean, avrà sede all’interno del Servizio europeo per l’azione esterna a Bruxelles, con il rischio che diventi un obiettivo. «Gli Stati Uniti si stanno impegnando quasi il doppio di tutti gli Stati e le istituzioni dell’Ue messi insieme» dichiara Christoph Trebesch, capo della squadra del centro di Kiel, che compila i dati sull’appoggio all’Ucraina. Lo stesso impegno britannico è doppio rispetto alla Germania che ha già speso 3,3 miliardi di euro, ma solo 1,2 per gli aiuti militari. Tutto vero, ma fa impressione che in termini di quota sul Prodotto interno lordo i primi paesi donatori siano Lettonia, Estonia, Polonia, Lituania, Repubblica Ceca, che hanno provato nella loro storia l’occupazione sovietica.

Il grosso dei finanziamenti per le forniture belliche Ue viene veicolato attraverso il Fondo europeo per la pace. Tutti i principali programmi e istituzioni Ue sono coinvolti, a cominciare dall’Assistenza macro finanziaria, il meccanismo della Protezione civile, la Banca d’investimenti europei e l’istituto per la Ricostruzione e sviluppo. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha annunciato il 18 ottobre «l’erogazione di 2 miliardi di euro di assistenza macro finanziaria all’Ucraina. Altri seguiranno entro la fine dell’anno».

Il direttore generale del Fondo monetario internazionale, Kristalina Georgieva, stima fra 3 e 4 miliardi di dollari al mese le necessità finanziarie di Kiev nel 2023. Gli americani hanno promesso 1,5 miliardi da gennaio chiedendo agli europei di fare altrettanto. A Bruxelles si lavora a un piano che significherebbe un esborso annuale, solo per tappare il buco di bilancio ucraino, di 18 miliardi. Come se non bastasse, la Commissione europea sarebbe pronta a pagare anche i conti di Elon Musk, 120 milioni di dollari a fine anno, che ha fornito il sistema satellitare Starlink fondamentale per le comunicazioni via internet fra gli ospedali e l’esercito ucraino. Il Pentagono gli aveva risposto picche.

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