La Ue sdogana l’erbicida sospettato di essere cancerogeno ma invita a consumare carne artificiale e insetti. Intanto, via libera alle etichette terroristiche su alcol e salumi.
Chissà se tra gli effetti avversi del glifosato, il più diffuso erbicida del mondo – c’è anche d’indurre confusione mentale. Pare che ne soffra l’Europa. Con l’Efsa (l’ente per la sicurezza alimentare che ha sede a Parma, quello che dà il via libera agli insetti nel piatto e si appresta a sdoganare anche la carne prodotta in laboratorio per contenere il riscaldamento globale) concede l’ennesima proroga all’uso di questo diserbante mentre l’Europa dichiara guerra ai fitofarmaci e alla chimica in campo. Sempre in nome dell’ambiente e della salute.
Lo Iarc di Lione – massima autorità sull’eziologia oncologica – ha inserito il glifosato nella lista delle sostanze probabilmente cancerogene (tabella 2-A) la stessa dove stanno la carne rossa e il vino/alcol insieme al Ddt. In base a quella lista, l’Europa ha stilato un suo protocollo in cui se la piglia (giustamente) con le sigarette e però si trasforma da stato etico in stato dietetico.
Con la risoluzione del 22 febbraio 2022 il Parlamento di Strasburgo dice che bisogna ridurre del 10 per cento il consumo di alcol entro il 2025 e che «il rischio individuale di cancro può essere ridotto con un maggiore consumo di vegetali da produzione sostenibile e alimenti di origine vegetale, quali la frutta e gli ortaggi freschi, cereali integrali e legumi. Va contrastato il consumo eccessivo di carne e di prodotti ultralavorati (leggi salumi e formaggi, ndr) e di prodotti ad alto contenuto di zuccheri, sale e grassi; chiede alla Commissione e agli Stati membri di incoraggiare e aiutare i consumatori a prendere decisioni informate, sane e sostenibili adottando sistemi europei di etichettatura armonizzati e obbligatori sviluppati sulla base di dati scientifici solidi e indipendenti».
Il risultato di tutto questo è il Nutri-score, la famigerata etichetta a semaforo, che piace alla Nestlè, alla Danone – quella che sta finanziando il progetto israeliano di estrarre latte per l’infanzia dalle parti di mammella umana scartate dopo le mastoplastiche – alla grande distribuzione tipo Leclerc.
L’intento è chiaro: sostituire la diversità alimentare alla base della dieta mediterranea (peraltro riconosciuta bene universale dall’Unesco) con le diete che fanno comodo alle multinazionali dell’alimentazione, tutte improvvisamente trasformate da food company in healty company, e pronte a rimpinzarci di integratori.
Ursula von der Leyen, a capo della Commissione europea, è andata alla Bill&Melinda Gates Foundation prima ancora che al Parlamento a raccontare come sarà la dieta sana degli europei. E Bill Gates le ha risposto: dagli carne sintetica. Così l’Europa finanzia i bioreattori in Olanda, Danimarca e in Spagna da cui si ricaverà ammassi cellulari che verranno poi definiti pollo, manzo o merluzzo. Si è partiti dalle cellule staminali «immortali», quelle che si ricavano da tessuti tumorali per sperimentare le cure anti-cancro, poi con lo stesso sistema si è iniziato a moltiplicare altri tessuti a scopo alimentare. Tra i ricercatori che hanno messo a punto queste tecnologie c’è il professor Cesare Gargioli dell’Università Roma tre che se si parla di carne sintetica si adonta: «Non lo è, si tratta di una replicazione cellulare incentivata e accelerata».
Due domande però sorgono spontanee: se si coltivano cellule malate si portano a casa alimenti con patologie? E ancora: se si fanno crescere cellule umane ci si può alimentare da tessuti derivanti dall’uomo? In entrambi i casi Gargioli risponde sì, ma «siamo al paradosso». Volendo, un’industria farmaceutica potrebbe produrre cibo «malato» per poi vendere le medicine che servono alla cura di quelle patologie. Eppure di separare le sorti tra l’industria farmaceutica e dei vaccini e le produzioni alimentari non se ne parla. Intanto Bill Gates, che si è comprato 200 mila ettari di terra, coltiva insalate geneticamente modificate che diventano vettori per i vaccini. Insomma, ti fai un piatto di lattuga e ti vaccini allo stesso tempo.
Ma perché la Commissione europea ammette – violando i trattati sulla concorrenza – che gli irlandesi etichettino il vino come pericoloso per la salute? E perché nel Nutri-score – la famigerata etichetta a semaforo amata dalle multinazionali e dal vicepresidente Frans Timmermans – il Parmigiano Reggiano o il Grana Padano, il prosciutto o il salame, la Chianina e l’olio extravergine di oliva meritano il bollo dell’infamia e il glifosato si spande libero nei campi? Perchè il Brunello fa male e le bibite con il dolcificante o energetiche sono un toccasana?
La risposta c’è ed è forse più inquietante dei dubbi sull’erbicida. Lo stesso giorno in cui l’Efsa ammette il glifosato, Timmermans canta vittoria perché con la legge sul ripristino della natura si riduce del 50 per cento l’uso di fitofarmaci e fertilizzanti, si restituisce fino al 20 per cento della terra ora in produzione e s’innalza l’obbligo di coltivazione biologica a un quarto dei terreni agricoli. Trionfa il green deal, con annesso glifosato che però è color giallo deserto. Che tutto ciò significhi – lo rileva il centro studi Divulga – una contrazione della produzione europea del 30 per cento con rincari dei prezzi fino al 70 per cento, oppure che, in costanza del nuovo blocco del grano imposto dalla Russia, mancherà circa un terzo dei cereali, non conta. Che importeremo cibo meno sicuro è ancora meno interessante per Bruxelles. Trionfa il green deal, con annesso glifosato. L’Europa invece si preoccupa che pane e bistecca con un bicchiere di vino siano cancerogeni. Sarà mica perché su grano e viti hanno sparso il glifosato? Timmermans dice di no: è colpa delle troppe vacche che con le loro flatulenze emettono gas serra e surriscaldano il pianeta. E dalla febbre al rischio di tumore è un attimo.