La madre del Kazakistan che sottrae il figlio al marito italiano. Il padre islamico che porta via il suo bambino e poi muore nelle file dell’Isis. Solo nel 2019 la Farnesina ha seguito 518 episodi di minori contesi e condotti in Stati dove non esiste l’affido condiviso. Ma le denunce sono la punta dell’iceberg, e alcune stime ipotizzano oltre tremila casi.
«Ho conosciuto la mia ex moglie in Kazakistan, dove lavoravo nel settore energetico. Poi siamo venuti a Brindisi con Adelio, che aveva un anno e mezzo. Tutto sembrava normale. Il 28 ottobre 2015, all’improvviso, se ne è andata con nostro figlio» racconta a Panorama Giovanni Bocci. E aggiunge che «da allora è iniziato l’incubo e la lotta per continuare a fare il padre di Adelio sottratto dalla madre tornata in Kazakistan». Uno dei tanti casi di «sottrazione internazionale di minore», come la storia della madre di origine russa che ha rapito il figlio in vacanza con il padre in Costa Smeralda poco prima di Ferragosto. Panorama ha ricostruito alcune storie eclatanti che coinvolgono anche Paesi dell’Unione europea, il Marocco e il buco nero del Giappone, dove i padri abbandonati non hanno di fatto diritti sulla prole.
«Alcuni Stati, in violazione alle norme internazionali sull’infanzia, non prevedono l’affido condiviso. In casi estremi questa situazione può dare origine al “rapimento” di minori figli di separati» spiega l’avvocato Valentina Ruggiero, che a Roma ha uno studio specializzato sui bambini contesi: «Anche con i Paesi Ue, che rispettano la Convenzione dei diritti del fanciullo, i tempi medi di soluzione durano anni. I genitori che hanno subìto la sottrazione del minore sono distrutti sia psicologicamente, che economicamente».
Nel 2019 la Farnesina ha trattato 518 casi di minori contesi «con una distribuzione geografica che conferma al primo posto l’Europa, seguita dalle Americhe, dal Mediterraneo e Medio Oriente, dall’Asia e, infine, dall’Africa». I Paesi Ue registrano 83 casi, seguiti dai 39 bimbi portati oltreoceano e dal fanalino di coda dell’Africa con 7 figli sottratti. Alla Farnesina si riunisce regolarmente la Task force Minori Contesi, un gruppo di lavoro che coinvolge Interni e Giustizia. Le rappresentanze diplomatiche svolgono «funzioni di assistenza» ai genitori “left-behind” (lasciati indietro), «collaborano con le autorità locali e organizzano visite consolari per verificare lo stato di salute dei bambini».
Spesso non basta, come denuncia il padre di Adelio. Nel 2018, l’allora ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi scriveva al suo omologo kazako, Kairat Abdrakhmanov: «Esprimo il mio vivo auspicio che sia rispettato il diritto del piccolo Adelio e del padre Giovanni Paolo a intrattenere una relazione stabile e duratura senza l’influenza di fattori negativi, che possono compromettere il sereno sviluppo del bambino». La madre, Abraliyeva Aigul, è stata condannata a 2 anni di reclusione, senza condizionale, e alla sospensione della responsabilità genitoriale dal tribunale di Brindisi per avere «rapito» il bambino. «L’Interpol ha emesso una red notice (richiesta di arresto onda, ndr) nei suoi confronti e mio figlio ha una yellow notice, come bambino scomparso. Ma non succede niente pur sapendo bene, compresa la nostra ambasciata ad Astana, la capitale del Paese, dove vive Adelio: in un condominio fatiscente dei tempi sovietici» sostiene il padre. Bocci è esasperato: «Devo insistere 10-20 volte per riuscire a parlare con mio figlio via WhatsApp. Quando sono andato in Kazakistan per cercare di recuperarlo, la madre non voleva neppure farmelo vedere».
Tre interrogazioni parlamentari si sono occupate del caso e il 28 luglio il padre disperato ha ottenuto una riposta, preconfezionata, da Palazzo Chigi: «Il Presidente Conte ha ricevuto la sua mail. Desideriamo informarla di avere provveduto a inoltrare la sua lettera, e relativa documentazione, al Ministero degli Esteri per opportuna informazione e valutazione». Bocci lamenta che «dopo la missiva di Moavero si è impantanato tutto. Il ministero della Giustizia così come quello degli Esteri non rispondono mai alle sollecitazioni, neppure dei miei avvocati. Sono un padre avvilito, frustrato e abbandonato dallo Stato».
L’ultima, eclatante, sottrazione di minore è avvenuta l’11 agosto in Costa Smeralda. Alexandra Dubrova, manager internazionale con cittadinanza americana, compie un blitz portando via la figlia di otto anni al padre Nicola, consulente per diverse aziende. I due si erano conosciuti a Porto Cervo, ma mai sposati, e il padre poteva tenere la figlia in vacanza nella villa dei nonni fino a settembre. In una versione reale del celebre film La guerra dei Roses, lui accusa lei di avere assoldato un guardaspalle per malmenarlo e «rapire» la bambina. Lei smentisce e denuncia che il padre le ha messo le mani al collo. La madre è fuggita a Montecarlo con la figlia passando per la Corsica.
«La strada è lunga e complessa, ma esistono casi che si risolvono» dice l’avvocato Ruggiero. «Alcuni attraverso il collocamento dei minori ai genitori italiani con rimpatrio forzoso, altri tramite la possibilità di incontrare i figli con modalità prestabilite. Ciò che raccomando vivamente è attenzione ai trasferimenti dei minori in altri stati, anche per vacanze a tempo determinato».
La scusa della vacanza è un classico per sottrarre il minore, ma a Roberto di Verona è capitato di peggio con la moglie, Fatima, marocchina. Il caso, reso noto nella trasmissione Le Iene, ha avuto dopo quattro anni un lieto fine, con il ritorno in Italia dei due figli. La madre li aveva portati in Marocco di nascosto sottoponendoli a circoncisione per farli diventare musulmani.
I numeri ufficiali di sottrazioni di minori riguardano solo i figli portati via dall’Italia e i casi denunciati. «La punta dell’iceberg, ma presumibilmente sono molti di più» dice Ruggiero. Alcune stime parlano di tremila casi, che coinvolgono un genitore italiano con sottrazione dei figli anche all’estero.
Il Giappone è un autentico «buco nero» a causa di mentalità e tradizione che permettono alla madre di portare via la prole. «I casi di sottrazione di minori in cui un genitore è cittadino europeo e l’altro giapponese sono in allarmante crescita» ha denunciato l’8 luglio il Parlamento europeo esprimendo «preoccupazione» per il mancato rispetto delle norme internazionali sulla sottrazione di minori da parte di un partner strategico dell’Ue. Secondo l’associazione Kizuna, ogni anno sono almeno 150 mila i bambini separati dal padre o dalla madre in Giappone. Una ventina i genitori italiani. E i tribunali danno quasi sempre ragione alla madre mantenendo lo status quo provocato dal «rapimento».
L’assemblea di Strasburgo ha approvato una risoluzione sul tema, proposta dalla deputata del Partito popolare, Dolors Montserrat: priva di obblighi vincolanti, ma con valore politico nei confronti del Giappone. Uno dei fautori della risoluzione è Tommaso Perina, padre di Marcello e Sofia, di 7 e 5 anni, sottratti dalla madre, giapponese, nel 2016. Manager italiano che vive in Giappone dal 2003, racconta che «ogni rapporto con i figli è totalmente azzerato. I bambini non vedranno più il loro padre, se non un paio di volte all’anno per pochi minuti in presenza di un avvocato. Impossibile anche solo recapitare una lettera o consegnare un regalo di compleanno».
Un altro caso assurdo riguarda la Grecia. Emilio Vincioni, bancario, viveva tranquillamente in provincia di Ancona con la moglie greca. Lei, quattro anni fa, in attesa di una bambina, vuole partorire in Grecia e convince il marito. Madre e figlia non tornano più in Italia e il papà viene tagliato completante fuori, pur costretto a versare un assegno mensile di mantenimento di 550 euro. Vincioni è stato anche fermato dalla polizia ad Atene nel tentativo di consegnare un regalo di compleanno alla bambina. Il 22 luglio ha pubblicato su Facebook un video- appello invitando a scrivere alle autorità per ribadire che sua figlia «ha diritto a frequentare il ramo paterno della famiglia e di conoscere la cultura e la lingua italiana!».
Un lato oscuro e drammatico del problema è legato al Califfato. Lo scorso novembre rientrava in Italia Alvin Berisha portato a Raqqa dalla madre albanese infatuata dallo Stato islamico. Il padre, Afrim, che viveva con la famiglia a Barzago, in provincia di Lecco, è andato a cercarlo in Siria.
Ma il primo è più tragico caso riguarda Ismail Davud, ufficialmente disperso nell’ex Califfato. Il padre, Ismar Mesinovic, di origine bosniaca ma che viveva a Longarone, lo ha portato in Siria nel 2014, all’età di tre anni, sottraendolo alla madre cubana convertita all’Islam. Ad Aleppo il genitore è morto combattendo al fianco dell’Isis.
Davud è stato adottato da una famiglia del Sanjack, enclave musulmana in Serbia, che ha aderito allo Stato islamico. Secondo le ricerche di Panorama la nuova madre, Emina Plojovic, sarebbe deceduta sotto un bombardamento russo o alleato durante la disfatta dell’Isis in Siria con i suoi quattro figli, compreso Davud. La fonte è il marito, Rejhan, condannato in Serbia in contumacia per terrorismo a 9 anni e mezzo di carcere. I carabinieri del Ros cercano ancora Davud, nella speranza che la versione del padre adottivo sia solo una copertura.
