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Il dipinto di Mario Donizetti «La passeggiata» (da "Mario Donizetti. Una biografia". Cinque Sensi editore).
Costume

La sfida alla realtà di Mario Donizetti

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Un grande pittore che si è mosso controcorrente, privilegiando un'espressione figurativa pura e originale. Celebri sono i suoi ritratti
a personalità del Novecento. Nei giorni scorsi si è spenta improvvisamente la sua musa di sempre, la moglie Costanza. E le opere che ha ispirato sono uniche per bellezza e intensità.


Lo sapevo. La morte di Costanza avrebbe sconvolto irrimediabilmente Mario Donizetti. L'ho sentito al telefono in questi giorni ed era in lacrime. Per lui, lei era la pittura; e, nel dolore, il pensiero era ancora alla tecnica, ricordando la comune euforia di aver trovato una malta che consente di ritoccare l'affresco anche dopo la giornata di stesura, senza intervenire a secco. Era come se ne parlasse con lei. Ricerche tecniche condotte con rigore scientifico lo hanno portato a usare per il suo lavoro metodi assolutamente personali come la tempera all'uovo verniciata e velata, il suo «encausto», il pastello encaustizzato. Fondatore, nel 1977, del Centro di ricerche tecniche dell'arte e, nel 2003, del Donizetti Museo Scuola, il pittore divulga le sue tecniche via internet in varie lingue (inglese, francese, tedesco, spagnolo, giapponese, cinese) oltre che con lezioni filmate doppiate in lingua inglese. È quest'ansia di diffondere la conoscenza, la vera tecnica della pittura, che condivideva con Costanza. E oggi è solo.

Nella biografia di Iacopo Di Bugno leggiamo l'introduzione di Leonardo Castellucci: «Mario Donizetti e Costanza Andreucci. Poi la loro Bergamo. Il luogo del loro primo incontro e di tutta la loro esistenza. Giovani, anzi giovanissimi si legano per sempre senza farsi promesse, ma cercando uno sforzo di somiglianza che pare l'unica chiave per un rapporto che possa resistere al tempo e alle intemperie della vita. Lui prende a dipingerla cercando in lei un modello ideale di bellezza; lei, lusingata e lucida, accetta la sfida, ammira il talento di lui, anzi lo esalta senza rinunciare a un consiglio, talvolta a una critica. Insieme, così si saldano in un legame raro, in un rapporto riferito ma non dipendente, in un percorso di esistenze che nasce da un comune sentire».


Il pittore con Vittorio Sgarbi, mentre con l'uovo prepara la tempera.


Così è stato; così è ancora, dentro di lui, incredulo. Piange, e dice: e la sua vita è monca, impoverita. Gianluigi Colin l'aveva perfettamente interpretata: «Donizetti in un modo personalissimo è vicino alla realtà. E non solo perché i suoi dipinti rappresentano uno dei modelli più alti della pittura figurativa e del realismo, ma per il suo essere, senza tante sfumature, e con toni perentori, un intellettuale "totale": dagli studi filosofici - "con il Papa ho parlato di teologia" - all'invenzione di una nuova scrittura della musica, dalle esperienze di designer, a una intensa attività saggistica. Il suo sguardo gli impone anche di costruire dipinti densi di simbolismi aderenti alle contraddizioni della nostra società. Un esempio? Guardate il ciclo I Vizi Capitali o il dipinto Ha voluto sapere: ritrae una donna crocefissa, metafora di una tormentata e purtroppo attuale condizione femminile. C'è, infine, una dimensione di Mario Donizetti che racconta la sua più visibile, eppure più celata, più intima identità: quella dell'artista in rapporto con la sua fonte d'ispirazione, sua moglie Costanza. Durante il primo incontro con lei ho provato la stessa emozione che avrei vissuto, in un impossibile viaggio nel tempo, nell'incrociare lo sguardo della modella per la Madonna dei pellegrini di Caravaggio, o quello della bella ragazza dipinta dal Pollaiolo e che ora è la moderna testimonial del Museo Poldi Pezzoli di Milano. Era simbolicamente l'incontro con la Musa. In verità, in quell'istante, avevo semplicemente incontrato la donna che accompagna da sempre Mario e ne è complice, compagna di viaggio, corresponsabile di un destino e angelo custode in ogni momento della sua vita. Non credo si possa parlare dell'arte di Donizetti senza sottolineare il rapporto di devozione assoluta tra l'artista e la sua modella. Mi ha divertito scoprire Mario illustrare i suoi preziosi disegni a matita, quasi tutti ritratti della moglie, e ascoltare come sottofondo il commento di Costanza che ricordava il momento e il perché di ogni opera. Un tenero gioco che nasconde un legame indissolubile, una dolce ossessione che dà il senso più semplice e profondo dell'essere artista: possedere l'arte come vita e la vita come arte».

Parole vere, e corrispondenti alla rara esperienza di chi sia stato a casa di Donizetti, e abbia trovato che la sua opera nasceva da una ispirazione totale legata a Costanza, pronta a spiegare e a emendare, e così dentro la parte da sentire la responsabilità di intervenire e indirizzare anche la vita degli altri, intorno al pittore. Io, critico riconosciuto e da loro legittimato, ero da lei visto come soggetto da correggere e migliorare, in un rapporto di stima e di amore che avrei dovuto intendere come lezione di metodo e di disciplina. La capivo, nonostante la mia insofferenza, e sentivo la sua urgenza didascalica. Costanza, per Donizetti, era come una vivente allegoria, ispiratrice di forme e di armonia, ma anche di ammaestramenti, in una miracolosa riproduzione di Beatrice, o della «Beata Beatrix» di Dante Gabriel Rossetti, Elizabeth Siddal. Era avvenuto, come oggi appare miracoloso, che due anime vivessero in una, che lui desse forma a pensieri comuni seguendone l'ispirazione. Mai ho visto una più perfetta, e insidiosa, «corrispondenza di amorosi sensi», mai. E, oggi, questa interruzione mi pare una lacerazione, una mutilazione che si può scongiurare soltanto in una serie di apparizioni, o in una progressiva impotenza.

Per indicare il perimetro della sua impresa, ostinatamente ignorata dalla critica, ma così forte da imporsi in uno spazio parallelo, proviamo a ricordare alcune sue opere: il Crocifisso nel Museo Tesoro della Basilica di San Pietro in Vaticano, gli affreschi e la pala d'altare nella storica Basilica di Pontida, i ritratti di Costanza, i ritratti di grandi personaggi alcuni dei quali (come quello di Papa Giovanni Paolo II ora alla National Portrait Gallery di Washington) pubblicati in copertina da Time Magazine, i ritratti di celebri protagonisti dello spettacolo come Marcel Marceau, Jean-Louis Barrault, Edwige Feuillère, Marta Abba, Renzo Ricci, Vittorio Gassman, Rossella Falk, Giorgio Albertazzi, Carla Fracci, Giulia Lazzarini, Valentina Cortese pubblicati sulle copertine de Il dramma e di Costume, il ritratto di Indro Montanelli (per L'Europeo), i ritratti di Piero Chiara, Rudolf Nureiev, Biagio Marin, Vittorino Andreoli, Oriana Fallaci, i ritratti del Vescovo Ernesto Togni per la Curia vescovile di Lugano, quello del Vescovo Cesare Bonicelli per la Curia vescovile di Parma, il ritratto di Aldo Croff nella Quadreria dell'Ospedale maggiore di Milano, il ritratto di Gianandrea Gavazzeni al Museo teatrale alla Scala, la Commedia dell'Arte della Raccolta Spajani Gamec, la Carità della Collezione Margherita Cassis-Faraone Mautner von Markov, Omaggio a Gaetano (bassorilievo) nella sede del Museo della Casa natale di Gaetano Donizetti, opere nella Collezione Time di New York, in collezioni negli Stati Uniti, in Russia, in Canada, Venezuela, Inghilterra, Francia.

La critica ha indicato una strada, ha accompagnato gli artisti; e Donizetti ha preso la strada opposta, è andato da solo, senza legittimazioni, senza tendenze, senza ideologie. Ho davanti un suo dipinto del 1959, La contadina, esposta a Londra, fiera e dolente nella sua testa tozza, nel suo collo grosso, nel suo sguardo fermo, nelle sue mani nodose: un capolavoro di realismo asciutto, non ottocentesco, non esistenziale, ma freddo e vero come un dipinto di Grant Wood, una propaggine della Nuova oggettività.
Può dunque la pittura, attraverso lo studio delle tecniche antiche, essere senza tempo? Può rifiutarsi all'allineamento delle avanguardie, alle mode, all'obbligo di essere moderni? Donizetti può essere un pittore antico? Può credere nel primato del disegno? Può misurarsi con Giovanni Bellini, con Leonardo da Vinci, con Perugino, con Raffaello Sanzio? O è costretto a misurarsi con Pablo Picasso e con Jackson Pollock?

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