Due libri ispirati a Frieda von Richtofen, sorella del barone rampante, fanno riscoprire passioni e originalità del grande scrittore inglese. L’uomo che attraverso l’intelletto libera la forza dei sensi.
«Tutta la mia vita è stata un intrecciarsi di tradimenti, un delirio di spade incrociate in una folle battaglia distruttiva… Tradimenti che ho subito nella mia carne viva, che ho inferto nella carne viva degli estranei. Peggio ancora: che ho provocato, consentito, per il mio egoismo di artista, rendendomi conto solo in seguito che erano stati una forma di suicidio mio come uomo, e insieme di altri». In effetti, David Herbert Lawrence di tradimenti se ne intendeva, anche se nel corso della sua vita fu più che altro lui a subirli.
La sua grande passione divampò da un tradimento, anzi un doppio tradimento. Era il 1912. David aveva appena 27 anni e cominciava a farsi notare come poeta. Segaligno, rossiccio, non esattamente un Adone, aveva appena rotto il fidanzamento con Louise Burrows quando s’imbattè in Frieda von Richtofen, di sei anni più vecchia di lui. Frieda, a prima vista, era il suo esatto contrario: tanto lui era emaciato quanto lei rosea e robusta. Lui giovane e inesperto, lei già adulta e con tre figli a carico. Lui idealista, con l’animo agitato da idee focose ma squattrinato, lei inchiodata in un matrimonio che la soffocava, ma che non voleva rompere per non creare scandalo in famiglia.
Frieda von Richtofen era infatti la prima cugina del celebre Manfred, nientemeno che il Barone rosso. Baronessa, divenne una donna di mondo, una scrittrice e una figura femminile magnetica e strabordante. Basti pensare che, solo negli ultimi mesi, sono usciti ben due romanzi a lei dedicati: Frieda di Christophe Palomar (Ponte alle Grazie) e Frieda di Annabel Abbs (Einaudi). Il fatto che si tratti di libri completamente diversi rende perfettamente l’idea della complessità di questa donna dalla personalità prorompente.
Palomar ne inscena la sensualità, insiste sul suo magnetismo raccontando la passione per Frieda del conte Joachim von Tilly. La Abbs, invece, scodella una storia più blanda e noiosa. Ha la bella idea di mostrarci il lato materno di Frieda, i rapporti con la famiglia, l’amore per i figli che la ricondusse a ripetizione sotto lo stesso tetto del primo marito… Tuttavia il risultato finale è poco più di una fiction, lontana dagli abissi in cui Frieda precipitò assieme ai suoi primi amanti e poi all’amato David, che lei chiamava Lorenzo.
I due, dicevamo, si conobbero nel 1912. Lei viveva a Nottingham con il marito Ernest Weekly. Lawrence ebbe Weekly come professore di francese, ma quando ne incontrò la moglie non poté resistere, e intrecciò una relazione nemmeno troppo clandestina con lei. A dirla tutta – come ben racconta la Abbs nel suo romanzo – Frieda aveva già avuto amori proibiti, in particolare con Otto Gross, allievo poi rinnegato di Sigmund Freud.
Dall’Inghilterra la baronessa aveva seguito la sorella in Germania, e lì si era avvinghiata al baldanzoso Gross, perfetto esempio di radical chic dell’epoca. Ma il lignaggio, il timore dello scandalo e i figli la convinsero a tornare in Inghilterra dallo slavato Ernst. Con David le cose andarono diversamente. Dopo mesi di travaglio, Frieda lasciò il marito e sposò il suo «Lorenzo» il 13 luglio del 1914. Fu una relazione sensuale e sessuale, almeno agli inizi. Poi, però, a Lawrence toccò una sorte di pietra.
Si ammalò di tubercolosi, che ne provò il fisico già poco atletico. David tossiva, si consumava, divenne anche impotente. Proprio lui, grande cantore del sesso e della trasgressione, doveva limitarsi a riversare il suo impeto sulla pagina. E quella fu, probabilmente, la sua cupa fortuna. Non che le passioni mancassero, anzi. Lawrence e Frieda sublimavano in tanti modi. E qui arriviamo al cuore della nostra storia.
Nel novembre del 1925, i due sposi arrivano a Spotorno e decidono di prendere in affitto Villa Bernarda. Si trasferiscono e danno vita al circo. «I visitatori riferivano che Lawrence “puniva” Frieda per qualche delitto facendole strofinare il pavimento, e Frieda obbediva, piagnucolando (…) e divertendosi. Lawrence picchiava Frieda. Lei lo picchiava. Tutto andò avanti rumorosamente e pubblicamente su un palco popolato da accoliti, futuri amanti, visitatori invitati e non». Così Doris Lessing descrisse quel soggiorno in Italia.
Lawrence era già famoso come scrittore. Aveva pubblicato Figli e amanti, La verga di Aronne, Il serpente piumato. Era l’uomo dello scandalo e del sesso. Eppure, indagando la sua biografia e il suo rapporto con Frieda si scopre molto altro. «Quest’uomo che appariva sui giornali come una specie di mostro per i suoi scritti era l’ospite più affascinante, un meraviglioso parlatore e un ottimo cuoco. Era buono con i bambini, a cui piaceva», scrisse la Lessing.
Sul povero Lawrence grava un pregiudizio. Egli viene considerato un autore erotico, nella migliore delle ipotesi un «trasgressivo», un proto-hippy ossessionato dal ritorno alla natura. Nella versione peggiore, invece, è un fascista, un fallocrate, un maschio odiatore delle donne (almeno così lo dipinse la femminista Kate Millet in La politica del sesso). In realtà fu questo ma anche molto altro. Odiava la civiltà moderna, è vero. Da intellettuale cittadino aveva un rapporto di attrazione e rifiuto per la natura.
Ne aveva intimamente compreso la devastante potenza, per questo insisteva sull’amore tellurico, ctonio, caotico che tanto colpì Anaïs Nin. La quale, in una lettera a Henry Miller, firmò un’appassionata difesa di Lawrence: «Fanatismo, predicazione, petulanza, nervosismo, esagerazione, irrazionalità, eccetera, sono tutti da perdonare a causa dell’intensità», spiegava Anais. Lawrence, però, non era soltanto il cantore della sensualità bruta e delle forme primitive. Aveva compreso che, senza una dimensione uranica, verticale, sacra, non poteva che esserci caos.
Ci viene presentato spesso come un teorico della rivoluzione sessuale, ma sarebbe probabilmente inorridito nel vedere gli esiti scomposti che tale rivoluzione ha avuto ai giorni nostri. Egli infatti celebrava «l’aristocrazia della vita» e, a proposito della libertà, scriveva: «Gli uomini sono liberi quando abitano una patria vitale, non quando si tagliano i ponti alle spalle e si disperdono. Sono liberi quando ubbidiscono alla profonda voce interiore di un credo religioso. E vi ubbidiscono interiormente. Sono liberi quando appartengono a una comunità vitale, organica e credente, impegnata ad attuare uno scopo non realizzato, e non del tutto noto». Terra, sangue e passione, sì. Ma anche intelletto, anima, cielo.
Ed eccoci al capolavoro: L’amante di Lady Chatterley. Frieda, si sa, è la «vera Lady Chatterley». Lawrence è Clifford: nobiluomo reso impotente (come David) dalle ferite di guerra, prigioniero di una sedia a rotelle. Poi c’è il guardiacaccia, Oliver Mellors, che risveglia i sensi di Connie (Lady Chatterley) ma poi se ne innamora e la sposa. La versione più accreditata – splendidamente illustrata da Alberto Bevilacqua in Attraverso il tuo corpo – sostiene che il «vero Oliver» fosse Angelo Ravagli, bersagliere e seduttore che i Lawrence incontrarono appunto a Spotorno. In qualche modo, David si prodigò per spingere la moglie fra le sue braccia. Voleva che lei gli raccontasse tutto: ogni amplesso con insistenza sui dettagli. Perversione? Può darsi. Oppure, come voleva Bevilacqua, profezia.
Lawrence vedeva avvicinarsi la morte (che lo coglierà nel 1930) e pensò di donare alla sua amata Frieda un nuovo compagno, trasformando in vita reale ciò che andava scrivendo nelle tre stesure di Lady Chatterley. Carne e anima: Ravagli – come il guardiacaccia Oliver – doveva essere «il fallo» che risveglia il corpo e le passioni terragne della donna. Ma anche il principe azzurro che la desta con un bacio e le fa vivere appieno la sua femminilità. Finì così, proprio come nel romanzo: Frieda e Ravagli si sposarono. David compì il miracolo: aveva fatto esultare il corpo, e poi era riuscito ad elevarlo attraverso la comunione spirituale. Aveva fondato una sensuale religione dell’amore di cui Frieda fu al contempo la papessa e la più fedele adepta.
