Home » Il festival (1991) dalla A alla Z

Il festival (1991) dalla A alla Z

Il festival (1991) dalla A alla Z

LE SERIE STORICHE DI PANORAMA – SPECIALE SANREMO

Per celebrare il Festival di Sanremo, Panorama propone una chicca: il dizionario dell’edizione del 1991 scritto da Michele Serra. Da Aragozzini a Donne, da Fiori a Eurovisione, da Ospiti a Zoom, guida d’autore alle quattro serate più inossidabili della canzone italiana.

Immancabile anche la quarantunesima edizione del Festival di Sanremo, dal 27 febbraio al 2 marzo, non si sottrae alla regola: manciate di novità in un pentolone sperimentatissimo. Renato Zero in doppiopetto e i fiori sul palco, la coppia Jo
Squillo – Sabrina Salerno
e il rito della gara. Sulle une e sull’altro si esercita l’ occhio di un osservatore satirico. Ma la regola più ferrea è quella che vuole la vittoria annunciata. E quest’anno la rosa è di tre: Cocciante, Minghi, Masini.

Articolo pubblicato il 3/3/1991




Il festival (1991) dalla A alla Z


A COME ARAGOZZINI

Il patron del Festival è considerato ufficialmente l’ ultimo dei demitiani in carica. La storiografia sanremese, disciplina quarantennale che ha per fonti i ristoranti cittadini, attribuisce a ogni patron efferate qualità politiche, virtuosismo
tangentaro, mostruoso cinismo. Sul patron precedente, il famigerato Gianni Ravera, esiste una documentazione giornalistica ben più torva e infamante che su Ceausescu. Nessuna prova, naturalmente. Tanto che una riabilitazione postuma di Ravera, e non
postuma di Aragozzini, potrebbe risultare addirittura una buona azione: Sanremo, dopotutto, è l’ unico centro di potere nazionale nel quale non si sia ancora ricorsi al delitto come regolatore delle controversie.


B COME BRUNETTA

La brunetta dei Ricchi e Poveri, pur avendo l’età di Emma Gramatica e il conto in banca di Raul Gardini,
continua a essere la mascotte del Festival anche quando non c’ è. Più di Maria Giovanna Elmi, più della Cuccarini, più di Romina Power incarna l’ eterno femminino nazionale. Sulle rivali può vantare un turpe tradimento subito per mano della vivace
amica Marina Occhiena, che, classicamente, “le rubò il marito”. Da allora, popolarità raddoppiata, solidarietà di tutte le mogli, lacrime di tutte le mamme. Bel colpo, brunetta.


C COME CUTUGNO

Quest’ anno osserva un turno di riposo. Alla critica mancherà il bersaglio preferito: la paurosa fessaggine delle sue canzoni costituiva l’impagabile summa della retorica familistica, babbi, mamme, figli, odore di sugo e di tinello. Se ci fosse stato, avrebbe sicuramente cantato una canzone sulla partenza del giovane marò per il Golfo, oppure sulla fidanzata del marò che parte per
il Golfo, oppure sul fratello della fidanzata del marò che parte per il Golfo che promette al marò di vegliare sulla fidanzata del marò.


D COME DONNE

Si chiama Siamo donne la canzone della coppia Jo Squillo – Sabrina Salerno. In una minacciosa intervista, il duo ha dichiarato di voler rilanciare l’ orgoglio femminile e soprattutto di voler mettere la parola fine agli anni Ottanta, «nei quali contava l’apparire e non l’essere». Essendo entrambe tra le più apparse durante gli Ottanta, è un atto di coraggio.


E COME EUROVISIONE

Tradizionalmente, e ogni anno di più, il Festival annuncia di essere collegato in Eurovisione con almeno 600 Paesi. Poiché i Paesi europei, compresi San Marino e Andorra, sono una trentina, molti dubitano. Pare assodato, comunque, che siano i Paesi dell’Est i soli veramente collegati e veramente partecipi. È una delle possibili chiavi per spiegare il penoso collasso di quelle sfortunate società.


F COME FIORI

I fiori di Sanremo sono iperrealisti: troppo petalosi e colorati, sono fiori di rappresentanza e dunque la mettono giù dura. Qualcuno scrisse che Sanremo è l’unico posto al mondo in cui i fiori veri sembrano finti. Beppe Grillo li ha spesso massacrati nelle sue incursioni all’Ariston, accusandoli di «non essere fiori, ma cotolette». Terribili e diffusissime le strelizie arancioni, autentiche armi improprie, imperversano esemplari di complessione mastodontica, vero trait d’union tra regno vegetale e
animale. Hanno nomi patafisici: shanoxenie, marxulenie, brappaglioni, sgognatuzie, farvelloidi. Bandite dalla ribalta margherite e affini, e tutto ciò che profuma di umiltà e bellezza.


G COME GABBIANO

Il gabbiano, un tempo re incontrastato dei testi sanremesi (dal sontuoso «gabbiano di scogliera» cantato dal sommo Baldan Bembo a quello ordinario che faceva da zenith agli amanti), è ormai dimenticato. Insieme alle palme fa parte di un’iconografia perduta, e solo la classica marea nera potrebbe ormai riabilitarlo, promuovendolo almeno a cormorano. Nell’ attesa, il gabbiano
frequenta speranzoso le diverse discariche della Riviera.


I COME INTELLETTUALI

È grazie agli intellettuali di sinistra che il Festival esiste ancora. Sono gli unici che hanno continuato a scriverne con intensità e passione durante la grande crisi dei Settanta: quando anche Sorrisi e canzoni dedicava la copertina a Toni Negri, gli intellettuali italiani si interrogavano su Mino Reitano.


M COME MEROLA

Ancora mitico negli annali l’arrivo, un lustro fa, di Mario Merola e soprattutto della sua claque. Giacche sinistramente rigonfie, facce da goodfellows da vicolo, urla e pianti quando il Vate gorgheggiava. Chiunque sia stato a Napoli sa che simili prototipi non
esistono dai tempi di Ciccio Formaggio. Il motivato sospetto è che si trattasse di comparse bergamasche assoldate dalla nascente Lega lombarda per screditare il Sud.


O COME OSPITE

La politica discografica prevede che il Festival della canzone italiana serva da vetrina anche per il ricco catalogo estero. Resta un mistero come si riesca a convincere Ray Charles a cantare in coppia con Cutugno o Louis Armstrong con Anna Rita Spinaci. Probabilmente fa gioco il fatto che l’Italia sia, per quei lontani visitatori, una vaga tentazione esotica, nonché la patria del melodramma. Per spiegare Cutugno a Ray Charles devono avergli parlato di Caruso, approfittando del fatto che il grande «Genious», cieco dalla nascita, dev’essere anche sordo.


S COME SGARBI

Pare che canterà a Sanremo. Sempre che riesca a conciliare la sua esibizione con gli altri impegni: nello stesso giorno, infatti, deve giocare come stopper nella Juventus, presiedere una seduta di governo, leggere le previsioni del tempo in tivù,
posare per un monumento equestre, pilotare un B – 52 sull’Iraq, scrivere un libro di ricette, tenere una conferenza a Sciaffusa, farsi la doccia e comprare un chilo di sale grosso. Non è in concorso perché aveva chiesto di cantare in coppia con se
stesso.


Z COME ZOOM

Le zoomate sanremesi dei registi di Raiuno sono, insieme ai piani – sequenza di Anghelopulos e ai primi piani di Godard, parte del patrimonio estetico del Novecento. La zoomata classica di Sanremo prevede: primo piano su cantante impegnato in un acuto a occhi chiusi, suggestiva cornice di strelizie e giacinti sfocati, sfondo con logo della manifestazione, effetti speciali con lucette oblique che scavino e santifichino il volto dell’ interprete. Da Nilla Pizzi ai Duran Duran, niente è mutato tranne l’introduzione del colore e delle lucette oblique: entrambi hanno peggiorato la situazione senza riuscire a sottrarla alla tradizione funeraria
classica.

© Riproduzione Riservata