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Noi peccatori, destinati al Purgatorio

Noi peccatori, destinati al Purgatorio

L’ultimo libro di Aldo Cazzullo rilegge, con la seconda Cantica della Commedia, i sette peccati capitali del nostro tempo.


Una montagna incantata, una terra di frontiera fra l’uomo e Dio. È il Purgatorio di Dante, che ha la forma dell’isola di Vulcano, con le pareti scoscese come quelle della Liguria o della Rocca di San Leo. L’Alighieri ne percorre il sentiero con passo qualche volta spedito e più spesso lento, affaticato, per dribblare le ombre. È accompagnato da Virgilio e da Aldo Cazzullo. L’editorialista del Corriere della sera immagina così il secondo libro sulla Divina Commedia trilogia; dopo A riveder le stelle (l’Inferno), ecco Il posto degli uomini, sottotitolo «Dante in Purgatorio dove andremo tutti». Perché nella narrazione contemporanea dei media – a parte Mario Draghi, qualche colonnello del Pd e qualche conduttore di talk show – chi vive nel nostro tempo non è esente dai sette peccati capitali: superbia, invidia, ira, accidia, avarizia, gola, lussuria.

È il luogo dei pentiti a colori, che l’autore incontra e narra appaiando a personaggi e terzine i protagonisti del nostro tempo. Contaminazione in purezza, esercizio sempre accattivante; le 288 pagine edite da Mondadori si snodano come un road movie con l’obiettivo di «salire a le stelle». Per rimanere dentro il perimetro dell’oggi ecco il peccato più moderno: l’invidia. Quella per il parente più bravo o più ricco (perché più bravo), per il vicino di casa che durante il lockdown scendeva a fare jogging e veniva additato alla polizia. L’invidia d’una società meschina che gode nel tirare verso il basso chi prova a volare.

Tutto ciò è enfatizzato dall’invidia sociale, autentico leitmotiv dell’ascesa al potere del Movimento 5 Stelle, secondo il tragico equivoco dell’«uno vale uno» che annulla la meritocrazia. Il simbolo è Sapìa Salvani, senese, che vaga con le palpebre degli occhi cucite «per privarlo della luce celeste». Pregò Dio di far perdere i suoi concittadini nella battaglia di Colle Val d’Elsa contro i fiorentini «perché la sfortuna altrui la rese più felice della propria fortuna».

A caccia di riferimenti d’attualità, il libro trabocca di aneddoti folgoranti. Scrive Cazzullo: «Ci sarebbe il gustoso racconto di Christian De Sica sulla notte degli Oscar 1963, che suo padre Vittorio seguì in tv accanto a Roberto Rossellini. Candidato come miglior film straniero, è il capolavoro di un giovane regista emergente, Nanni Loy, sull’insurrezione antinazista del 1943 Le quattro giornate di Napoli. De Sica e Rossellini si dicono che bisogna dare spazio ai giovani, che questo Loy è davvero bravo. Ma quando il commentatore Lello Bersani annuncia che l’Oscar è andato a un film francese, i due vecchi leoni scattano in piedi all’unisono nel gesto dell’ombrello: Tiè!». È l’umanissimo Purgatorio dove andremo tutti e dove in fondo siamo già, mentre cerchiamo attraverso costrizioni poco letterarie un Green pass per il Paradiso.

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