Il cuore pulsante degli Stati Uniti perde popolazione. I suou abitanti si spostano, in cerca di spazi più ampi nelle zone verdi e periferiche, fuori dalla metropoli. Intanto, le mosse del sindaco Bill De Blasio in tema di ordine pubblico e senzatetto non aiutano la città a uscire dall’impasse.
Costeggiando nel piazzale antistante al supermercato «ShopRite», davanti alla Interstate 84, si notano le bandiere dei reparti delle Forze armate che coprono le vetrate del supermercato, grande quanto un palazzetto dello sport. Navy Seals e Marines, solo per citarne alcuni. È il biglietto da visita di Montgomery, città della contea di Orange, circa 110 chilometri a nord di New York, popolata da ex militari. Quasi 25.000 anime, almeno sino a qualche mese fa. Perché Montgomery, come molte altre realtà della valle dell’Hudson, è diventata meta di chi ha deciso di lasciare la Grande Mela in seguito all’epidemia di coronavirus, dapprima per trascorrere il proprio isolamento forzato in un ambiente più confortevole rispetto ai misurati appartamenti newyorkesi. Successivamente per lanciarsi in avventure bucoliche distanti dai ritmi frenetici della City (almeno sino all’arrivo del mostro pandemico), agevolate dal perdurante «smart working».
Già all’inizio del lockdown, nella prima metà di marzo, si era registrata un’emorragia di residenti, diretti, chi se lo poteva permettere, principalmente nel Sud, in Florida, ad Atlanta, a Houston o sulla West Coast. I newyorkesi di fascia alta si sono «rifugiati» nelle proprietà agli Hamptons, la località di mare che si estende su Long Island fino ad arrivare alla punta estrema di Montauk, soprannominata «the end of the world» (la fine del mondo), perché più in là c’è solo l’Atlantico. Altri hanno fatto rotta verso Nord, nelle zone dello Stato dell’Impero dove si insediarono i coloni scesi dal New England prima di mettere piede a Manhattan.
La valle è così diventata meta ambita: dista un’ora e mezza circa di auto o di treno sulla New York State Thruway, sulla dorsale dell’Hudson che porta nel polmone verde dello Stato, dove la spesa si fa nelle fattorie con prodotti a km zero e prezzi dimezzati. Dove con l’equivalente di un appartamento di non più di 50 mq a Manhattan (circa 500.000 dollari) si acquista una casa di 200 metri quadrati su due piani, con piscina e parco. E dove l’accoglienza è un imperativo categorico. Certo il mare non è vicino, ma in 50 minuti si è sulle piste da sci di Catskills.
Assai gettonata è Kingston, sino agli anni Novanta sede di un enorme campus Ibm, poi abbandonata in favore della New York «sanificata» dalla cura di Rudolph Giuliani. La cittadina ha conosciuto la rinascita negli ultimi anni grazie al patrimonio immobiliare storico e ai prezzi relativamente bassi, ma è stato soprattutto il Covid a farne un punto di riferimento per chi ha scelto di lasciare la City. Un rapporto della National Association of Realtors su 181 aree metropolitane nazionali ha rilevato che a Kingston le vendite del secondo trimestre sono aumentate del 18% rispetto al 2019. Amy Crossfield, ex newyorkese e ora agente di Coldwell Banker proprio a Kingston, conferma che «ogni singolo contratto è chiuso da qualcuno di Brooklyn o Manhattan. C’è una guerra di offerte». A tutto ciò si aggiunge il fatto che i tassi dei mutui ipotecari sono i più bassi degli ultimi 50 anni.
La tendenza è quindi consolidata: sebbene non vi siano dati puntuali sui trasferimenti legati al virus, la città di circa otto milioni di abitanti ha perso più di 53.000 residenti durante i 12 mesi fino al primo luglio 2019, il terzo calo annuale consecutivo, secondo l’Ufficio del censimento. E le previsioni per quest’anno parlano di numeri ben più importanti, confermati dalle statistiche degli operatori immobiliari sugli affitti di luglio. Il numero di nuovi contratti di locazione (esclusi i rinnovi), è sceso del 23,4% rispetto allo stesso mese del 2019, dopo il crollo del 70,9% di aprile. Il prezzo di affitto medio è di 3.320 dollari, in calo del -7,6% rispetto all’anno precedente, la flessione più significativa in quasi nove anni di monitoraggio. Le proprietà sfitte hanno toccato il record di 13.117 immobili, con un incremento del 121,9% su base annuale.
«Sono in particolare Downtown e Upper West Side ad aver registrato la crescita più pronunciata delle proprietà sfitte, ma anche l’Upper East Side ha raddoppiato la quota» dice a Panorama Riccardo Ravasini, titolare di Rava Realty e autore del rapporto con i numeri citati. Certo, New York ha conosciuto altri momenti di fuga, dopo l’11 settembre 2001 o dopo lo tsunami finanziario del 2008, ma alla fine ha dimostrato sempre una certa resilienza. Questa volta appare diverso: «Con il ritiro di alcune restrizioni dovute al Covid, gli affitti hanno mostrato qualche segnale di ripresa, ma siamo ancora ben al di sotto dei livelli di un anno fa» prosegue Ravasini. A ciò si aggiunge il rischio di una seconda ondata di contagi e l’incertezza sulla riapertura di attività e uffici.
C’è poi il fattore sicurezza, figlio sia dei disagi arrecati dal virus, sia dei disordini seguiti all’uccisione dell’afroamericano George Floyd a Minneapolis dopo il suo violento arresto da parte di quattro agenti bianchi. Un episodio che ha fatto riemergere la mai risolta questione razziale, dando fuoco alle polveri della protesta. Talvolta non pacifica e civile, ma violenta e pretestuosa, come i saccheggi che hanno tenuto in scacco la città per una settimana. E in seguito ai quali il sindaco Bill De Blasio, la cui gestione era stata già discutibile fino a quel momento, ha risposto decurtando fondi al dipartimento di polizia di New York. Al punto che le forze dell’ordine si sono trovate spesso impotenti dinanzi a una ripresa della criminalità che negli ultimi tre mesi ha registrato un aumento di sparatorie e omicidi.
Un esempio del fallimento della gestione De Blasio è proprio nell’Upper West Side, racconta Curtis Sliwa, fondatore dei Guardian Angels, un’organizzazione di volontari per la sicurezza pubblica attiva in 142 città del mondo (otto in Italia). «Con la pandemia è stata ridotta la capacità di due ricoveri nel Lower East Side, e un forte numero di senzatetto è stato dirottato in quattro strutture alberghiere dell’Upper West, su ordinanza delle autorità comunali» dice. «Una decisione che ha colto di sorpresa la comunità e ha provocato disappunto». Anche perché si tratta di persone «con problemi di tossicodipendenza e aggressioni sessuali» spiegano i media locali «in alcuni casi condannati per pedofilia».
Sliwa, di origini baresi e prossimo candidato alle elezioni di sindaco per il partito repubblicano, spiega che il problema è stato aggravato dal dilagare del K2 o marijuana sintetica, una droga di bassissima qualità che genera comportamenti aggressivi. «È per questo che si picchiano fra loro e aggrediscono i passanti, anche donne con bambini» prosegue l’Angelo della strada. «Gli abitanti del quartiere sono persone accoglienti, coinvolte nelle attività di supporto alla comunità, ma tutto ciò sta diventando insostenibile. Alcuni vanno via, a volte per sempre».
E la polizia? «Fa il minimo indispensabile. È una reazione al movimento “abolire la polizia” e alla scelta di togliergli fondi dopo le proteste razziali. Quindi interveniamo noi pattugliando le strade». Ma non basta: «Occorre inserire queste persone in strutture specializzate. Se la città deve spendere, meglio che investa su programmi ed esperti, piuttosto che pagare con denaro pubblico prezzi maggiorati agli albergatori, creando disagio ai quartieri». La responsabilità di De Blasio e della giunta rischia di cronicizzare il fenomeno, almeno fino al 2021, quando New York eleggerà il suo nuovo sindaco.
