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Badante cercasi (uno su due è un extracomunitario irregolare)

Badante cercasi (uno su due 
è un extracomunitario
 irregolare)

Poche strutture pubbliche e molto costose. Per questo gli anziani sono costretti a pagare di tasca propria colf e accompagnatori spesso non in regola. Un «nero» che alimenta il lavoro domestico di immigrati clandestini. L’Italia ha la più alta popolazione anziana al mondo, seconda solo al Giappone, ma i governi, di qualsiasi colore, continuano a ignorare il tema lasciando, addirittura, che l’assistenza sia svolta soprattutto dagli immigrati irregolari.


Le ultime stime di Assindatcolf, l’Associazione nazionale dei datori di lavoro domestico, riferite al 2018, indicano che su 530 mila stranieri irregolari, 200 mila lavorano in nero nel settore domestico, come badanti, colf e baby sitter. E sono numeri destinati a crescere. Si prevede che con il progressivo invecchiamento della popolazione, nel 2025 la domanda di assistenti agli anziani aumenterà del 9 per cento.

Attualmente il 22,6 per cento degli italiani è over 65 e nel 2025 si arriverà al 24,7. Gli anziani non autosufficienti rappresentano il 4,67 per cento e si stima che di qui a cinque anni saranno il 5,11 per cento. Il problema dell’invecchiamento del nostro Paese, con tutto quello che ne consegue come assistenza socio-sanitaria, dovrebbe essere una priorità nell’agenda politica.

Il panorama invece è desolante. Poche strutture pubbliche con liste d’attesa interminabili, scandali di ogni tipo – dai maltrattamenti all’assenza di standard igienici e di sicurezza – fino alla frode di risorse statali. In questa realtà, in cui le eccellenze sono rare, la famiglia è ancora l’unica forma di welfare. Gli anziani arrivano alla fine della vita per lo più nella loro casa. Pochissimi hanno la fortuna di poter essere assistiti da un familiare e anche dove questo si renda disponibile, il ruolo dei badanti è essenziale e, nella maggior parte dei casi, irrinunciabile. Ma assumere una persona è un salasso economico, soprattutto se si richiede una presenza a tempo pieno. Rispettare il contratto di categoria, con tanto di tredicesima, ferie pagate, contributi e Tfr, significa per un anziano non solo destinare tutta la pensione ma spesso dover chiedere aiuto ai figli. L’illegalità diventa una necessità, in cui tutti, dall’assistito, alla famiglia, al lavoratore, hanno il loro vantaggio. Ci guadagnano tutti, un po’ meno lo Stato che con i contratti in nero si priva di una quota importante di tasse e contributi. Però è anche vero che fino a quando la cura dei nonni ricade sulle famiglie, è meno urgente affrontare investimenti importanti per le strutture pubbliche. Nessun governo finora ha voluto favorire fiscalmente i contratti regolari, magari rendendo possibile la detrazione del costo del lavoro. E nessuno ha introdotto controlli più stringenti sul sommerso che domina nel settore.

È una giungla. Eppure potrebbe essere un’occasione di impiego per disoccupati, specie per i cinquantenni, con più difficoltà a rientrare nei circuiti lavorativi. Invece, sta prevalendo una linea secondo la quale il problema dell’assistenza agli anziani si può risolvere con una politica più accomodante verso l’immigrazione. Molti di coloro che varcano i nostri confini, trovano spazio nel lavoro domestico che consente a chi è irregolare di «nascondersi» meglio.

Alla fine del 2020 gli stranieri che vivono nell’illegalità potrebbero essere circa 670 mila (un numero secondo solo alla grande sanatoria del 2002, quando emersero oltre 700 mila senza permesso di soggiorno). Il Dossier statistico immigrazione 2019 del Centro studi e ricerche Idos attesta che, complessivamente, su oltre 800 mila domestici regolari la componente straniera rappresenta quasi il 70 per cento del totale. Considerando globalmente il comparto, su circa 2 milioni di domestici impiegati, tra regolari e in nero, Assindatcolf stima che i non comunitari siano circa un milione, di cui 466 mila badanti e 528 mila colf. Due, quindi, sono i problemi: contrastare il sommerso e far fronte al fabbisogno del lavoro domestico.

Finora non sono state date risposte. «Non si è voluto fare nulla per combattere il nero» afferma Andrea Zini, vicepresidente di Assindatcolf. «Un badante a tempo pieno, con regolare contratto, per assistere un anziano non autosufficiente costa circa 15 mila euro l’anno, più 2.800 euro di contributi. Difficilmente una pensione può coprire questa spesa e deve intervenire la famiglia. Non sono rari i casi di chi s’indebita con la banca per far fronte all’onere. La scelta del rapporto in nero è la logica conseguenza. La famiglia risparmia i contributi, il lavoratore non deve dichiarare il reddito percepito e, soprattutto, non perde alcuni benefici sociali legati all’Isee – l’indicatore della situazione economica – come le borse di studio per i figli, gli assegni familiari, i ticket sanitari più bassi e il diritto alla graduatoria nelle case popolari. L’illegalità fa comodo a tutti».

Zini vede come unica soluzione contro l’illegalità, la possibilità per le famiglie di detrarre fiscalmente il costo del lavoro. E i controlli? «Gli ispettori del lavoro entrano di rado nelle case in cerca di situazioni irregolari, a meno che non ci sia una denuncia per maltrattamenti. L’abitazione è considerata un luogo inviolabile. I controlli più frequenti sono della Guardia di finanza per verificare se, a fronte del pagamento dei contributi, il lavoratore ha dichiarato il reddito». In questa zona opaca è facile che si nascondano gli immigrati irregolari e politiche più tolleranti verso chi è senza permesso di soggiorno rischiano di far aumentare il fenomeno.

Per risolvere il problema del fabbisogno di lavoratori in determinati settori economici, domestico incluso, sta prevalendo la linea di facilitare gli ingressi di migranti, anziché creare le condizioni perché tali attività siano svolte da disoccupati italiani. Una proposta di legge di iniziativa popolare, in discussione alla commissione Affari costituzionali della Camera, lanciata dai radicali e sostenuta dalle organizzazioni impegnate sul fronte dell’immigrazione (tra cui Caritas, Comunità di Sant’Egidio, Acli e Fondazione Migrantes) propone l’abrogazione delle quote di ingresso definite annualmente, sulla base delle previsioni di richiesta di lavoro. Il provvedimento avrebbe conseguenze importanti per il lavoro domestico come per altri settori. Assindatcolf suggerisce di avviare una programmazione dei flussi di ingresso di lavoratori non comunitari e stima che servirebbero 60 mila nuovi immigrati, per attività come colf e badanti, nell’arco dei due prossimi trienni.

La situazione per le famiglie potrebbe peggiorare qualora fosse introdotto il salario minimo. Una badante, con presenza di quattro ore giornaliere, dovrebbe guadagnare 2.300 euro al mese. Quindi sarebbe un ulteriore incentivo al pagamento in nero.

Ma che cosa accade negli altri Paesi europei? In Spagna le situazioni irregolari nel lavoro domestico sono circa l’80 per cento e non esiste un contratto collettivo di categoria. In Francia, invece, lo Stato fa la sua parte. Le famiglie possono dedurre il costo del lavoro di colf e badanti e quindi rimanere nelle legalità conviene. In Germania si può scegliere tra il «mini job» con esenzione fiscale totale ma per importi fino a 300 euro, oppure la partita Iva. I controlli sugli irregolari sono capillari e le sanzioni severe. In tutta Europa, in ogni caso, la strada per assicurare un’azianità decorosa è ancora lunga.

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