L’Agenzia europea che dovrebbe gestire frontiere e rimpatri non funziona. E a dirlo è la stessa Ue. Non contrasta la criminalità, non controlla gli arrivi, è tecnologicamente inadeguata, ed è uno spreco di soldi pubblici.
Finalmente anche l’Europa lo dice: Frontex, l’Agenzia dell’Unione europea che si occupa tra le altre cose della gestione delle frontiere e dei rimpatri, non funziona. Difficile che accada ma, una volta tanto, a criticare l’Ue ci pensa proprio l’Ue. Una corposa relazione della Corte dei conti comunitaria, di cui Panorama è venuto in possesso, mette in fila critiche su critiche da cui emerge un quadro molto chiaro: nessun monitoraggio utile ai Paesi membri, nessun contrasto fattivo alla criminalità transfrontaliera, nessuna banca dati aggiornata, trasparenza ridotta all’osso sull’efficacia delle missioni condotte in mare. E, di contro, una barca (è il caso di dirlo) di soldi pubblici buttati.
Basti questo: se nel 2007 l’Agenzia Ue costava «solo» 42 milioni di euro, dietro l’impulso di Jean-Claude Juncker ha aumentato il suo budget fino a 289 milioni nel 2018. Per la Commissione Ue, d’altronde, Frontex è la sola e unica risposta all’immigrazione clandestina. Lo era per Juncker, lo è per l’attuale presidente Ursula von der Leyen, tanto che nel 2019 il budget è salito a 330 milioni e nel 2020 a 460.
Finita qui? Certo che no. Come evidenziano i magistrati contabili europei, «in base al nuovo regolamento entro il 2027 Frontex disporrà di un corpo permanente composto da un massimo di 10 mila membri operativi» con un’inevitabile crescita di budget: «Il bilancio di Frontex aumenterà dai 460 milioni di euro del 2020 a una media annua di circa 900 milioni di euro nel periodo 2021-2027». Il problema, però, è che «l’impatto potenziale dell’istituzione del corpo permanente sugli Stati membri non è stato valutato».
I punti di domanda sorgono in numerosi europarlamentari. «È evidente che ci sono problemi di gestione e ritardi nelle assunzioni di personale qualificato per il suo funzionamento» dice a Panorama Sabrina Pignedoli del Movimento 5 Stelle. «E tutto ciò mentre i migranti continuano a essere preda di organizzazioni criminali che lucrano sulla tratta di esseri umani. Per questa ragione al Parlamento europeo, in attesa che venga fatta chiarezza su errori e responsabilità, il Movimento 5 Stelle non ha dato con il suo voto il via libera al bilancio di Frontex».
Il dubbio nasce come detto anche da quanto svolto fin qui dall’Agenzia Ue. Partiamo dai dati. Uno dei compiti centrali di Frontex è monitorare la situazione alle frontiere e garantire un proficuo scambio di informazioni. A riguardo l’Ue ha istituito Eurosur, il sistema europeo di sorveglianza delle frontiere. Peccato che dal 2013 (anno della nascita) a oggi si sia rivelato un clamoroso buco nell’acqua.
Le ragioni? Da ridere: «Mentre alcuni Paesi inseriscono i dati in Eurosur quasi in tempo reale» dicono i magistrati «altri lo fanno solo una volta alla settimana. Significa che un episodio alla frontiera – per esempio, l’arrivo di un gran numero di migranti – potrebbe apparire nel sistema europeo una settimana più tardi». In più, i vari Paesi «presentano le proprie relazioni in formati diversi, quindi i dati non vengono facilmente aggregati e possono persino non essere accessibili ad altri Stati membri/Paesi associati Schengen per motivi tecnici».
Non è finita qui. Compito ancora più fondamentale è analizzare i rischi: l’obiettivo è «far sì che Frontex, gli Stati membri e la Commissione adottino decisioni con cognizione di causa […] per esempio individuando nuovi modi operandi e rotte migratorie, combattendo la criminalità transfrontaliera mediante l’individuazione delle rotte del traffico, dei documenti fraudolenti e della tratta di esseri umani, tutti aspetti che rientrano nel mandato operativo dell’Agenzia».
Azioni capitali per la sicurezza dei confini comunitari. Ma un cortocircuito tra banche dati e leggi nazionali e sovranazionali complica tutto: Frontex, infatti, «non ha accesso ai dati contenuti nei sistemi paneuropei eu-Lisa». Sistemi che custodiscono «i dati relativi ai visti, alle domande di asilo e ai movimenti di persone, alle persone scomparse (in particolare minori)»: strumenti che, secondo la Corte dei Conti, «essenziali per l’attuazione delle politiche dell’Ue in materia di asilo, gestione delle frontiere e migrazione», che restano al palo.
L’unico modo per gli Stati di comunicare oggi i dati di eventuali rischi è far riferimento allo sportello unico di Frontex (Foss). L’accesso però è limitato poiché «riservato alle guardie di frontiera che partecipano a operazioni Frontex e solo per la durata del loro spiegamento». C’è un altro paradosso: il Centro comune di ricerca (Jrc), che ha fornito la tecnologia alla base del Foss, «non fornisce più aggiornamenti software, manutenzione o servizi di helpdesk. Ciò rappresenta un rischio per la continuità della piattaforma e, di conseguenza, per le informazioni in essa contenute». Insomma, una delle istituzioni più potenti e avanzate del mondo ha un’Agenzia che rischia di avere i computer senza aggiornamenti.
Ovviamente il ruolo di Frontex sarebbe (il condizionale è d’obbligo) anche operativo. Di fatto analizzare i risultati delle operazioni svolte in mare è impossibile: l’Agenzia «non effettua una valutazione approfondita di tali attività». E c’è un problema anche economico. Se l’Ue bacchetta gli Stati membri su regole spesso così rigide da sembrare inconcepibili, Frontex al contrario pare non essere soggetta ad alcuna rendicontazione dato che non fornisce informazioni sulle risorse necessarie, impegnate e impiegate, né «sul costo reale delle sue operazioni congiunte, né in forma aggregata, né disaggregata per operazione (marittima e aerea) e tipo di costi (come risorse umane, attrezzature leggere o pesanti)».
Il quadro conclusivo tratteggiato dalla Corte è perentorio: «La mancanza di informazioni, di norme tecniche per le attrezzature di controllo delle frontiere, di un catalogo comune per la segnalazione dei reati transfrontalieri, di informazioni quasi in tempo reale sulla situazione alla frontiera aerea dell’Ue e i ritardi nell’aggiornamento compromettono la costruzione di un quadro completo della situazione alle frontiere esterne dell’Ue».
C’è chi chiede una riforma dell’Agenzia e un suo potenziamento. «Dopo i recenti naufragi nel Mediterraneo abbiamo forti dubbi che questo compito sia oggi assolto con perizia e professionalità» sottolinea Pignedoli. C’è però da stare attenti. Davanti alle pesanti critiche della Corte c’è anche chi, da sinistra, sarebbe pronto a strumentalizzare la questione. È quanto denuncia l’eurodeputato di Fratelli d’Italia, Nicola Procaccini: «L’obiettivo di alcuni è trasformare Frontex in una Ong. Ma la sua azione deve continuare a essere quella di Guardia costiera delle frontiere europee. C’è una battaglia politica delle sinistre contro Frontex, che bollano l’Agenzia come razzista».
Un ulteriore passo indietro, si teme. Nel frattempo gli sbarchi proseguono e nel 2021 sono tornati a livelli significativi. Secondo dati del Viminale, i migranti arrivati sul territorio italiano quest’anno sono stati 24.576, contro i 9.299 del 2020 e i 3.165 del 2019. Che ci sia un problema è evidente anche da questi numeri.