Riforma costituzionale: il Senato vota no alle pregiudiziali
ANSA/ ALESSANDRO DI MEO
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Riforma costituzionale: il Senato vota no alle pregiudiziali

Continua la discussione in Aula. Il premier Renzi, all'accusa di "andare troppo veloce" risponde: "Aspettiamo da 70 anni"

Le riforme costituzionali sono arrivate oggi in Aula del Senato, nonostante il tentativo delle opposizioni di mantenere il testo in Commissione, con il ritiro di tutti gli emendamenti.

Le pregiudiziali alle riforme sono state respinte dal Senato con 171 "no", 86 "si'" e 8 astenuti (che valgono come voto contrario). La minoranza del Pd ha votato assieme alla maggioranza, come già ieri sulla calendarizzazione delle riforme in Aula.

Sul Ddl riforme "a ottobre faremo la terza lettura poi torniamo alla Camera, a occhio direi a gennaio, e poi finalmente nell'estate-autunno 2016 ci sarà il referendum". Sono i tempi scanditi dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi. "Ai cittadini - ha proseguito Renzi - dico di studiare questa riforma quando sarà completata. Riduce il numero di politici e aumenta il livello della politica. Meglio di cosi' che si puo' volere?", ha concluso.

Tra una settimana - ha aggiunto Renzi - vediamo, andiamo in Aula. A chi ci dice "ma state facendo troppo veloce", rispondo che questa riforma è attesa da 70 anni. Se sei mesi a lettura vi sembra andare troppo di fretta, perdonatemi...".

Ancora, in un altro passaggio, Renzi ha osservato: "la tecnicalità con cui una riforma storica e importantissima viene definita è molto importante ma non così rilevante da dedicarci due mesi di discussione.

Governo e maggioranza hanno chiesto e ottenuto che la Conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama calendarizzasse subito il ddl Boschi per l'Aula. Un passo che ha spinto le opposizioni a parlare di "forzatura inaccettabile", mentre la partita interna al Pd avrà come prossimo campo di battaglia la Direzione del partito di lunedi' prossimo.

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Alle 15 ieri a Palazzo Madama era stata convocata dal presidente Pietro Grasso una conferenza dei capigruppo nella quale il presidente dei senatori Luigi Zanda aveva preannunciato di voler chiedere la calendarizzazione delle riforme già in settimana. Mezz'ora prima si è riunita la Commissione affari costituzionali dove le opposizioni hanno tentato di impedire il blitz: infatti Roberto Calderoli ha ritirato i suoi 500.000 emendamenti e altrettanto ha fatto Anna Maria Bernini a nome di Forza Italia.

Un modo per togliere l'alibi dell'ostruzionismo, ma la mossa è stata definita da Zanda "solo una manovra politica", per poi continuare in Commissione senza giungere ad una conclusione.

Alla capigruppo si è quindi verificato il copione previsto, con la maggioranza e il ministro Maria Elena Boschi che hanno chiesto di calendarizzare già oggi le riforme costituzionali. Inutili le proteste. "Una forzatura inaccettabile" ha detto il capogruppo di Fi Paolo Romani che ha chiesto di continuare l'esame in commissione, imitato dai presidenti degli altri Gruppi di opposizione (Loredana De Petris di Sel, Cinzia Bonfrisco dei Conservatori, Gianmarco Centinaio della Lega) mentre il pentastelalto Gianluca Castaldi si è lasciato andare ad un "fate schifo".

Dopo una lunga seduta di dibattito in cui le opposizioni hanno chiesto anche l'intervento di Sergio Mattarella e proposto dei calendari alternativi, proposte tutte bocciate, è arrivato il sì alla decisione della Capigruppo.

Quindi da oggi discussione generale fino a mercoledì 23 settembre, quando scade anche il termine per la presentazione degli emendamenti. Che potrebbero essere una valanga, visto che Calderoli ha annunciato di volerne presentare 8 milioni. "Abbiamo gli strumenti parlamentari per fronteggiare questa situazione" ha detto Francesco Verducci, così come il sottosegretario alle riforme Luciano Pizzetti.

Un riferimento a tutti gli escamotage del Regolamento (canguro, tagliola, emendamenti predittivi, ecc) per aggirare l'ostruzionismo.

Intanto il governo porta a casa l'apertura di tre senatrici del Movimento di Flavio Tosi "Fare!", annunciato in aula da Patrizia Bisinella. Resta l'obiettivo di allargare il consenso almeno a parte dei 28 senatori della minoranza del Pd, a quanti non sono bersaniani di stretta osservanza. Gli ex civatiani hanno fatto un appello a trovare una intesa e Verducci, dei "giovani turchi" ha detto che "sarebbe incomprensibile che dopo aver trovato l'intesa sul doppio ruolo dei consiglieri-senatori, ci dividiamo su dove inserire questo principio".

Ieri intanto Pierluigi Bersani - chiedendo di lasciare i margini di discussione al Parlamento - ha assicurato che "nessuno vuole fare cadere il governo", prendendo di petto il sospetto che il premier Renzi e la maggioranza del Pd ha verso i bersaniani. Un sospetto che renderà duro il confronto lunedi' alla direzione del Pd, dove Renzi chiederà un pronunciamento del Partito.

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