Il pasticcio di "don Panino"
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Il pasticcio di "don Panino"

Dopo la notizia data da Panorama diventa sempre più grande la polemica sul locale di Vienna

“I promotori della petizione sono soddisfatti per l'interessamento dell'opinione pubblica italiana e della stampa”. Paolo Federico, originario della provincia di Napoli, vive  da quattro anni a Vienna, dove lavora come “research assistant” presso la Facoltà di Informatica della Technische Universität Wien. Assieme a Ivan Coluzza, è uno dei promotori della petizione online contro il locale italiano Don Panino, che propone nel suo macabro menu sandwich intitolati a Giovanni Falcone  “arrostito come una salsiccia” e a Peppino Impastato “cotto da una bomba come un pollo nel barbecue".

La notizia, riportata per primo da Panorama nel numero in edicola, ha sollevato un polverone internazionale: ripresa da media italiani e austriaci, è diventata un caso diplomatico.
 
Panorama ha denunciato il caso grazie alla segnalazione di Paolo Federico, che adesso ricostruisce per Panorama.it i retroscena della vicenda.

“Qualche accenno di malumore si è registrato tra noi per come alcuni media italiani hanno rilanciato la notizia, tacendo il fatto che i proprietari di Don Panino fossero di origine italiana, come invece correttamente riportato da Panorama, peraltro il primo a pubblicare la storia della nostra petizione. Così se ne è fatto quasi un caso Italia contro Austria, che non era nelle intenzioni originarie".

Paolo Federico, che ha ricomposto la vicenda anche sul suo blog (Vivere Vienna), continua la sua ricostruzione: 

"C'è ha obiettato che i panni sporchi si sarebbero dovuti lavare in famiglia, senza interessarne le autorità: idea omertosa e inaccettabile. Altri hanno obiettato che la paninoteca fosse chiusa e quindi la mobilitazione fosse inutile. Ne eravamo in parte al corrente. Paolo Manganiello si era era recato sul posto all’inizio di maggio: il locale era chiuso e non c'era più l'insegna Don Panino. Sulla pagina Facebook di Don Panino, però, era stato annunciato che il locale era in corso di trasferimento. Il menu era ben visibile sul sito donpanino-wien.at (che è stato oscurato nel fine settimana n.d.r.) nonché sui portali di consegne a domicilio: lieferservice.at, mjam.at, willessen.at ed è rimasto visibile online fino a sabato. E’ sparito solo domenica, dopo l'esplosione dello scandalo”.


Il caso di Don Panino, continua Federico, è emblematico di un certo contesto culturale, che tende da un lato a ridicolizzare gli eroi dell'antimafia,  dall'altro a mitizzare le figure di spicco della criminalità organizzata (basti pensare alle recenti polemiche sulla fiction su Pupetta Maresca in tv).

“Come già scritto nella nostra petizione” precisa il ricercatore, “solo a Vienna si trovano tantissimi esempi di uso del marchio mafia/camorra, già citati anche su Panorama, ovvero due Pizzerie Camorra, una Pizzeria Mafiosi, due pizzerie Al Capone. Una catena di saloni di parrucchiere Haarmafia, la mafia dei capelli”.

Nei menu di tanti altri locali in città la pizza più piccante, quella con il salame o con il peperoncino, viene chiamata pizza camorra, o pizza Al Capone.

“Capisco che si possa scherzare su Al Capone o su storie lontane da noi nello spazio e nel tempo” osserva il ricercatore, “ma la mafia siciliana, con vittime recenti e processi importanti ancora in corso, è una ferita aperta e non può diventare oggetto di ironia e  propaganda pubblicitaria. Personalmente posso dire che provo soddisfazione apprendendo dell'intervento del nostro Ministro degli Esteri, che ha dato mandato all'incaricato di affari a Vienna di sensibilizzare il Comune di Vienna e il Ministero dell'Economia austriaco su questi temi. Auspico che a questa mossa corrisponda un continuo impegno dello Stato italiano nel contrasto alla mafia e nell'accertamento delle responsabilità, per esempio nel processo sulla trattativa in corso a Palermo".
 
Difficilmente il trasloco annunciato da Don Panino a questo punto diventerà effettivo. E se qualche mese fa il locale lavorava solo con servizio a domicilio, da un paio di mesi anche le consegne erano sospese. La comunità italiana a Vienna ha trovato nel gruppo Facebook Italiani a Vienna lo spazio per confrontarsi e affrontare la questione, attaccando sia i media autriaci sia quelli italiani.

"In Italia ne stanno facendo un caso “internazionale” e la gente si sta indignando in questo modo solo perchè crede che i soliti crucchi se la stiano spassando sui morti di mafia, quando invece questi locali sono in mano ad italiani di primissima emigrazione" scrive Andu Taras. Morgne Vervex invita invece a "leggere i commenti dei lettori sulla stampa austriaca a proposito della vicenda Don Panino: neanche loro ci stanno capendo nulla, grazie anche all’ottima (ironicamente parlando) stampa austriaca”.

Un paio di interventi tirano in ballo anche il Partito Democratico e Sinistra e Libertà, il primo colpevole di aver pubblicato un articolo sul proprio sito istituzionale (a questo indirizzo) in cui parlava di scuse ufficiali partite dall'Austria, il secondo per aver rilasciato commenti di sdegno (come si può leggere a quest'altro indirizzo) senza essersi reso conto della proprietà italiana dell'attività. 

Insomma, più che un caso diplomatico, è un caso soprattutto mediatico.
 

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Andrea D'Addio

Andrea D'Addio, nato a Roma nel 1982 vive da marzo 2009 a Berlino da cui scrive di politica ed economia per Panorama e di cinema e musica per TuStyle, Io Donna e varie altre riviste comprese, ogni tanto, quelle tedesche (Bild am Sonntag, Welt Kompakt). Ha un blog di lifestyle berlinese, Berlino Cacio e Pepe ormai punto di riferimento per la comunità italiana in Germania ed una segreta, ma non troppo, passione per Philip Roth e Jeffrey Eugenides. La sua seconda passione è il calcetto, tanto che è allenatore e giocatore di una squadra berlinese più che mai melting pot.

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