Gigi D'Alessio: "Mi è venuta voglia di rap"
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Gigi D'Alessio: "Mi è venuta voglia di rap"

Capodanno a Napoli (tra gli ospiti, Fedez), un nuovo disco dal vivo registrato in giro per il mondo e una ricetta speciale...

ll caso De Magistris? Colpevoli o innocenti lo si è solo dopo tre gradi di giudizio. Questo, secondo me, deve valere per tutti, politici e non. Punto». Inizia dalle disavventure giudiziarie del sindaco di Napoli l’intervista a Gigi D’Alessio, pochi giorni dopo l’annuncio del concerto di fine anno che lo vedrà protagonista in piazza Plebiscito (lo spettacolo andrà onda su Canale 5) davanti a una platea oceanica. L’evento nell’evento, almeno dal punto di vista musicale, sarà la presenza sul palco (come ospite) di Fedez, rapper d’alta classifica, giudice di X Factor e artista di riferimento per almeno due generazioni di ragazzi.


L’incontro tra la melodia mediterrannea e le strofe in rima nate quarant’anni fa a New York nelle strade del Bronx. Due mondi inconciliabili, almeno in apparenza. «Non per me» spiega Gigi. «Fedez è bravissimo: lo dicono i dischi di platino che conquista ogni volta che pubblica un album. I testi del rap sono realistici, crudi e contengono tante verità. Gli autori che fanno questo genere, quasi sempre incazzati, hanno il grande privilegio di poter esprimere la loro incazzatura con tutte le parole che servono, non devono misurarsi, come me, con la metrica di una melodia precisa». Un approccio lirico che, secondo D’Alessio, non è inclinazione alla verbosità, ma puro talento.

«Stiamo parlando di artisti che sanno il fatto loro: prendete il freestyle, una sorta di gara tra due o più rapper che si sfidano a colpi di rime improvvisate. Non è facile, non è scontato. Ci vogliono grandi capacità e una rapidità di pensiero straordinarie». Che stesse per iniziare anche in Europa una stagione musicale nel segno della musica dei ghetti americani, Gigi lo aveva intuito prima di altri 14 anni fa, quando, nel finale di un brano intitolato Una notte al telefono decise di inserire a sorpresa una parte rappata. «Sentivo il bisogno di dire delle cose utilizzando quel mezzo espressivo. Mi sono divertito allora e mi piacerebbbe tornare a farlo oggi: se trovassi l’artista giusto con cui collaborare, non avrei esitazioni a cimentarmi sul serio con il rap».

Ecco come nasce dal nulla un hit firmato D’Alessio: «Creo al pianoforte, poi, con quella registrazione vado in studio e con il computer simulo tutti gli strumenti in modo da avere un’idea su come potrebbe suonare il pezzo. Se il risultato mi convince, chiamo i musicisti». C’è già qualcosa di nuovo nel cassetto? «Assolutamente no. Io non tengo mai brani nel cassetto. Quando inizio a comporre un disco, davanti a me c’è la pagina bianca. Io scrivo solo di quel che sto vivendo nel presente. Altrimenti, mi astengo».

A proposito di memorie e ricordi: Ora dal vivo è la testimonianza dell’ultimo trionfale giro di concerti in giro per il mondo. «Questo album è la prova che tutto quel che è successo è vero, che in tutto il mondo c’è un pubblico che canta le mie canzoni. Non credo esista in questa vita un modo per ripagare l’affetto che la gente mi ha regalato negli ultimi 20 anni» racconta prima di tornare al concerto di fine anno nella sua città: «Napoli mi abbraccia sempre come un mamma» dice. «Legata allo spettacolo di fine anno ci sarà anche un’iniziativa benefica per recuperare attrezzatture utili ai reparti di oncologia pediatrica della città».  


Napoli nel cuore, nella mente, e anche in una guida personalissima che si rivela un mini vademecum mirato ai sapori della tradizione partenopea: «Bastano due parole: pizza fritta: Quella vera si mangia in un locale chiamato La Masardona al quartiere Casenuove. Attenzione, è talmente buona che può dare dipendenza» chiosa ridendo. «Se poi venite a casa mia, ho un’arma segreta: appena le cozze messe a bollire si aprono, si fa rosolare il frutto in aglio, olio e peperoncino con un paio di pomodorini. Fondamentale aggiungere un po’ di alloro. A cottura terminata, si versa il sugo sulla pasta. Il tocco finale è una spolverata di pecorino. Credetemi, è una chiccheria».

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Gianni Poglio