I primi 60 giorni di Tsipras, tra promesse e realtà
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Economia

I primi 60 giorni di Tsipras, tra promesse e realtà

A due mesi dalle elezioni il futuro di Atene resta incerto. Ecco le promesse, cosa ha fatto e cosa ha ottenuto il premier greco

La vittoria

25 gennaio 2015. Tsipras saluta i suoi elettori in festa per la vittoria di Syriza, che diviene il primo partito di Grecia.Getty Images

Due mesi e nessun passo avanti definitivo. Questo è il risultato dei primi 60 giorni di governo di Alexis Tsipras. Il futuro della Grecia resta appeso a un filo, quello che unisce il Paese al programma di salvataggio negoziato con la troika composta da Fondo monetario internazionale (Fmi), Banca centrale europea (Bce) e Commissione europea. È stato questo il cuore dell'incontro avuto con Angela Merkel a Berlino. Alla fine, Tsipras è rimasto incendiario solo a parole. In due mesi ha promesso tanto, mantenuto poco e ottenuto ancora meno.

La troika

Una donna passa vicino a un graffito nel centro di Atene - 20 febbraio 2015ARIS MESSINIS/AFP/Getty Images

L’obiettivo principale di Tsipras e del suo ministro delle Finanze, Yanis Varoufakis, era quello di “cacciare la troika” dal Paese, come aveva più volte detto il titolare del Tesoro. Invece, da gruppo informale composto da Fmi, Bce e Commissione Ue, la troika ha cambiato due nomi nell’arco di due mesi, trovando anche un nuovo compagno di viaggio. Prima è diventata “Le istituzioni”, modo simpatico e carino per definire in modo politico chi ha in mano il debito ellenico. Poi, dato che questo termine poteva essere confuso più e più volte, si è deciso di chiamare la vecchia troika in un modo differente: Brussels Group. Il tutto con l’aggiunta del fondo europeo di stabilità finanziaria European stability mechanism (Esm). Saranno loro a dover controllare la corretta applicazione delle riforme che il Paese deve presentare entro il prossimo 27 marzo, quando ci sarà il prossimo vertice dei ministri finanziari dall’euro area. Se non ci sarà alcun passo in avanti, è possibile che venerdì prossimo l’agenzia di rating Moody’s tagli ancora il giudizio sulla Grecia, attualmente al livello Caa1 e in revisione per il downgrade. Un’altra tegola capace di ridurre la credibilità del Paese. 

Il programma di salvataggio

Il Presidente dell' Eurogruppo, il ministro delle Finanze olandese Jeroen Dijsselbloem, Christine Lagarde e Olli Rehn durante la conferenza stampa sulla crisi economica a Cipro, Bruxelles, 25 marzo 2013 (Credits: EPA /Olivier Hoslet)

Nuovo governo, nuovo piano per l’uscita del Paese dalla recessione. L’intento di Tsipras e Varoufakis era questo. A oggi, però, l’unica vittoria è stata l’estensione di quattro mesi del programma di salvataggio negoziato dal predecessore di Tsipras, Antonis Samaras. Le trattative con l’Eurogruppo guidato da Jeroen Dijsselbloem sono a un punto morto. O si trova un accordo entro la fine del mese o la Grecia rischia grosso sul fronte della liquidità. Privatizzazioni, riforma della pubblica amministrazione, introduzione del catasto, riforma del mercato del lavoro e dei capitali, rimozione delle barriere all’entrata in alcuni settori economici. Sono queste alcune delle misure richieste dalla troika, o meglio Brussels Group, alla Grecia. Prima a Samaras, poi a Tsipras. E non si potrà fare marcia indietro. Sarebbe troppo deleterio per la credibilità dell’eurozona, come ha sottolineato Goldman Sachs. 

Il rimborso dei prestiti

Il ministro delle finanze greco Yanis Varoufakis durante la conferenza stampa dopo l'Eurogruppo del 20 febbraio 2015EPA/STEPHANIE LECOCQ

Era una delle altre idee di Tsipras. Se non esiste più un programma di salvataggio, allora perché rimborsare i prestiti erogati tramite di esso? A rigor di logica può sembrare corretto. A rigor di fattibilità politica, è stato un suicidio. La percezione che i mercati finanziari hanno della Grecia, a oggi, è quella di un Paese senza speranza, senza crescita e con una classe politica poco credibile. Tutto questo si ripercuote sui mercati obbligazionari, dove Atene è stata (e continua a essere) sotto pressione. I prestiti, in ogni caso, continuano a essere rimborsati. Dopo i 340 milioni di euro ridati al Fmi nei giorni scorsi, il 9 aprile è previsto il rimborso di circa 466 milioni. Ma non solo. Fra il 14 e il 17 aprile ci sarà la redemption di 2,4 miliardi di euro in titoli di Stato a breve termine. Stesso discorso, ma ammontare più alto (2,8 miliardi di euro) per il periodo temporale compreso fra l’8 e il 15 maggio. Poi, sempre in maggio, ci sarà il rimborso di 779 milioni di euro al Fmi. Il mese peggiore sarà giugno. Primo, perché il 30 del mese scade l’estensione del programma. Secondo, perché è un mese di rimborsi. Da un lato, circa 1,6 miliardi di euro al Fmi. Dall’altro, redemption di titoli di Stato per circa 3,6 miliardi. E tutti dovranno essere rimborsati, senza sconti. Come ha ricordato la banca statunitense J.P. Morgan, se non si troverà un accordo durante l’Eurogruppo in programma l’11 maggio prossimo, il vertice successivo, previsto per il 15 giugno, potrebbe essere inutile. 

L’austerity

Una manifestante ad Atene con lo striscione "Sveglia!"Olycom

Tsipras e Varoufakis hanno posto l’accento dei loro primi 60 giorni di governo su un tema che sta molto a cuore dei cittadini greci in generale, ovvero le misure di consolidamento fiscale e razionalizzazione della spesa pubblica richieste dalla troika. Come hanno ripetuto sia Dijsselbloem sia il cancelliere tedesco Angela Merkel sia il ministro tedesco delle Finanze Wolfgang Schäuble, non si può tornare indietro. Per rendere sostenibile il Paese nel lungo periodo occorre completare il programma esistente, che prevede il raggiungimento di un surplus primario del 4,5% del Pil su base annua. E dire che la Grecia chiedeva un po’ più di spazio per misure ad hoc per la crescita economica, come un surplus primario dell’1,5 per cento. Come ha sottolineato Paul Donovan di UBS “a forza di domandare molto, hanno ottenuto poco”. A oggi, la Grecia non è nemmeno eligibile per il Quantitative easing della Bce. Delle due l’una: o Tsipras e Varoufakis presentano qualcosa di concreto, magari anche con una previsione dell’impatto macroeconomico delle riforme promesse, oppure lo stallo esistente porterà a un terzo programma di salvataggio entro la fine dell’anno. 

La crisi umanitaria

Un greco mascherato dal ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schaeuble con i mano una siringa grandissima con scritto AusterityANGELOS TZORTZINIS/AFP/Getty Images

Ancora una volta una promessa, ancora una volta una mezza vittoria. Tsipras e Varoufakis avevano chiesto, fin dal principio delle negoziazioni con i partner europei, il riconoscimento del fatto che in Grecia c’è prima di tutto una crisi umanitaria. E così è stato, come ribadito anche dal presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker. Infatti, proprio Juncker ha comunicato, la scorsa settimana, di aver sbloccato circa 2 miliardi di euro, reperiti da fondi europei non utilizzati negli anni passati, per garantire al Paese una sorta di stabilità finanziaria da qui a giugno. Il motivo è preciso. Sebbene Tsipras e Varoufakis continuino a ribadire che “il Paese non ha problemi di liquidità”, sono in calo le entrate tributarie, mentre aumentano le spese per il rimborso dei prestiti. Infatti, secondo Deutsche Welle, la copertura finanziaria per evitare il blocco della macchina statale è assicurata fino al prossimo 8 aprile. Oltre, e in assenza di nuovi fondi, la Grecia potrà non essere in grado di pagare stipendi e pensioni. Più tempo si perde, più la situazione del Paese si aggrava. 

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Fabrizio Goria

Nato a Torino nel 1984, Fabrizio Goria è direttore editoriale del sito di East, la rivista di geopolitica. Scrive anche su Il Corriere della Sera e Panorama. In passato, è stato a Il Riformista e Linkiesta e ha scritto anche per Die Zeit, El Mundo, Il Sole 24 Ore e Rivista Studio. È stato nominato, unico italiano, nella Twitterati List dei migliori account Twitter 2012 da Foreign Policy.

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