Grecia: il diritto di essere europei e il ricatto del nazional-populista Tsipras
Economia

Grecia: il diritto di essere europei e il ricatto del nazional-populista Tsipras

Chi negozia con Atene difende gli ideali che hanno fondato l'Europa. Davanti si trova un demagogo che tradisce i giovani e difende i privilegi

L'autrice è professore di Economia monetaria e fiscale alla Goethe university di Francoforte

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"Qui ad Atene noi facciamo cosi. Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza."

Una citazione di Alexis Tsipras? No, il discorso agli Ateniesi di Pericle, 461 a.C.

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Quando i negoziatori internazionali chiedono ad Alexis Tsipras (si veda il piano di Juncker su cui i Greci sono chiamati a votare nel referendum del 5 luglio) di riformare il settore pubblico per favorire il merito, di riformare il mercato del lavoro per rendere le contrattazioni più giuste garantendo un reddito minimo ai giovani disoccupati, stanno difendendo gli ideali che hanno fondato l'Europa.

Come tutti i populisti
Tsipras ha preferito riassumere 2000 persone addette alle pulizie nei palazzi del potere, anziché accettare la proposta dei negoziatori di educare ed assumere degli esperti di IT per creare un sistema computerizzato nelle amministrazioni pubbliche.
Non sorprende: tutti i governanti populisti vogliono elargire privilegi ad elettori con bassi livelli di educazione per poterli meglio controllare.

"Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono offesa”.

Le riforme, per la giustizia intergenerazionale
Neanche questo passaggio di Pericle è noto a Tsipras che non rispetta le leggi dell'Unione europea e gli accordi con chi gli ha concesso denaro, che rifiuta di riformare il sistema della giustizia - come gli chiedono i negoziatori - per garantire tutti nella difesa dei propri diritti: di riformare il codice civile, di riformare il sistema di raccolta delle tasse per combattere l'evasione fiscale e ridurre le ingiustizie o quando gli chiedono di riformare il sistema della pensioni per garantire la giustizia intergenerazionale (riforme non tagli di spesa). E intaccare i privilegi della generazione a cui è consentito di andare in pensione tra i 50 e i 59 anni, di fatto usurpando il diritto dei giovani ad avere un futuro.

Gli hanno rubato il futuro
Quei giovani che con un tasso di disoccupazione intorno al 50% si suicidano o entrano nelle spirali della droga perché gli hanno rubato il futuro.

Per capire i numeri di questo furto, si consideri che solo il 57% della spesa per le pensioni viene coperta con contributi (mentre il resto è coperta dallo Stato), che la percentuale di Greci nell’età tra i 50 e 59 anni che riceve una pensione (e in molti casi due pensioni) è quattro volte quello della media dell’Eurozona.

Giovani umiliati
Soldi questi che vanno a finanziare una classe di inattivi che elargisce soldi ai componenti più giovani della famiglia, di fatto umiliandoli.

Tsipras ha rifiutato di sostituire questi ed altri privilegi in favore di sussidi di disoccupazione per i giovani, redditi minimi per classi disagiate come chiesto dalla EU. Dati dell’OCSE dimostrano che il sistema di welfare greco, quello che Tsipras rifiuta di riformare, è il peggiore tra i paesi dell’OCSE quanto a efficacia nel ridurre la povertà e le disuguaglianze.

Ceto medio polverizzato
In riposta alla richiesta dei negoziatori di tagliare le spese militari (tanto care alla coalizione di Tsipras che include nazionalisti di estrema destra e raccoglie simpatie fra i fascisti di Alba Dorata), Tsipras preferisce aumentare le tasse sui redditi superiori a 30,000 euro, polverizzando il ceto medio, e alle imprese con guadagni superiori a 500,000 euro (di fatto le piccole e medie imprese) scoraggiando quindi investimenti e entrata di capitali (meglio non avere investitori stranieri potrebbero chiedere di riformare la corporate governance per renderla più trasparente).

Le verità scomode nascoste da Tsipras
Queste sono solo alcune delle tante verità scomode che il populista Tsipras non dice ai suoi connazionali. Così come non gli dice che sua e di Varoufakis è stata la scelta di lasciare i negoziati per chiamare un referendum manipolato (subito dopo Tsipras ha cambiato le regole per fare in modo che lui possa essere nei media per la quasi totalità del tempo che resta al voto, come riporta Kathimerini, sul suo sito web).

Lontano da Podemos, vicino a Milošević
Manos Matsaganis (un professore ad Atene ed Harvard, che si dichiara di sinistra) definisce così Syriza: una sinistra mutante, nazionalista e populista, più vicina ad Alba Dorata o all’etno-bolscevismo di Slobodan Milošević che allo spagnolo Podemos. 

Il narcisista Tsipras ha persone che lo sostengono e gli danno notorietà internazionale, fra di essi il comico Beppe Grillo o la giornalista Barbara Spinelli, che chiede alla EU di non imporre riforme ma di continuare a supportare finanziariamente Atene.

Peccato che i soldi con cui fino ad ora si è mantenuta la quasi intera economia greca (incluse le baby pensioni e le spese militari, in proporzione tra le più alte in Europa) siano quelli dei cittadini europei: di quel ceto medio che si alza la mattina per andare a lavorare, paga le tasse, rispetta le leggi e crede nell’Europa (quella vera, della generazione Erasmus come dice Renzi).

Da Tsipras insulti per gli europei
La risposta di Tsipras ai soldi elargiti dall'Unione europea (prestito della Troika per 240 miliardi, ELA della BCE per 89 miliardi, soldi elargiti tramite il sistema dei pagamenti Target 2, etc.) e ai cinque mesi di estenuanti negoziati è stata una sequela di insulti per tutti (i cinque presidenti Ue, ma anche paesi limitrofi come Italia e Spagna).

Ha instillato l'odio e il sospetto verso i concittadini europei dimenticandosi ancora di Pericle: "Noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo." Perché in fondo i ricatti di Tsipras limitano la libertà di tutti noi di essere Europei.

I 18 paesi europei vogliono la Grecia dentro l'area dell'euro: lo stanno dimostrando con tutte le loro forze, a dispetto di tutti i populismi e anche quelli degli intellettuali privilegiati.

Molti di noi sentono gratitudine per l'eredita culturale di quel paese e per la sua bellezza. Vogliamo una Grecia felice. Ma questo potrà avvenire solo se i Greci dimostrano al mondo di sapersi riformare nel rispetto dei principi che hanno tramandato: "[...] che ogni ateniese cresca sviluppando in sé una felice versalità, la fiducia in se stesso, la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la nostra città è aperta al mondo".

grecia crisi referendum
Louisa Gouliamaki /AFP /Getty Images
Anziani davanti alla Banca di Grecia. Atene, 29 giugno 2015

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Ester Faia

Nata nel 1973, laurea in Economia alla Bocconi e Ph.D. alla New York University, Ester Faia ha ricoperto diversi incarichi accademici e presso organismi internazionali. È professore ordinario alla Goethe University of Francoforte, senior fellow del Center for Financial Studies e research professor al Kiel Institute. È autrice di numerose pubblicazioni in qualificate riviste accademiche internazionali. Ha svolto incarichi per diverse banche centrali, centri di ricerca (tra i quali il CEPREMAP di Parigi e il Globalization Center della Dallas Fed) e università straniere. Ha ricevuto prestigiosi premi da istituzioni come l'Unione Europea, la Banca centrale europea e la Fondazione tedesca della ricerca. È consigliere di Buzzi Unicem dal 2012.

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