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Lo stato contro Fritz Bauer al cinema – La recensione

La vicenda del magistrato che fece catturare Adolf Eichmann in una battaglia solitaria nella Germania del dopoguerra. Tra i fantasmi del Terzo Reich

 “La Germania del miracolo economico è orgogliosa di essere la patria di Beethoven e Goethe. Ma è anche la patria di Hitler ed Eichmann e dei loro numerosi seguaci. Come ogni giornata comprende il giorno e la notte, anche la storia di un popolo ha le sue luci ed ombre”.

Così il procuratore generale Fritz Bauer, nella Francoforte fine anni Cinquanta, descriveva in una intervista  il paese che faceva da cornice alla sua ricerca di giustizia. Documento originale, materiale d’archivio col quale il regista Lars Kraume, italiano di nascita e tedesco di adozione, attività divisa fra cinema e tv, decide di avviare Lo stato contro Fritz Bauer (in sala dal 28 aprile), descrivendovi l’attività instancabile, persistente e ostinata di un uomo votato alla ricerca dei criminali nazisti sparpagliati nel mondo. Molti dei quali, peraltro, si annidano ancora nelle sfere della politica e della polizia sotto il governo Adenauer: come dimostrano non solo la resistenza del potere ad agevolare le indagini, ma anche ad ostacolarne, se non addirittura a sabotarne lo svolgimento.

Tra mille ostacoli

In questa dimensione si sviluppa e srotola la vicenda di Bauer (l’attore Burghart Klaussner, impeccabilmente complice, anche nella somiglianza fisica, della sua parte), illustrando la sua indagine per scovare Adolf Eichmann, ideologo e tra i maggiori responsabili della deportazione e dello sterminio degli ebrei nella Germania hitleriana. Aiutato da un giovane magistrato suo collaboratore (Ronald Zehrfeld), Bauer capisce presto che l’intelligence del suo paese gli negherà ogni appoggio, inceppando ad ogni passo l’inchiesta e costringendolo a rivolgersi al Mossad, i servizi segreti israeliani, per acciuffare il furfante che s’è rifugiato in Argentina.

Consegnato a Israele

Per Eichmann, una volta catturato, la Germania non chiede l’estradizione per via di una enorme combinazione di interessi economici internazionali: anche con Israele, dove il boia viene processato e successivamente impiccato nel 1962. Bauer muore nel ’68 e solo dopo la sua scomparsa verrà chiarito il suo ruolo nell’arresto del gerarca nazista.

Tra cronaca e storia

Il film è tutto qua. Piegato, se si vuole, al genere investigativo, ma vincolato all’impegno di fare, insieme, cronaca, Storia e tranche biografica, circoscrivendo l’esperienza del procuratore al suo successo più vistoso e contrastato. In effetti, sul piano stilistico del film non ci sarebbe molto da dire, se non che i suoi tratti sono precisi e lineari, l’esposizione assai disciplinata, il costrutto diligente. Insomma tutto al posto giusto, nulla di eccezionale o innovativo.

Gli ultracorpi nazisti

Eppure ci sono molti buoni motivi per apprezzare l’opera di Kraume. La profondità con la quale scava nel tessuto tedesco del dopoguerra, un paese in piena rinascita e con tali aspirazioni all’egemonia economica da guardarsi indietro con fastidio e riluttanza; il rilievo sull’invasione degli ultracorpi nazisti nelle strutture di vertice dello stato; e quello sulla condizione degli omosessuali nella Germania dell’epoca  (non solo lì, per la verità…), marchiati a fuoco e sottoposti a pesanti conseguenze di legge oltre che a pubblico ludibrio. Anche Bauer lo è, oltre essere ebreo. Figurarsi i livello di scherno, ingiurie, ricatti e minacce cresciuto attorno al suo lavoro.

Un caso tornato d’attualità

Altre due considerazioni. La prima riguarda  un paradosso: per completare la sua impresa di cacciatore Bauer è costretto a chiedere aiuto al Mossad, visto che le autorità del suo paese attuano un gioco di favoreggiamenti, renitenze e coperture omertose in favore dei nazisti rigenerati o latitanti. Ma per non aver coinvolto nell’azione lo Stato tedesco ed essersi rivolto  ad un’altra autorità nazionale pende su di lui l’accusa di alto tradimento. La seconda  è una semplice osservazione: in  un breve arco temporale questo è il secondo film a costruire un dramma giuridico sui fantasmi del Terzo Reich. L’altro è Il labirinto del silenzio, girato due anni fa da Giulio Ricciarelli, anche lui nato in Italia, cresciuto artisticamente in Germania, dove tra più numerosi aspetti, eventi e personaggi di finzione la figura di Fritz Bauer viene evocata e onorata nel contesto storico che le appartiene. Solo una coincidenza o una programmata rimozione di scheletri?

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Cinema distribuzione di Valerio De Paolis, Ufficio stampa Studio Punto e Virgola
Fritz Bauer (Burghart Klaussner) con il suo giovane magistrato collaboratore (l'attore Ronald Zehrfeld)

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Claudio Trionfera

Giornalista, critico cinematografico, operatore culturale, autore di libri e saggi sul cinema, è stato responsabile di comunicazione per Medusa Film e per la Mostra del cinema di Venezia

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