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WhatsApp, Instagram e Facebook, perché hanno smesso di funzionare

Disagi pesanti nei servizi multimediali della galassia di Mark Zuckerberg. Le possibili cause

Che il caldo matto abbia squagliato qualche server? Improbabile. Di certo è stato un pomeriggio di passione per gli utenti italiani di WhatsApp, Instagram e Facebook. Insomma, per quasi tutta la popolazione nostrana (e di vaste zone del mondo, dall’Europa al Sudafrica agli Stati Uniti). Il motivo? I principali servizi dei social network hanno smesso di funzionare o meglio hanno funzionato malissimo, soprattutto in relazione alla gestione dei file multimediali. Caricare una storia con il solito corredo di Gif, faccine esondanti emozioni e dintorni? Per tanti è stata una missione impossibile. Ogni tentativo di postare non andava a buon fine, sia collegandosi tramite la rete mobile che il Wi-Fi. E lo stesso è successo su WhatsApp, dove le foto inviate dagli amici diventavano improvvisamente inaccessibili al pari dei messaggi vocali. O su Facebook, su cui i soliti «mi piace» sono diventati ardui da dispensare. Il clic sul popolare pollice in su poteva restituire un errore, molti post con foto mostravano sulla bacheca solo l’introduzione scritta a parole.

La rabbia corre su Twitter

L’ira degli utenti è scoppiata su Twitter, che sembra ormai abbonato al ruolo di valvola di sfogo, di ruota di scorta quando gli altri social bucano e allora non resta altro rifugio per seminare frustrazione. Lo stesso Facebook, tramite un suo portavoce, ha ammesso il problema: «Siamo consapevoli che alcune persone e aziende stanno riscontrando difficoltà nell’uploadare o spedire immagini, video e altri file sulle nostre app». Alcune, nome collettivo riduttivo. E poi, la chiosa di circostanza: «Stiamo lavorando per far tornare le cose il più presto possibile alla normalità e ci scusiamo per qualsiasi inconveniente provocato».

Un’onda lunga

Insomma, poco oltre l’ammissione di ciò che era già palese ai più e la promessa di metterci una pezza in fretta. Ma per una volta la colpa non dovrebbe essere endogena alla galassia di Mark Zuckerberg, che tra password messe a repentaglio dall’imperizia degli impiegati e scandali assortiti, ha smarrito quell’aura di totale affidabilità, di capacità di rimanere online a ogni costo e in qualunque circostanza. O meglio, almeno non dovrebbe essere tutta colpa sua. Il down potrebbe essere l’onda lunga di quanto sta accadendo alla società di sicurezza e prestazioni web americana Cloudfare.

Cloudfare, abbiamo un problema

Il colosso statunitense, che accantonando qualsiasi umiltà si vanta di «fare in modo che internet funzioni come dovrebbe» ha avuto più di un intoppo. Legato a sua volta, pare, a disservizi del provider di telecomunicazioni Verizon. Insomma, quella in corso più che uno scaricabarile sarebbe una reazione a catena, che prima ha fatto sparire dai browser servizi e siti gettonatissimi come BuzzFeed, Medium e Soundcloud. E ora starebbe dando grattacapi a «Fbcdn», il Facebook content distribution network, il sistema che regola il traffico di foto e video nell’ecosistema dell’azienda californiana. Affetta, è bene ribadirlo, non tanto da problemi di accessibilità, perché tutte le piattaforme sembrano funzionare regolarmente, ma da difficoltà nelle operazioni di carico e scarico di contenuti multimediali. Abbastanza comunque per provocare ansia e rabbia degli utenti. E dimostrare quanto la parola scritta, sui social, sia passata di moda.

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Marco Morello

Mi occupo di tecnologia, nuovi media, viaggi, società e tendenze con qualche incursione negli spettacoli, nello sport e nell'attualità per Panorama e Panorama.it. In passato ho collaborato con il Corriere della Sera, il Giornale, Affari&Finanza di Repubblica, Il Sole 24 Ore, Corriere dello Sport, Economy, Icon, Flair, First e Lettera43. Ho pubblicato due libri: Io ti fotto e Contro i notai.

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