In Italia “i bambini sono una specie in via di estinzione”. Gli ultimi dati Istat sentenziano senza appello che il nostro Paese detiene la maglia nera della natalità in Europa . Colpa del welfare per le famiglie che fa acqua da tutte le parti, ma anche di fattori culturali.
In Italia la spesa pubblica per servizi alla famiglia, compresi gli aiuti in denaro di fornitura di servizi e di agevolazioni fiscali, è l’1,3% del PIL. In Francia è circa il 3,02%. In Europa solo Spagna e Grecia spendono meno dell’Italia. E se si va a fondo nei numeri, la cosa non cambia. L’Italia destina solo lo 0,15% del PIL a interventi per la primissima infanzia. Ne consegue che solo il 12,7% dei bambini da 0 a 3 anni frequenta un asilo nido. Un dato molto lontano dall’obiettivo del 33% fissato per i paesi europei a Lisbona per il 2010.
La carenza del welfare per la famiglia in Italia genera una serie di conseguenze allarmanti. In particolare le esigenze di donne e bambini sono all’ultimo posto dell’attenzione dello Stato. In Europa in quanto a basso tasso di fecondità ci batte solo Malta. La media di figli per donna oggi è di 1,4, contro l’1,6 della media Eu, in cui svetta la Francia con il suo 2.
Ma perché in Italia si fanno sempre meno figli? E’ solo una questione economica o c’è dell’altro? E, soprattutto, si può intervenire per modificare questa situazione allarmante? Panorama.it ne ha parlato con Giovanna Rossi, docente di sociologia della famiglia presso l’università Cattolica di Milano e direttrice del Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia , e – prima ancora – In Italia è un caso raro, essendo nonna di dieci nipotini.
Professoressa Rossi, la condizione dell’Italia in termini di natalità è davvero così grave?
La situazione della natalità in Italia delinea uno scenario allarmante. I bambini sono in estinzione. I dati sono impressionanti. Nel 2031 il numero degli adulti italiani che vivranno da soli è di 8,7 milioni e 6,4 milioni di coppie non avranno figli. Siamo davanti a un processo che è davvero molto preoccupante e ci troveremo presto a dover fronteggiare un panorama di generale invecchiamento e di solitudine. Nel 2041 la fascia di età più rappresentativa nella società sarà quella dei settantenni.
Perché in Italia non si fanno più bambini?
Le cause del calo della natalità sono sia di ordine culturale che strutturale. Ci sono problemi legati al mercato del lavoro, che richiederebbe misure più flessibili per i genitori (a cominciare dal part-time per le mamme e i congedi parentali) e poi mancano gli aiuti economici a sostegno delle famiglie. Ma non possiamo sottovalutare i motivi di ordine culturale che sono alla base di questo fenomeno e che derivano da uno stato di disaffezione, di sfiducia nei confronti della famiglia. In sostanza, sempre più individui credono che avere una famiglia non sia un vantaggio. Avere un figlio comporta dei cambiamenti di vita impegnativi. Spesso ci si trova in situazioni difficili, si creano legami forti che richiedono molto impegno e se non si ha fiducia nella famiglia, allora decresce anche la volontà a impegnarsi. La nostra è una cultura che sottolinea la centralità dell’individuo, quindi da tante persone la famiglia viene percepita come un vincolo, non come un vantaggio.
Quindi non è solo una questione di sostegno economico, ma qualche aiuto in più gioverebbe o no?
Certamente. A giugno 2012 abbiamo presentato il Piano nazionale di politiche per la famiglia, elaborato con tutti gli altri Paesi europei. Il Piano (che potete leggere qui ) prevede una serie di interventi espliciti per le famiglie ed evidenzia tre aree urgenti dove è necessario intervenire: le famiglie con minori a carico, le famiglie con disabili e anziani e, infine, le famiglie che vivono situazioni di particolare disagio, come il problema delle tossicodipendenze. Quello che il Piano prevede è una serie di interventi che non sono puramente assistenziali, ma che rendono le persone in grado di essere indipendenti. Purtroppo, però, dal 2012 a oggi il piano è rimasto nel cassetto.
E perché?
Perché non è stato messo in agenda dalla politica, per questo è rimasto nel cassetto. Nessun ministro o dirigente politico ha ritenuto prioritaria la necessità di adottare il Piano. Anche perché – e questo vorrei sottolinearlo – purtroppo il dibattito sulle politiche famigliari in Italia si è incistito su uno scontro ideologico che vede in prima linea i cattolici. Ma il Piano è rivolto ai genitori e i genitori possono essere anche conviventi. Nel Piano d’azione elaborato a livello europeo non ci sono caratteristiche ideologiche. La rivalutazione della famiglia è una battaglia comune a tutta la società, non appartiene solo a chi è credente.
Ma se questo Piano venisse adottato, le previsioni drammatiche per i prossimi anni cambierebbero?
Al momento, stando così le cose, quei numeri non cambiano. Ma adottare il Piano nel cassetto ci darebbe la possibilità di osservare qualche cambiamento in positivo e non essere destinati nel prossimo futuro a incontrare per strada solo anziani, perché i bambini italiani si sono estinti.
