Anche in Toscana è iniziata la vendemmia
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Anche in Toscana è iniziata la vendemmia

Come ogni anno a settembre si vivono giorni di festa e speranza per il raccolto. Ecco tre grandi aziende che hanno avuto un ruolo importante per lo sviluppo del vino e del loro territorio

Come ogni anno a settembre si vivono giorni di festa e di speranza per il raccolto che rappresenta il lavoro di un anno. I ritmi frenetici e i profumi inebrianti della vendemmia sembrano aver fatto dimenticare, almeno per un attimo, questi mesi difficili. Non penso che il 2020 verrà ricordato per i suoi vini, non perché non saranno di ottima qualità, tutt'altro, ma perché le notizie tristi e uno stile di vita rivoluzionato lasceranno talmente tanto il segno da non permettere altre distrazioni.

Ma i vini proveranno a rendere il ricordo meno amaro. Questi sono giorni di sudore e fatica, di caldo cocente, di respiri affannati e notti insonni, ma anche di tante risate, di condivisione di collaborazione vera e sincera; giorni magici in cui si intrecciano rapporti umani che vanno oltre il semplice lavoro. La cantina si risveglia dopo un anno di pace e tranquillità, con le botti intente a coccolare i vini. Ora si respirano i profumi intensi del mosto che inizia a bollire, inebria, elettrizza l'aria e travolge, entusiasmando tutti.

Per i nostri grandi vini sarà un'ottima annata, l'uva forse è in quantità un po' inferiore all'anno scorso ma quello che è importante è che sia di ottimo livello e dal Chianti al Brunello si sognano grandi vini da punteggi a 5 stelle. Un anno di lavoro di tante persone in questi giorni trova il suo compimento e tutti si impegnano duramente e con passione affinché ogni singolo sorso regali delle belle emozioni.

Ecco tre grandi aziende toscane che hanno avuto un ruolo importante per lo sviluppo del vino e del loro territorio:

Il Castello di Fonterutoli

Di proprietà della famiglia Mazzei dal 1435, oggi è alla 25esima generazione alla guida di questa storica realtà toscana. 650 ettari di cui 117 di vigneti specializzati che danno grandi vini pluripremiati. L'architetto Agnese Mazzei ha disegnato una delle più belle cantine del Chianti Classico, che rientra nel circuito di Toscana Wine Architecture, un circuito di 14 cantine di eccellenza e di design, firmate dai grandi maestri dell'architettura contemporanea. Veri e propri templi del vino progettati da nomi come Mario Botta, Renzo Piano e Tobia Scarpa. La cantina di Mazzei sfrutta tre principi: uso della gravità nel trasferimento delle uve e del vino per non stressare la materia prima, impiego di micro vinificazioni per seguire le peculiarità delle singole parcelle vitate, controllo naturale della temperatura nella barriccaia per rispetto delle fonti energetiche e ridotto impatto ambientale. Lapo Mazzei afferma: «Il chianti classico ha nella figura del Gallo Nero un marchio riconosciuto e riconoscibile in tutto il mondo, negli ultimi anni ha fatto un grandissimo lavoro di miglioramento della sua percezione, un lavoro di qualità e di eccellenza ed il mercato sta rispondendo molto bene, dobbiamo portare non solo il vino ma anche la sua storia in tutto il mondo e far scoprire l'unicità del nostro territorio e della nostra cultura».

Banfi

L'industria del lusso del vino è Banfi con 850 ettari vitati e 10 milioni di bottiglie prodotte solo a Montalcino e vendute in oltre 90 paesi. Questa è una delle cantine simbolo dell'enologia italiana che nel 2017 al Vinitaly ha avuto il riconoscimento di miglior «Cantina dell'anno». Banfi ha puntato tanto sul concetto di sostenibilità, essendo profondamente convinti che il successo deve andare di pari passo con il rispetto e l'armonia per l'ambiente e il benessere delle persone. Proprio per questo l'azienda ha messo a punto un processo integrato che tiene conto di tre fattori imprescindibili: ogni azione deve risultare socialmente equa, sicura per l'ambiente e al contempo realizzabile economicamente.

Come dice il direttore generale Enrico Viglierchio «Non è la dimensione dell'azienda che indica la qualità, il fattore dimensione vuole dire poco, è come essa viene interpretata, ci sono pregi e difetti; è importante come un'azienda riesca a massimizzare i pregi e minimizzare i difetti. Il vino è fatto di odori, profumi, sentori, ma questa è la soglia minima. Il vino rappresenta anche cultura, storia, tradizione, esperienza umana: è questo quello che noi comunichiamo. La qualità oggettiva deve essere data per scontata. » quella soggettiva, la personalità l'espressività di un prodotto legato al suo territorio di origine, che sono i veri valori aggiunti del vino ed è questo quello che noi comunichiamo quando spediamo un vino nel mondo. Noi raccontiamo questo in 90 paesi del mondo. Il ruolo storico di Banfi è stato quello di portare il mondo a degustare questi vini a Montalcino nel suo territorio di origine».

Col d'Orcia

L'azienda biologica più grande della Toscana, con 520 ettari di cui 150 di vigneti che ne fanno il terzo produttore di Brunello di Montalcino. Storica azienda che fu addirittura dei Tolomei, famiglia nobile senese, tra le aziende fondatrici del consorzio del Brunello, conosce la sua svolta nel 1973 con il passaggio alla famiglia Cinzano. Il Conte Marone Cinzano negli anni '70 fu uno dei primi a imbottigliare un rosso, da uve di Sangiovese, da bere tutti i giorni. Di lì a breve molte altre aziende di Montalcino intrapresero questa strada fino al 1984 quando nacque il Rosso di Montalcino DOC. E nel 1992 il figlio del Conte Marone Cinzano, Francesco, assume la presidenza dell'azienda e punta sul biodinamico.

Il Conte Francesco Maroni Cinzano spiega: «Col d'Orcia è discendente insieme al Poggione di un'antica fattoria di Sant'Angelo, che risale al Medioevo, precisamente al 14 sec, quando era proprietà della famiglia senese, la più potente dell'epoca, i Tolomei, aveva 32 poderi e rendeva bene perché pagava tasse importanti alla Repubblica di Siena. Poi nel 1973, mio padre arrivò a Montalcino quando era nelle statistiche italiane uno dei comuni più poveri d'Italia! Pensate quanta strada si è fatta in poco più di mezzo secolo. Col d'Orcia ha contribuito negli anni 70/80 alla diffusione e alla notorietà del Brunello di Montalcino in Italia e all'estero perché in quegli anni solo un produttore di Montalcino aveva una struttura commerciale completa».

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Federico Minghi