Forse il governo si sveglia. Sileri apre alle cure domiciliari
Cure domiciliari a Somma Vesuviana il 27 novembre 2020 (Getty Images).
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Forse il governo si sveglia. Sileri apre alle cure domiciliari

Il sottosegretario alla Salute inizia a capire che la strategia attendista finora praticata per il Covid è ormai diventata insostenibile.

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A oltre un anno dallo scoppio della pandemia, le cure domiciliari non sono ancora decollate. Ma qualcosa si muove. Dopo il via libera del Piemonte all'idrossiclorochina, altre regioni, come Lombardia e Molise, si preparano a seguirlo. E intanto, a livello nazionale, il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri sembra interessato a un cambio di strategia.

Dopo 12 lunghi mesi in cui tutti si sono riempiti la bocca di parole come «medicina territoriale» e «cure domiciliari», il trattamento del Covid è rimasto una prerogativa degli ospedali. E, per i pazienti a domicilio, le raccomandazioni sono ancora le stesse: «tachipirina e vigile attesa».

Ma qualcosa sta cambiando. Alle ore 15 del 10 marzo, alcuni esponenti del Comitato cura domiciliare Covid, un gruppo di medici e cittadini che si è mobilitato su Facebook, hanno incontrato al ministero della Salute Pierpaolo Sileri per oltre un'ora e mezzo. Obiettivo del facia a faccia: ottenere un cambio di strategia. «Abbiamo chiesto di poter trattare la maggior parte dei pazienti Covid nelle loro case, con uno schema ragionevole, basato sulle evidenze di ormai un anno di cure domiciliari» spiega il dottor Andrea Mangiagalli, fondatore del gruppo Medici in prima linea e membro del Comitato scientifico del Comitato cura domiciliare. «Aver avuto un contatto istituzionale così elevato segna un cambio di passo, nel senso che qualcuno comincia a capire che la strategia attendista finora praticata non è più sostenibile».

Al ministero, il dottor Luigi Cavanna ha esposto a Sileri la sua esperienza di oncologo che a Piacenza ha assistito i pazienti Covid a domicilio. L'avvocato Erich Grimaldi ha segnalato la quantità di persone abbandonate a casa senza alcun sostegno, che chiedono aiuto ai medici del gruppo Facebook da lui fondato, che ormai ha quasi 200.000 iscritti.

Nel corso dell'incontro, si legge in una nota, «il Comitato ha dato ampia disponibilità affinché uno dei medici del gruppo, come il professor Luigi Cavanna, possa essere incluso in un tavolo di lavoro istituzionale. Il sottosegretario Sileri ha ascoltato con attenzione e a breve darà al Comitato un riscontro sulla possibilità di collaborare con i medici del territorio e ridisegnare un modello virtuoso di approccio tempestivo alla malattia del secolo».

Motivo? Risponde Pietro Luigi Garavelli, primario della Divisione di Malattie infettive dell'Ospedale maggiore della Carità di Novara: «Sempre di più stanno aumentando le evidenze su tutta una serie di farmaci che hanno efficacia nella cura di Covid: dall'idrossiclorochina (efficace nelle fasi iniziali della malattia) all'invermectina (efficace anche nelle fasi avanzati e nel long Covid), fino ai monoclonali. Sempre più di frequente la ricerca sta mettendoci a disposizione tutta una serie di armi».

Garavelli aggiunge un'osservazione: «Chi ha lavorato in Malattie infettive in epoca Aids sa che, man mano che uscivano i nuovi prodotti, questi erano rapidamente utilizzati sui pazienti. Con il Covid questo non succede. In altre parti del mondo questi farmaci, che non saranno la pillola magica risolutiva ma hanno una certa efficacia, sono da tempo utilizzati. Invece da noi niente».

Quello a cui punta il Comitato Cura domiciliare è un cambiamento delle linee guida per il trattamento precoce dei pazienti Covid altamente sintomatici. «Le linee attuali» spiega Mangiagalli, «prevedono una gestione terapeutica prevalentemente ospedaliera. Oggi non ci sono linee guida che consentano con ragionevole sicurezza il trattamento a domicilio. Quelle esistenti danno più limitazioni che suggerimenti. Speriamo che Sileri indichi, d'accordo con il ministro Roberto Speranza, nuove linee guida, che però dovranno poi passare al vaglio degli organi tecnici. Quello sarà il vero scoglio».

La palla passerà dunque in mano ad Agenas, l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari. «Sarà quest'organo tecnico, assieme ad Aifa, a stilare in modo definitivo le eventuali nuove linee guida» sottolinea Mangiagalli. Ma il direttore generale di Agenas non è Domenico Mantoan, l'ex presidente dell'Agenzia del farmaco che ha sempre osteggiato l'idrossiclorochina? «Esatto. Lì ci sarà una battaglia di carattere scientifico e anche politico» prevede Mangiagalli.

Ma i maggiori movimenti in atto per le cure domiciliari avvengono a livello regionale. Come ha preannunciato Panorama lo scorso 16 dicembre, la Regione Piemonte ha dato il via libera all'idrossiclorochina. Modificando le sue linee di indirizzo sulle cure domiciliari, l'assessore alla Sanità Luigi Genesio Icardi ha fatto una delibera regionale in cui suggerisce ai medici di prendere in considerazione anche l'utilizzo del farmaco antimalarico per il trattamento del Covid.

Non solo. «Tre mesi fa» aggiunge il dottor Garavelli, «il Veneto ha introdotto un protocollo di terapie domiciliari che affida tutto ai medici di base, consentendo loro di dare indicazioni terapeutiche ai pazienti sintomatici in fase precoce». E il 10 marzo, il Molise ha seguito a ruota. Il commissario ad acta della Regione, Angelo Giustini, ha dichiarato di essere «favorevole ai principi enunciati nella proposta al fine di supportare a distanza pazienti positivi, sintomatici, attraverso una adeguata assistenza a domicilio». Uno schema terapeutico, che prevede la prescrizione sotto controllo medico e in presenza di determinati sintomi anche dell'idrossiclorochina, verrà inviato a tutti i medici di famiglia molisani, affinché lo prendano in considerazione e lo adottino in scienza e coscienza.

La prossima Regione sarà la Lombardia. Secondo quanto risulta a Panorama, il presidente della Commissione Sanità Emanuele Monti si è impegnato a sottoporre al Consiglio regionale lombardo, dopo averla sottoposta all'assessore Letizia Moratti, una direttiva simile a quella del Piemonte, con cui la Regione inviterà a valutare la possibilità di utilizzare altri strumenti di cure domiciliari, basate anche sull'esperienza che viene dai territori. Pur non volendo interferire con il Comitato tecnico-scientifico regionale su temi a loro estranei, i politici lombardi vogliono insomma lanciare un richiamo forte ai medici sulle terapie domiciliari.

Piemonte, Molise, Veneto, Lombardia... Ed è solo l'inizio: «Sul tema cure domiciliari stanno lavorando anche in Abruzzo» anticipa l'avvocato Grimaldi. «E poi arriveranno altre regioni». Conclude il dottor Garavelli: «Indipendentemente dall'uso dei farmaci, lasciando ampia discrezionalità al medico di medicina generale, quattro regioni italiane si stanno orientando sull'approccio aggressivo delle cure domiciliari precoci».

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Elisabetta Burba