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Workation, quando il lavoro è anche una vacanza

Workation, quando il lavoro è anche una vacanza

Città europee dalle mille attrattive e i costi abbordabili, luoghi remoti però con una connessione affidabile. La grande tentazione per l’autunno è un nomadismo digitale provvisorio: si svolge il proprio dovere (work) in viaggio (vacation), regalandosi tempo libero di qualità. Senza prendere un solo giorno di ferie.


Se lo smart working significa lavoro intelligente, tanto vale fare un salto di qualità e renderlo geniale. Come? Andandolo a svolgere da un’altra parte, in un contesto decisamente più stimolante della propria abitazione, lontano dalla solita routine. Provando a spostarsi in una città straniera o in una regione italiana mai visitata prima; rifugiandosi in campagna, tra le montagne, nei paraggi di qualche spiaggia fuori stagione.

È lavoro che sa di vacanza. È una «workation», fusione di «work» e di «vacation», per usare un termine, molto di moda, che sintetizza questo ibrido: si rispettano le scadenze, si partecipa alle riunioni online, ma – a seconda della meta – si passeggia in un bosco in pausa pranzo, si prova un ristorante tipico per cena, prima di esplorare un quartiere sconosciuto. Senza chiedere un singolo giorno di ferie.

Non è la solita retorica del mollare tutto e partire per chissà quanto, piuttosto un nomadismo digitale compresso e provvisorio, compatibile con le politiche della propria azienda e la luna storta del proprio capo, maniaco del presenzialismo alla scrivania. È una formula valida nei dintorni del fine settimana, per una manciata di giorni alla volta. Lo conferma lo specialista dei pagamenti AirPlus International che, elaborando milioni di transazioni legate ai voli, ha rilevato un aumento delle partenze al venerdì. Sarebbero legate proprio al «bleisure», altra etichetta anglofona che fotografa l’incrocio di business e leisure, di affari e svago. In generale, i voli delle compagnie low cost alla mattina prestissimo, al netto del trauma del risveglio, sono preziosi alleati: le tariffe si mantengono più basse e, nel breve raggio, si atterra con ampio margine per essere connessi quando inizia il proprio turno.

Quando le vacanze estive sono un nostalgico ricordo, ecco trovato l’antidoto, la tendenza perfetta per l’autunno: l’osservatorio «Future Travel Behaviours» della società di consulenza EY sottolinea che il 36 per cento degli europei sta prendendo in considerazione una «workation», specie tra le generazioni più giovani, che magari si accontentano di una sistemazione spartana, una stanzetta scovata su Airbnb, in cambio di tempo libero di qualità. L’operazione, d’altronde, non deve provocare infarti al conto in banca.

Il gruppo The Social Hub, che in Europa ha una rete di 16 strutture in cui poter alloggiare e lavorare, ha stilato la classifica delle 10 migliori città dove conciliare dovere e piacere: Barcellona, bellezze turistiche e opportunità per la vita notturna a parte, è la preferita per tanti fattori, dalla disponibilità degli spazi di coworking alla velocità ubiqua della connessione a internet. Tra le più economiche Valencia e Saragozza, sempre in Spagna, assieme a Bucarest in Romania e Cracovia in Polonia, che vanta una rapidità media del wi-fi superiore ad altre mecche dell’evasione come Amsterdam e Berlino. Dove il lavoro è agile, nel senso che si spegne il pc e si va con passo atletico da un’altra parte, magari in un club alternativo o in un negozio di design.

Parigi è altrettanto irresistibile, ma poco abbordabile economicamente e meno amichevole con i lavoratori in trasferta. Nella capitale, negli ultimi mesi, tanti storici caffè hanno deciso di vietare l’uso dei computer ai tavolini perché rovinerebbero l’atmosfera. È ammesso scrutare il distratto andirivieni passeggiante, non concentrarsi su uno schermo. O forse, viene da pensare con malizia, gli smart worker occupano per troppe ore degli spazi che potrebbero accogliere nuovi clienti paganti. Fatto sta che, come ha raccontato il quotidiano Libération, parecchi avventori sono stati sfrattati con spietatezza per un ticchettio di troppo.

Se la città è una scelta comoda per i servizi, la logistica e le attrattive fuori dagli orari d’ufficio, la montagna è il posto giusto per dormire nell’assoluto silenzio, mangiare sano, riempirsi i polmoni d’ossigeno e gli occhi di bellezza, tra un documento da finire e una presentazione da completare. Senza più il timore di rimanere offline: in Alto Adige, per esempio, sono nate strutture ad hoc, pienamente compatibili con una «workation», come l’hotel Ama Stay, nell’abbraccio delle Dolomiti: offre spazi di coworking suddivisi su 2 piani con 15 postazioni fisse, un’area aperta con tavolo comune che propizia nuove conoscenze, cabine su prenotazione dove isolarsi. Resta da chiedersi se siamo messi così male da avere davvero bisogno di cambiare orizzonte sin da subito. A quanto pare, la risposta è spesso affermativa: secondo un nuovo studio condotto su 1.300 italiani da GoodHabitz, piattaforma internazionale per la formazione aziendale, il 70 per cento di un campione di impiegati tra i 25 e i 65 anni sarebbe alle prese con situazioni di stress da ufficio, un 13 per cento lo avrebbe sperimentato in modo forte. Ecco che, per alleggerire il peso del lavoro, si può provare a scioglierlo dentro una vacanza, a viverlo da un’altra prospettiva.

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