Il settore Ricerca e sviluppo delle Forze armate, nonostante investimenti limitati, è all’avanguardia nella messa a punto di equipaggiamenti innovativi. E questi trovano spesso impieghi civili – come nel contrasto alle discariche abusive della criminalità o in ausili medici – con ricadute importanti per l’economia.
Il nome in codice è «Tempesta d’acciaio». Lo scorso ottobre si è svolta in Puglia una maxi esercitazione con truppe italiane e del Qatar. La brigata Pinerolo ha impiegato unità a 250 chilometri di distanza fra loro collegandole con Forza Nec (Network enabled capabilities), un progetto per il soldato e le guerre del futuro, che sono già realtà. La brigata è la punta di lancia della digitalizzazione sul campo di battaglia, che permette la condivisione di dati e informazioni a ogni singolo soldato e la dotazione di equipaggiamenti innovativi. Un programma di 22 miliardi di euro in 25 anni, affidato a Selex sistemi di Leonardo, azienda leader nell’industria della Difesa, che coinvolge anche Iveco e l’ex Alenia confluita in Mbda, il consorzio europeo specializzato in missili e tecnologia avanzata.
Quest’anno le Forze armate avranno a disposizione una coperta meno corta del solito per gli investimenti. Nel 2021, comprese le risorse del ministero per lo Sviluppo economico, è previsto uno stanziamento fra i 6,8 e 7,2 miliardi di euro, in crescita rispetto ai 5,4 dell’anno scorso e ai 4,3 del 2019. La parte del leone riguarda gli ammodernamenti dei sistemi d’arma. Il settore Ricerca e sviluppo (R&S) è un po’ la Cenerentola con 50,1 milioni di euro.
«Proprio in questo momento bisognerebbe investire di più nella R&S, altrimenti si rischia di perdere il treno dell’innovazione tecnologica» afferma Giovanni Martinelli, analista del settore Difesa. Armi laser e ipersoniche, computer quantistici, intelligenza artificiale a cominciare dal «machine learning» applicato a sistemi robotici anche letali che agiscono in autonomia sono le nuove frontiere. «Per non parlare della cyber-sicurezza, del dominio spaziale e delle biotecnologie di grande attualità in tempo di pandemie, che possono trovare applicazioni nel campo civile» sottolinea Martinelli. «Il momento è decisivo per investire nella ricerca e sviluppo della Difesa, altrimenti rischi di perdere il treno dell’innovazione tecnologica».
Le ricadute sull’economia nell’ottica della rinascita post pandemica sono importanti. Un aumento del 10 per cento della R&S militare sostenuta dal governo genera un aumento del 5-6% nella R&S finanziata privatamente nei settori di riferimento come telecomunicazioni, trasporti, sanità. «L’Italia può prendere esempio da Israele e Stati Uniti per velocizzare la transizione digitale grazie all’aiuto delle forze armate» è convinto l’avvocato Marco Nicolini, partner dello studio legale internazionale Orrick. Negli Usa il 30% degli scienziati e ingegneri che lavorano nella ricerca e sviluppo in campo privato operano in settori collegati ad attività militari. Nicolini ricorda che «nell’ottobre 2020, l’allora sottosegretario del dipartimento della Difesa, Michael Kratsios, ha annunciato l’assegnazione di risorse pari a 600 milioni di dollari destinate a finanziare contratti con 15 diversi appaltatori per eseguire test e valutazione di tecnologie 5G in cinque installazioni militari negli Stati Uniti».
Nell’esercito italiano le tecnologie d’avanguardia sono già realtà. All’estero sono stati testati i mini droni Raven, che nel nostro Paese servono per individuare le discariche abusive nella Terra dei fuochi. Sono l’evoluzione delle camere termiche, che permettono di «vedere» al buio intercettando i migranti illegali in arrivo dalla rotta balcanica. I radar terrestri Ranger vengono utilizzati per intercettare gli ordigni lanciati contro i cantieri della Tav. Per il soldato del futuro si sta sperimentando la trasmissione wireless dei dati vitali, un sistema avanzato che avrà sviluppi anche nel mondo civile.
Israele e la sua «Silicon wadi», nell’area costiera di Tel Aviv ad alta concentrazione di aziende tecnologiche, è l’esempio concreto del connubio fra Difesa e privati. Uno dei trait d’union è il programma Talpiot, spiega Nicolini, che «recluta i migliori giovani israeliani di tutto il Paese direttamente dalla scuola e combina il loro servizio militare con un’educazione scientifica e ingegneristica». Talpiot ha messo a punto la nuova tecnologia bellica utilizzata per distruggere i tunnel di Hamas a Gaza durante l’ultima offensiva delle settimane scorse.
«Ci sono attualmente più di 4.000 imprese hi-tech che operano in Israele, molte delle quali ricavano le loro idee dall’esperienza bellica» fa notare Nicolini. Come l’Ocram Technologies Ltd che sfrutta la tecnologia legata all’intelligenza artificiale di origine militare per sviluppare prodotti mirati per chi ha perso la vista, gli ipovedenti e con altre menomazioni fisiche. Tra gli altri esempi: il Gps, ormai di comune uso commerciale, era nato per una maggiore efficienza dell’esercito americano in battaglia.
Un settore «duale», ma stavolta al contrario, con i militari che usano le innovazioni civili, sono le reti 5G. Oggi applicate ai telefonini, serviranno alla guida dei missili ipersonici, che viaggiano cinque volte più veloci del suono. E ancora, l’Italia con la rete satellitare Cosmo-SkyMed prevede frane e alluvioni, coordina i soccorsi in caso di terremoti o incendio, e controlla anche dall’alto le aree di crisi per scopi militari. Nel documento programmatico della Difesa per il 2020-2022, presentato al Parlamento, si sottolinea che «l’unica via percorribile è quella degli investimenti nei settori ad alta tecnologia, che attraverso robuste fasi di ricerca e sviluppo possano portare a prodotti innovativi e competitivi in una corretta prospettiva duale, con ritorni economici e crescita dell’occupazione altamente qualificata».


