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Elon Musk, l’uomo dal futuro

Elon Musk, l’uomo dal futuro

Per qualcuno è il massimo genio dei nostri tempi, con in più una visione politica. Secondo altri è un «furbo 2.0» e per giunta di destra. Di sicuro Mr. Tesla è un imprenditore visionario che rende reale quello che sogna, portando tecnologie evolutive nello spazio, nel cervello, ovunque.


E chi l’avrebbe mai detto che Elon Musk sarebbe diventato in un colpo l’idolo non soltanto della destra americana, ma anche di quella italiana? Ospite d’onore di Atreju 2023, la festa di Fratelli d’Italia, il geniale azionista di Tesla nonché fondatore di SpaceX, a metà dicembre è salito sul palco con l’ultimo dei suoi 11 figli (dall’incredibile nome X Æ A-12) e da lì ha lanciato il suo messaggio agli italiani: «Fate più bambini, o la vostra cultura scomparirà». Parole che hanno fatto pensare che Musk condivida la «grande teoria della sostituzione», cioè la tesi – censurata come orridamente razzista dalla sinistra benpensante – che intravvede nelle potenti ondate migratorie contemporanee lo strumento di un intenzionale sommovimento globale, teso alla decadenza dei bianchi europei attraverso l’annientamento (e la «sostituzione») delle loro radici culturali e religiose.

Del resto, a incasellare Musk nella destra estrema, nei giorni di Atreju, ha contribuito la stessa sinistra nazionale. L’ex leader dell’Ulivo Romano Prodi ha mostrato uno strano astio ideologico per il dovizioso imprenditore sudafricano (secondo Forbes, Musk resta l’uomo più ricco del mondo, con 254 miliardi di dollari), e con la tipica spocchia moralistica della sua parte l’ha relegato tra gli «impresentabili» accanto al capo di Vox, Santiago Abascal, fino a rimproverare a Giorgia Meloni e ai suoi di averlo chiamato a Roma: «Se volete Musk o Vox come interlocutori» ha detto Prodi, «vuol dire che vivete in un mondo diverso, e allora statevene nel vostro mondo diverso». Ora, con buona pace di Prodi, è vero che Musk può non risultare simpatico. Ascoltarlo, però, resta un’opportunità rara proprio per chi voglia comprendere il mondo di oggi e soprattutto di domani.

Anche perché, a 52 anni, è l’uomo che con il suo genio e partendo dal nulla, in un decennio o poco più, è riuscito a sostituirsi alla Nasa americana, ha lanciato in orbita quasi 300 missili e guida la ricerca spaziale mondiale. Per cogliere la sconvolgente capacità innovativa di SpaceX, basta osservare per due minuti le incredibili evoluzioni dei suoi colossali «Falcon» al ritorno nell’atmosfera, quando fermano i razzi per voltarsi, poi passano alla discesa in retromarcia, estraggono quattro «zampe» metalliche e infine atterrano al rallentatore. È vero che in novembre il nuovo missile «Super Heavy Starship» alto 122 metri (quasi due volte e mezza la Torre di Pisa) è esploso al decollo: dopo tutto, però, è anche il vettore più grande della storia, e ha l’ambizione di sbarcare su Marte, scaricandovi carichi per tonnellate. SpaceX ha aspetti rivoluzionari, ma ancora non basta per spiegare che cosa giri nella testa di Musk. Né basta ricordare quanto precoci siano stati i suoi primi passi, visto che a soli 12 anni, nel 1983, era riuscito a creare un videogioco, Blastar, e a venderne il codice per 500 dollari. Il suo genio è sempre stato multiforme. Dopo due lauree in economia e fisica prese contemporaneamente, nel 1995 Musk aveva fondato Zip2, una società di guide cittadine online che in 12 mesi aveva già raccolto 3 milioni.

Quattro anni dopo aveva iniziato a mostrare un’insana passione per la lettera X e aveva fondato la banca online X.com, primissima base di PayPal, l’applicazione che oggi domina gli acquisti online. Nel 2002 PayPal era poi stata ceduta a eBay per 1,5 miliardi, e per la sua quota Musk aveva incassato 165 milioni. La grande galoppata è cominciata lì. Nel 2003, a 32 anni, Musk ha investito 70 milioni in Tesla, un’azienda di auto elettriche, e in vent’anni l’ha trasformata in un colosso globale da 83 miliardi di fatturato. È vero che Tesla ha ancora qualche difettuccio, se lo scorso 13 dicembre ha dovuto ritirare due milioni di vetture per problemi di sicurezza (che comunque attengono a una novità futuribile come il «pilota automatico») ma da otto anni Forbes la piazza in testa alla classifica mondiale delle società più innovative. Per non parlare di Starlink, la società di telecomunicazioni fondata nel 2015 da Musk: tre anni dopo aveva messo in orbita i suoi primi 60 satelliti, oggi ne controlla 5.011 e nel 2024 saranno settemila. Quanto possa essere strategica la rete satellitare di Starlink è emerso con l’invasione russa dell’Ucraina, nel 2022, quando Musk ha messo a disposizione di Kiev i suoi occhi spaziali, potenti e inattaccabili, che hanno creato indicibili danni alle forze armate di Mosca.

Tanto che lo scorso ottobre, quando Musk ha offerto Starlink alle organizzazioni umanitarie attive nella Striscia di Gaza, Israele gliel’ha impedito per paura che cadesse in mano ai terroristi di Hamas. Certo, Musk è anche un uomo contraddittorio. Del resto anche il settimanale Time, pur proclamandolo «Uomo dell’anno» nel dicembre 2021, si diceva incerto se classificarlo come «genio o pagliaccio, provocatore o visionario, industriale o uomo di spettacolo», e aggiungeva che «di certo è un miliardario, ma forse un mascalzone». Le ultime ricerche di Musk sull’Intelligenza artificiale, in effetti, fanno davvero paura. Neuralink, la società di neuro-tecnologie che ha fondato nel 2016 a Fremont, in California, s’è specializzata nelle interfacce neurali. Per anni ha sperimentato microchip, impiantandoli nel cervello di migliaia di topi e scimmie, e nell’aprile 2021 ha reso pubblico il video di un primate che gioca con un videogame usando il solo pensiero.

Lo scorso maggio, dopo anni di risposte negative, Neuralink ha ottenuto dalla Food and drug administration il via libera alla sperimentazione sugli esseri umani. Così è iniziato il reclutamento dei volontari, e a fine novembre erano già migliaia. Musk ora ha annunciato che le prime operazioni chirurgiche avverranno nel 2024: il chip verrà installato dietro l’orecchio e da lì partiranno sottilissimi elettrodi, inseriti nel cervello. Le persone coinvolte saranno 22 mila entro il 2030. Il fine dichiarato da Neuralink è indubbiamente positivo: i ricercatori si propongono di restituire il movimento a chi l’ha perso per una malattia o un incidente. Ma i rischi connessi all’alterazione neurologica restano inesplorati. L’informatica applicata al cervello dell’uomo potrebbe condizionarne la libertà di scelta ed esporlo a condizionamenti esterni, trasformandolo nel robot senz’anima dei peggiori incubi della fantascienza. Eppure queste paure, oggi, non sembrano sfiorare né Musk, né i suoi scienziati. Non l’avevano fatto nemmeno nel 2015, del resto, quando il miliardario aveva deciso di co-finanziare la nascita di OpenAI, la società californiana che poi ha sviluppato ChatGPT, la prima applicazione d’Intelligenza artificiale lanciata sul mercato un anno fa.

Ancora una volta, però, Musk, s’è mostrato contraddittorio. Perché già nel 2018 era uscito dall’azionariato di OpenAI, dichiarando di non condividere i rischi dell’Intelligenza artificiale. E lo scorso marzo, quando ChatGPT iniziava a furoreggiare sui mercati mondiali, Musk ha proposto «una moratoria di sei mesi agli esperimenti nell’Intelligenza artificiale» per valutarne i pericoli. Quando poi è stato evidente che la pausa era impossibile, tra marzo e luglio Musk ha intrapreso una folle corsa contro il tempo e – ancora una volta dal nulla – ha fondato Xai: l’azienda ha già prodotto la sua applicazione, Grok, che cerca di fare concorrenza a ChatGPT. Fra tutte le «creature» di Musk, comunque, quella più politicamente rilevante è X: così l’imprenditore ha ribattezzato Twitter, il social network dopo averlo acquistato per 44 miliardi nell’ottobre 2022. Garantendo una serie d’impegni ideali anch’essi ben poco di sinistra, Musk aveva giurato che la «sua» piattaforma avrebbe garantito libertà di parola a chiunque, reintegrando chi fosse stato bandito per motivi di censura: a partire da Donald Trump, l’ex presidente che Twitter aveva sospeso nel gennaio 2021 per l’accusa di aver dato sostegno agli assalitori del Campidoglio. Musk aveva spiegato che il suo obiettivo era «creare una piazza digitale dove discutere senza divisioni violente», eliminando il rischio della «polarizzazione» tipicamente indotta dall’algoritmo dei social network. Anche questa idea piace alla destra americana, che nelle grandi spaccature sociali e nell’odio ideologico indotti da movimenti estremisti alla Black lives matter, o dalla «Cancel culture», intravvede lo zampino della propaganda cinese e russa.

Da allora, per oltre un anno, Musk in effetti ha continuato la sua lunga marcia verso destra. Di recente ha perfino accusato il filantropo George Soros, nume della sinistra globale, di essere «il principale finanziatore del Partito democratico, e uno che odia l’umanità». Peccato che la nascita sudafricana non permetta a Musk di candidarsi alla Casa Bianca. Da uno come lui l’America avrebbe potuto accettare chissà quali innovazioni. Magari avrebbe anche cambiato il nome alla storica residenza: dopo tutto, Palazzo X non sarebbe male.

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