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Cresce il digitale in Italia, ma servono interventi strutturali e legislativi

Cresce il digitale in Italia, ma servono interventi strutturali e legislativi

Marco Gay, Presidente di Anitec-Assinform, l’Associazione di Confindustria che raggruppa le principali aziende dell’ICT ha presentato i dati del mercato digitale italiano del 2022 spiegando cosa servirebbe per il 2023 (ed il futuro)

È stato presentato ieri a Roma, il rapporto “Il Digitale In Italia 2023”, la pubblicazione annuale sull’andamento del digitale in Italia di Anitec-Assinform l’Associazione di Confindustria che raggruppa le principali aziende dell’ICT, in collaborazione con NetConsulting cube. Le evidenze emerse nella relazione mostrano come nel 2022 il mercato digitale ha fatto registrare una crescita del 2,4%, per un valore complessivo di 77,1 miliardi di euro, con andamenti differenziati tra i diversi segmenti che mostrano un trend di crescita degli investimenti in digitale delle piccole e medie imprese italiane ma più lento rispetto alle grandi. Infatti nel 2022 c’è stato un incremento del 2,5% per le piccole imprese, del 4,1% per le medie e del 5,9% per le grandi. Inoltre l’analisi geografica del mercato digitale italiano identifica le Regioni del Nord Ovest e del Centro come aree caratterizzate da una maggiore capacità di spesa in tecnologia, rappresentando quasi il 62% della spesa complessiva.

Una crescita del mercato digitale di cui abbiamo parlato con Marco Gay, Presidente di Anitec-Assinform, l’Associazione di Confindustria che raggruppa le principali aziende dell’ICT.

«Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da eventi eccezionali e inattesi: la pandemia e lo scoppio del conflitto in Ucraina hanno portato con sé, da un lato, misure straordinarie come il Next generation EU, dall’altro l’aumento dei costi dei prodotti energetici, la crescita dell’inflazione e il rialzo dei tassi. Un contesto complesso al quale ogni giorno famiglie e imprese fanno fronte erodendo la voce investimenti nei bilanci. Dobbiamo spingere su interventi anticiclici, portando avanti le riforme e le politiche pubbliche che consentano all’innovazione di fiorire, in un contesto competitivo, dando spazio ai giovani e ai loro talenti. La combinazione di più tecnologie digitali e di una maggiore velocità dell’innovazione rispetto al passato sta disegnando un’industria completamente diversa, che vedrà filiere e Supply Chain sempre più connesse e circolari. Fondamentale è il ruolo abilitante dei Digital Enabler nel trasformare produzione e processi, nel creare nuovi modelli di business, sfide competitive, come pure nuovi mercati. Non a caso stiamo assistendo a dinamiche a doppia cifra nella crescita di Digital Enabler e Transformer: dal Cloud Computing, alle piattaforme di Cybersecurity, alle soluzioni di Big Data management, essenziali per organizzare e gestire l’architettura del patrimonio informativo di imprese e istituzioni pubbliche e pertanto presupposto per l’adozione di strumenti per l’analisi evoluta e la valorizzazione dei dati, tra cui spiccano soluzioni di Intelligenza Artificiale e Blockchain».

Qual è stato l’andamento del mercato digitale?

«Il mercato digitale ha consolidato nel 2022 una crescita del 2,4%, con un valore complessivo di 77,1 miliardi di euro. L’aumento più rilevante ha riguardato i Servizi ICT (+8,5% e 14,8 miliardi di euro), sostenuto principalmente dai servizi di Cloud Computing e di Cybersecurity. Andamenti particolarmente positivi si sono avuti nel segmento dei Contenuti e Pubblicità Digitali (+6,3% e 14,5 miliardi di euro) e in quello del Software e Soluzioni ICT (+6,2% e 8,6 miliardi di euro). Il mercato relativo a Dispositivi e Sistemi ha evidenziato una netta inversione di tendenza dopo la crescita consistente registrata nel 2021. Infatti, nel corso del 2022 ha subito un calo dell’1%. È infine proseguito il trend negativo dei Servizi di Rete TLC (-2,7%). Se la tendenza positiva del mercato digitale è chiara permangono tuttavia criticità, primi fra tutti la carenza di competenze digitali e l’eterogeneità nella diffusione delle tecnologie tra classi dimensionali di impresa e tra territori. La sfida per la digitalizzazione delle PMI è agli inizi ma il piano nazionale di transizione 4.0 e il PNRR costituiscono in tal senso delle opportunità significative. Proprio l’utilizzo delle risorse stanziate dal PNRR, insieme al contesto economico internazionale, rappresentano due fattori significativi che influenzeranno l’immediato futuro del mercato digitale».

Cosa dovrebbe fare il Governo?

«Sicuramente è il momento in cui si deve ripartire costituendo un piano di politica industriale 5.0 perché oggi il programma 4.0 è andato scemando e questo sono tre e anni e mezzo che lo sappiamo, ossia che saremmo arrivati ad un supporto degli investimenti nell’albo del 20%. Da questi numeri si comprende che non è un investimento strategico ma è un mantenimento che non invoglia le imprese che già stanno investendo a continuare ad investire di più».

Quali sono le prospettive?

«Sicuramente nei prossimi mesi con la Legge di Bilancio ci aspettiamo e stiamo dialogando perché ci sia un piano industriale 5.0 nel futuro di questo Paese. Da un’altra parte invece c’è il tema del Pnrr dove parte di queste risorse potrebbero essere utilizzate per spingere questa rivoluzione che ha tre punti di forza industriale quali la crescita delle nostre industrie a livello nazionale ed internazionale, una forza sociale nella pubblica amministrazione e le persone che vengono coinvolte in questa impresa».

Quali sono i benefici per del piano industriale 5.0?

«Sicuramente ci sarà un incremento dei posti di lavoro, insieme ad un miglioramento della qualità dei servizi della pubblica amministrazione perché nonostante le Pa abbiano iniziato a fare sforzi titanici per la digitalizzazione dei processi, sono ancora indietro. Basti pensare alle anagrafi, ai servizi per le imprese, ma anche al fascicolo sanitario e alla telemedicina, è tutto poco digitalizzato. Un mercato che nel 2025 avrà un valore di quasi 2,5 miliardi di euro il che comporterà un impatto molto forte sull’economia ma anche sulla qualità della vita dei cittadini che potranno beneficiarne, ad esempio con la medicina di precisione ed evitando le ore di coda agli sportelli per avere un certificato».

Quali sono i tempi di realizzazione previsti?

«Non è un previsione facile da fare, ma ci auguriamo che a partire dalla prossima Legge di Bilancio ci sarà una visione quinquennale e strategica. Dal 2016 ad oggi come imprese abbiamo investito circa 80/90 miliardi di euro. Sono risorse importanti per continuare a competere ed il ragionamento che voglio sottolineare è semplice il 5.0 non ci serve per investire ma è necessario per investire di più».

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