Scene intime riprese dalle telecamere come armi di ricatto. Conversazioni private intercettate dagli altoparlanti intelligenti disseminati tra le stanze. Termostati libertini, serrature impazzite, allarmi schizofrenici. I pericoli un po’ comici di un’abitazione hi-tech.
Fuori fa un caldo insensato. È uno di quei giorni dall’umidità insopportabile, in cui l’afa non concede un istante di tregua. L’unico desiderio è tornare a casa, accendere il condizionatore in modalità Polo Nord, smaltire i bollori della strada. Peccato che la temperatura non si abbassi, il termostato si rifiuti di fare il suo dovere: lo si imposta al minimo, quello vola al massimo. Lo si spegne, lo si riaccende, la dinamica folle si ripete: metti 20 gradi, ne impone 27; azzardi un algido 18, schizza a un torrido 32. E dire che è un modello di ultima generazione, comandabile anche da una app sul telefonino. Soldi buttati, viene da pensare.
Il termostato ribelle non è guasto, né ha dato di matto. L’azienda che fornisce l’elettricità ha il potere di controllarlo a distanza, di limitare gli eccessi di consumo nei momenti di picco di richiesta energetica. Non è una distopia di sapore assolutistico, ma la norma in alcuni Stati americani come il Texas. Dove la temperatura è regolabile per decreto, di norma in una forbice di 4 gradi, a volte a livelli poco sostenibili per gli anziani. Non a tutti gli utenti, giusto a chi si è dotato di un prodotto smart controllabile a distanza. E non solo, pare evidente, dal suo accaldato proprietario. Il New York Times, commentando il fenomeno, ha visto realizzarsi la profezia della serie tv degli anni Sessanta The outer limits, in cui forze esterne prendevano possesso dei televisori. Alieni, o poco ci manca.
In Italia non siamo (ancora) arrivati a tanto, ma la casa intelligente, più che il suo lato arrogante, ha già svelato quello subdolo. «Abbiamo ricevuto varie segnalazioni di violazioni di telecamere per la sicurezza domestica, che hanno catturato momenti di intimità privatissimi, come il consumo di stupefacenti o addirittura sesso con animali. Le immagini sono state intercettate dai pirati informatici e spedite ai soggetti ripresi, chiedendo loro un riscatto affinché non fossero rese pubbliche» racconta serissimo Antonio Fiorito, direttore del dipartimento di sicurezza offensiva di Innovery, multinazionale italiana specializzata in cybersecurity. «Il nostro consiglio è resistere, non pagare mai. Si parte con poche centinaia di euro, se si abbocca una prima volta le pretese salgono perché, implicitamente, si conferma di essere preoccupati dalla possibile diffusione di quei filmati». Facile a dirsi, meno a farsi: come vi sentireste all’idea di essere taggati in una scena di nudo esagitato che vi vede inconsapevoli protagonisti? Ci vuole un cuore impavido o una smisurata incoscienza per rispondere: «Fate pure».
Secondo gli ultimi dati dell’osservatorio Internet of things del Politecnico di Milano, il mercato della smart home valeva 650 milioni di euro a fine 2021, in crescita del 29 per cento rispetto a dodici mesi prima. Soprattutto, metà degli italiani ha in casa almeno un oggetto evoluto, che oltre a manovrare luci e prese elettriche, ad avviare un brano o la lavatrice con la voce, espone l’abitazione a rischi inediti. Ad assalti che prima restavano limitati a computer e telefonini. «Abbiamo documentato registrazioni dei discorsi degli abitanti di una casa tramite gli speaker connessi a internet. Autentiche intercettazioni poi riassemblate per creare “deep fake” audio, delle finte telefonate» avverte Gastone Nencini, country manager italiano del colosso della sicurezza informatica Trend Micro. La scena, per capirci, è questa: il pirata di turno intrufola il suo grande orecchio nel salotto dell’amministratore delegato, del direttore finanziario, del contabile di una società qualunque. Ruba frasi innocue, taglia e cuce le parole trasformandole in ordini vocali che trasmette ai suoi dipendenti: «Trasferisci i fondi a questo conto». Oppure: «Fai subito un bonifico a Tizio». Difficile rifiutare l’ordine diretto di un superiore.
«I nuovi attacchi» commenta Nencini «hanno il solito vecchio scopo: far soldi. Con la diffusione dello smart working, le case sono diventate un’inedita porta d’accesso al perimetro aziendale. Per questo motivo, gli episodi si sono moltiplicati». E si prestano a derive tra il comico e il paradossale: «Un vicino arrabbiato, un amante deluso, chiunque ci vuole male, può ingaggiare un hacker per chiuderci fuori o dentro casa se abbiamo installato una serratura che si sblocca con il telefonino. Può accendere e spegnere le luci di continuo o disattivarle lasciandoci al buio, far ordinare al frigorifero moltitudini di cose che non ci servono, pagate con la nostra carta di credito» elenca implacabile Nencini, dipingendo i confini di un’angoscia orwelliana che fa rimpiangere i classici dispetti da dirimpettai, le telefonate anonime, gli scherzi al citofono nel cuore della notte. La preistoria del sadismo, il teppismo dell’era analogica.
Antonio Fiorito di Innovery allunga la casistica dei tormenti procurati da un appartamento sapientone: «In un’abitazione era stato installato un antifurto molto sofisticato. Gli attaccanti, per giorni, hanno fatto scattare i sensori di proposito, lasciando che partisse l’allarme». Un incubo, una sirena dietro l’altra, una sequela di trapani nel cervello. Finché l’inquilino, esausto e molestato, ha preso un appuntamento per la riparazione: «Nell’attesa, per ritrovare la quiete, ha disattivato tutto il sistema. E i ladri hanno potuto svaligiare l’appartamento indisturbati. Se avessero spento loro l’antifurto, al proprietario sarebbe arrivata una notifica».
Già, ma come difendersi? I consigli sono i soliti, peccato li si ignori nemmeno fossero insulti sacrileghi: aggiornare il software del router e dei vari gadget connessi, come si fa con il computer o le app sul telefonino. Cambiare la password predefinita, sostituirla non con la propria data di nascita, ma con una sequenza di almeno 12 lettere e numeri, meglio con qualche segno d’interpunzione nel mezzo. Una per ogni oggetto. L’impresa sarà ricordarle. Ogni violabilità, d’altronde, si riduce a una sintesi tra l’ingenuità dell’intelligenza artificiale e la pigrizia o la furbizia umana.
È una macchia che si estende ai contatori di ultima generazione, quelli che hanno pensionato la lettura porta a porta e trasmettono le informazioni al fornitore dell’energia: «Possono essere compressi o manomessi. È abbastanza semplice, lo scopo è risparmiare sulla spesa per l’elettricità» dice Fiorito. Non spiegheremo come fare, è un reato in piena regola. Un costume che, in parte, ci definisce. Racconta come siamo. Negli Stati Uniti hanno la casa smart che, con qualche ingerenza, taglia i costi in bolletta. Da noi, per raggiungere lo stesso scopo, si ricorre al sabotaggio.