JUNNY è un artista caleidoscopico.
Ogni volta che lo si ascolta, lo si osserva sul palco o lo si guarda all’opera in studio, si scopre qualcosa di nuovo. La sua arte non assume mai una forma definitiva: si trasforma di continuo, riflettendo mille sfumature diverse a seconda del punto di vista da cui la si contempla.
Quando lo abbiamo incontrato per la prima volta, ci aveva detto di considerarsi come una tela bianca, ancora tutta da dipingere. Oggi quella tela ha assorbito colori, texture e strati di esperienza che raccontano la storia di ciò che è diventato. Non è più immacolata, ma vissuta, segnata dal tempo e dal percorso che lo ha condotto fin qui. E non c’è nulla di negativo in questo cambiamento—anzi, ogni traccia aggiunge profondità, ogni pennellata lo rende ancora più unico.
Dopo il suo show a Milano insieme a Jay B dei GOT7, lo abbiamo incontrato per un’intervista esclusiva. JUNNY è tornato con nuova musica e un nuovo progetto: [96]. Un lavoro profondamente personale, intriso di ricordi—romantici e introspettivi—che raccontano il passato. Due brani che esplorano la nostalgia, la crescita e il fluire del tempo. Il singolo principale, POV, ne racchiude perfettamente l’essenza: un’onda emotiva che mescola giovinezza, sentimento e riflessione su ciò che è stato.
Ecco cosa ci ha raccontato.
Com’è iniziato il 2025 per te? C’è qualcosa che ti ha sorpreso o ispirato finora?
“Sì, decisamente. È stato un inizio d’anno intenso. Sono finalmente tornato in Italia, di nuovo a Milano, ed è stato bellissimo potermi esibire ancora. Con me c’era anche Jay B, che è rientrato ed è ora parte dell’agenzia—sta facendo tantissimo per noi, e anche per me personalmente. Penso che porti un’energia fortissima a tutto ciò che sta per arrivare. Quest’anno sono davvero entusiasta di pubblicare nuova musica. Sono tornato con un nuovo singolo, composto da due tracce, e credo che sia solo l’inizio, un’anteprima di ciò che verrà. Sono molto felice.”
Oltre a questo singolo, i fan possono aspettarsi altra musica a breve?
“Sì, assolutamente. Come sai, lavoro costantemente a nuovi progetti, cercando di capire cosa voglio condividere e godendomi il processo creativo. I fan possono aspettarsi qualcosa che suonerà familiare, ma al tempo stesso mi piace superare i miei limiti ed esplorare nuove sonorità. Spero che siano entusiasti quanto me.”
Hai appena pubblicato un nuovo singolo. Com’è stato lavorarci?
“È stato fantastico. Molto divertente, ma anche sperimentale. Volevo raccontare qualcosa di personale—i pensieri che mi attraversano mentre continuo a fare musica in Corea. Spero che gli ascoltatori possano sentirsi vicini a ciò che racconto, ma allo stesso tempo volevo pubblicare qualcosa che avesse un significato profondo per me. 96 contiene due tracce: una è per me, l’altra è per i fan. Era questo il concept che volevo seguire. Il titolo 96 si riferisce al mio anno di nascita e riflette il mio punto di vista di ragazzo cresciuto in Canada, figlio di immigrati e in una famiglia della working class. I miei genitori erano sempre fuori per lavoro e spesso mi sentivo solo. Ora vivo in Corea, circondato da persone, amore e attenzione, ma a volte quella solitudine sembra ancora più forte. Non è qualcosa di triste, però. Anzi, traggo energia dal mio passato—è un’occasione per riflettere e guardarmi indietro. Tutto questo volevo racchiuderlo nella canzone, e 96parla proprio di questo.”
Una visione davvero interessante. Possiamo aspettarci un tour?
“Sì, partirò molto presto. Ovviamente vorrei tornare anche qui in Europa, soprattutto in Italia, e fare un altro concerto. Sarebbe fantastico. Stiamo lavorando duramente per renderlo possibile e spero davvero che succeda. E poi altri tour ancora. Dopotutto, che cos’è la vita di un artista senza i concerti? Viviamo per quello—ci nutriamo dell’energia dei fan, ed è proprio quella che ci ispira a creare nuova musica. È fondamentale.”
Guardando alla tua discografia, c’è una canzone che ha un significato speciale per te?
“Penso che cambi ogni volta che pubblico un nuovo brano. Di solito, l’ultima uscita è sempre la mia preferita. Ma in fondo, la canzone che ha segnato davvero un punto di svolta è Thank You. È quella che ha dato inizio a tutto per me—mi ha fatto notare, non solo dagli ascoltatori ma anche da chi lavora nella mia agenzia. Persino questa persona qui accanto mi ha scoperto grazie a quella canzone. È uno di quei brani che mi hanno davvero permesso di inseguire i miei sogni. Spero di poter continuare a scrivere canzoni così, che riescano a toccare il cuore delle persone e a farmi proseguire questo percorso.”
È stata la tua seconda volta a Milano. Cosa aspettavi di più da questo ritorno?
“L’architettura, l’atmosfera. È un posto meraviglioso da visitare, e mi piacerebbe tornarci il più spesso possibile. E poi, naturalmente, è bellissimo rivedervi—era passato un po’ di tempo.”
I tuoi live riescono sempre a creare un legame profondo con il pubblico. Ieri sera tutti erano entusiasti di vederti sul palco. Come ti prepari per offrire performance così coinvolgenti?
“Il mio obiettivo è sempre quello di regalare al pubblico lo spettacolo migliore possibile. È un privilegio incredibile sapere che ci sono persone che vengono a vedermi cantare e suonare. Il minimo che possa fare è restituire quell’amore. Mi ricordo sempre che devo mettere in scena qualcosa che valga il loro tempo e il loro denaro. Parlando realisticamente, è così, no? E poi c’è la musica stessa—metto così tante emozioni in ogni canzone che scrivo, e voglio trasmettere quella stessa intensità al pubblico. È la cosa più importante.”
Quando ci siamo conosciuti, ci avevi detto di sentirti come una tela bianca. Ora sembri in pieno Technicolor. Ti senti ancora così, o qualcosa è cambiato?
“Penso che le mie radici siano ancora lì, in quella tela bianca. Ma più che parlare di colori, direi che si tratta di texture. Ho sviluppato una pelle più spessa.”
Quindi la texture della tela è cambiata—ora assorbe i colori in modo diverso.
“Esattamente. È ciò che sono diventato, ed è così che voglio restare. Spero di riuscire a portare alla luce colori che nessuno ha mai visto prima.”