Era il 25 agosto del 1975 quando Born to run arrivò nei negozi. Coprodotto da Springsteen con il manager Mike Appel e il producer Jon Landau, Born to run, inciso a New York, rappresentava l’ultima scommessa del rocker dopo che i primi due album, pur apprezzati dalla critica, erano stati un mezzo flop.
Spesso, quando si ricostruisce la genesi di Born to run, si sottolinea la volontà di Springsteen di ricreare nelle sue canzoni il leggendario “wall of sound”, il marchio di fabbrica del produttore newyorkese Phil Spector (Beatles, Ike & Tina Turner, Ronettes, John Lennon, Ramones, George Harrison).
Il “wall of sound” era una tecnica di registrazione che consisteva nel creare un sound ricco, denso e stratificato, che riempisse l’intero spettro sonoro. Spector era abilissimo nell’ottenere questo effetto registrando molteplici strumenti che suonavano all’unisono la stessa parte musicale (chitarre, pianoforti, sezioni di fiati e archi), sovrapponendoli su più tracce.
Fatta questa premessa, il risultato finale fu un album eccezionale, otto canzoni senza tempo (la title track, Thunder Road, Backstreets, Tenth Avenue Freeze-Out, giusto per citarne alcune) che ridefinirono il rock made in U.S.A di quegli anni, quaranta minuti di musica ispirata e indimenticabile. La fine del sogno americano sullo sfondo e il pathos dell’interpretazione sono le due architravi su cui si regge il disco. Springsteen fotografa la frustrazione della gente comune nel contesto di un’economia in difficoltà e di una speranza sempre più flebile, riflettendo sul crescente divario tra l’ideale dell’american dream e la vita reale della working class.
In occasione del cinquantesimo anniversario di Born to run la Sony ha pubblicato Lonely Night in the park, all’epoca presa in considerazione per essere inclusa nell’album, ma poi esclusa dalla tracklist finale.
