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Beatrice Rana: la pianista italiana il cui tocco magico sta incantando il mondo

Beatrice Rana: la pianista italiana il cui tocco magico sta incantando il mondo

“Bach supera distinzioni di genere creando una musica assoluta. Non narra una storia né descrive nulla. Ma può aprirsi a squarci di humour e tuffarci in abissi di tristezza”

Ecco come Beatrice Rana, una delle pianiste più acclamate a livello internazionale, apprezzata per la sua sensibilità artistica e il virtuosismo tecnico, sintetizza in poche splendide righe, l’immensa arte del compositore forse più grande di tutti i tempi.

Un orgoglio italiano tutto al femminile. Leccese, mamma e papà musicisti, inizia a suonare il pianoforte da piccolissima; il suo talento è talmente palese che a nove anni si esibisce già in pubblico.

Il 21 marzo è uscito il suo nuovo album “BACH KEYBOARD CONCERTOS. BWV 1052 1053 1054 1056”, prodotto dalla Warner Classics, dove, accompagnata dall’orchestra d’archi Amsterdam Sinfonietta interpreta  Johann Sebastian Bach, trasformando le note in un dialogo intimo e innovativo, in un perfetto connubio fra tradizione e contemporaneità.

Beatrice, perché la scelta di Bach?

Bach  è un compositore che mi è sempre piaciuto molto, fin da quando ero piccola. Papà è un pianista d’Opera e lavora tantissimo nei teatri, immerso tra i melodrammi di Verdi e Puccini. Quando tornava a casa da queste lunghe produzioni e aveva bisogno di “ripulirsi” le orecchie e lo spirito, eseguiva per un giorno intero solamente Bach. Anche se ero piccolissima, ricordo che lo sentivo suonare, e per me Bach è sempre stato un autore che ha significato casa. Da quando ho iniziato a suonarlo, non sono più riuscita a fermarmi: rappresenta il mio primo concerto fatto con l’orchestra, il mio primo recital, il primo album solistico con la Warner: Johann Sebastian Bach ha scandito tante tappe fondamentali della mia vita.

A dodici anni debuttò in Germania, trasformando la sua passione in un vero e proprio lavoro, iniziando a girare il mondo. Come vive tutto questo una ragazzina di dodici anni?

È stato bellissimo, anche perché la ragazzina di dodici anni di allora, non è la ragazzina di dodici anni di adesso che vede il mondo attraverso Internet. I miei dodici anni sono stati nel 2005, e mi sono trovata a scoprire un mondo totalmente diverso, mi sono rapportata direttamente e senza filtri con culture e paesi che non conoscevo, perché non c’erano i social, non c’era Instagram, non c’era YouTube. Ho sempre amato follemente fare quello che faccio e la presenza del pubblico mi ha sempre caricata tanto. La cosa bella è che paradossalmente il diverso rafforza ancora di più l’identità; io, per esempio, più ho viaggiato, più ho capito quanto fossi italiana.

I vari viaggi l’hanno portata a scoprire anche pubblici diversi?

Assolutamente sì. Suonare in Italia, oggi, è suonare a casa, anche se mi esibisco soprattutto all’estero. Per esempio, suonare in Germania significa suonare nella patria della musica classica: è un Paese, un pubblico molto esigente. Conosco benissimo anche gli Stati Uniti, che sono stati molto accoglienti con me: il loro pubblico è molto più primitivo e culturalmente più vasto ed eterogeneo. Tra New York e Los Angeles  ci sono territori sconfinati, e portare la musica in questi luoghi è un vero atto di sfida. Non conoscendo questa musica, non c’è un giudizio; loro vengono ai concerti come un terreno vergine ed è incredibile il risultato che si crea. La cosa bella di questo mestiere è che non c’è mai la routine: ogni concerto è diverso ed è unico a proprio modo.

Com’è nato il progetto di questo album, definito dalla rivista online Bachtrack: “fatto in cielo”?

Nel 2019 ho iniziato una collaborazione e una tournée con l’Amsterdam Sinfonietta che è un’orchestra d’archi; ci siamo trovati talmente tanto bene che ne abbiamo riprogrammata un’altra, con la registrazione di questo album, e non avrei potuto desiderare compagni migliori! Il New York Times ha scritto: “La distinzione di Rana come interprete di Bach risiede nella “sensibilità, raffinatezza e controllo preternaturali, uniti a un tocco di magia.

Come spiegherebbe questo album a chi non è avvezzo alla musica classica? Perché si dovrebbe ascoltare? 

Per la stessa ragione perché una persona dovrebbe visitare il Louvre quando va a Parigi, perché non andarci sarebbe un peccato. Perché non ascoltare questa musica sarebbe un peccato: l’arte, che essa sia visiva o musicale, riesce a raccontare delle cose che normalmente non si riuscirebbero a spiegare. In questi concerti c’è un’energia pazzesca, e in realtà Bach è estremamente attuale. Pur essendo un compositore cronologicamente distante da noi, è come la Monnalisa. È talmente iconica, di un’attualità spiazzante, che sembra fissi con estrema naturalezza te uomo del 2025. Per la musica è la stessa cosa: pur essendo così distante nel tempo, la musica di Bach sembra che ti guardi negli occhi e sappia esattamente chi tu sia. Non bisogna essere un intenditore per ascoltare della musica, così come non serve essere un critico d’arte per andare in un museo. Semplicemente l’arte si contempla: poi ci sarà chi sostiene che la Gioconda sia stupenda, e chi invece saprà replicare solamente che è piccola! 

Ludwig van Beethoven, pensando al proprio connazionale, pronunciò questa frase: “Non “ruscello” (significato della parola Bach in tedesco), ma “mare” dovrebbe essere chiamato, per la sua infinita e inesauribile ricchezza di combinazioni tonali e armonie”.

Quel mare di emozioni che con garbo e veemenza  ci regala la musica classica, e che, assicuriamo, si riconoscono tutte nel lavoro di Beatrice Rana. 

La musica e il talento si possono raccontare, ma per viverli a pieno, bisogna semplicemente ascoltarli.

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