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Machiavelli: c’è sempre bisogno di un bravo Principe

Machiavelli: c’è sempre bisogno di un bravo Principe

Un nuovo saggio sullo scrittore del Cinquecento fa riscoprire il suo pensiero sul potere e i destini dell’Italia. E i confronti contemporanei, da Giuseppe Conte a Mario Draghi, sono molto istruttivi.


Cosa ci possono insegnare oggi, dopo una pandemia, le riflessioni di Niccolò Machiavelli? Nel libro recentemente pubblicato Il conflitto costituente. Da Platone a Machiavelli ho cercato di delineare alcuni aspetti del suo pensiero: dalla critica della ragion politica in confronto a Platone all’idea di Roma che egli rielabora a partire dal mondo classico e cristiano. Ma in un certo senso tutti i filosofi sono contemporanei e ci aiutano a riflettere anche sul nostro presente.

Il Segretario fiorentino ci offre ottimi spunti per interpretare la situazione italiana attuale e, giocando un po’, possiamo individuare tre grandi temi: la necessità di rimettere al centro la politica dopo mesi di delirio pseudo scientifico, l’importanza del realismo al di là della propaganda e delle ideologie e la domanda se esista un Principe nell’Europa di oggi.

Nell’emergenza, in particolare durante il governo giallorosso guidato dal sedicente avvocato del popolo Giuseppe Conte, le redini del comando non sono state tenute dalla politica, ma dalla scienza, sia a livello istituzionale con il Cts che a livello di opinione pubblica con i virologi che hanno spadroneggiato in tv e sui giornali.

E di una cosa ci siamo resi conto: che quella scienza che presentava quotidianamente le proprie scoperte e le proprie regole liberticide come verità incontrovertibili procedeva a tentoni contraddicendosi continuamente, con la colpevole complicità del ministro della Salute Roberto Speranza. Durante la crisi pandemica ci siamo accorti che la libertà non va mai data per scontata e che tocca alla politica lottare per essa. È quest’ultima infatti, come insegna Machiavelli, che deve prendere decisioni. E per decidere serve una classe politica che sia all’altezza, che sia virtuosa.

I popoli «desiderano la libertà per vivere sicuri», e questa libertà è creata dalle virtù del politico che, equilibrando i differenti interessi conflittuali presenti nella città, dà vita a quel vivere civile che è rimedio all’anarchia. Lavora per il bene comune, non per i propri interessi particolari. E per tradurre in pratica le idee bisogna partire dalla «verità effettuale della cosa», non inseguire l’immaginazione di vani sogni: se, come ha fatto Conte, annunci una potenza di fuoco per salvare l’economia di cui in realtà non disponi, non infondi speranza al Paese, ma porti avanti una cattiva propaganda che sul lungo periodo si rivela dannosa e controproducente.

Solo avendo una salda conoscenza della realtà e dei suoi limiti si potrà immaginare il futuro assumendosi la responsabilità delle proprie decisioni. E si dovrà sempre fare i conti con la natura umana, che è incostante, perennemente insoddisfatta, dagli appetiti insaziabili e volubili, la quale però andrà compresa e guidata verso la pace, non giudicata con l’intento di correggerla moralisticamente.

Machiavelli invocava la venuta di un Principe per unificare la Penisola italica in uno Stato e liberarla dal «barbaro dominio» straniero. E ora come allora il popolo italiano rimane alla ricerca di un «salvatore della patria» capace di redimerlo da tutti i mali. Oggi è il turno di Mario Draghi, chiamato a capo di un esecutivo di unità nazionale per gestire la più grave crisi economica e sociale dal secondo dopoguerra.

Tuttavia, il Principe non è semplicemente colui che si limita ad affrontare l’emergenza per portare la nave in porto sana e salva, che amministra l’esistente al meglio, ma è il leader capace di progettare e creare un nuovo ordine, di immaginare riforme strutturali necessarie al bene del Paese.

E poi, siamo certi che basti un principe solo italico nell’epoca in cui, come diceva Friedrich Nietzsche, lo Stato nazionale è divenuto un «gelido mostro»? Non sarà urgente un principe europeo, una personalità che abbia la forza di dare vita a un’Europa politica – basta vedere come si «confronta» con la Cina, ancora drammaticamente assente? Nel mondo globale lo Stato inteso come luogo esclusivo della sovranità non tornerà più, ma questo non significa arrendersi a un nichilistico sradicamento dei popoli privati di storia, cultura e identità.

Draghi potrebbe forse avere le carte in regola per guidare gli Stati europei alla creazione finalmente di una Costituzione per una nuova Europa federale dei popoli, «indipendenti quanto la loro missione interna, associati tra loro a un comune intento», secondo l’espressione di Giuseppe Mazzini, verso un grande spazio imperiale europeo. Chissà se è solo un’illusione o possiamo almeno sperare che ne sarà davvero capace.

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