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Nella casa che verrà, più single e anziani

Nella casa che verrà,  più single  e anziani

La rapida trasformazione demografica, con l’aumento di famiglie «mononucleari» e, soprattutto, di ultra-65enni, imporrà un cambiamento anche nelle nuove abitazioni. A cominciare da maggiori spazi comuni.


Sul banco degli imputati si sono avvicendati il caro mutui, la crisi economica, le imposte, le norme europee. Tutti fattori, sia chiaro, che hanno inciso in modo importante sul calo delle compravendite del mercato immobilare e continueranno ad avere un peso importante. Ma è stata trascurata un’altra variabile che invece comincia a condizionare il settore ed è destinata a plasmarlo nel prossimo futuro. L’ultima analisi del centro studi Nomisma offre uno spunto nuovo di riflessione rispetto agli scenari finora delineati e individua un’altra causa del blocco delle transazioni immobiliari, forse la più importante. Stiamo parlando delle dinamiche demografiche che già condizionano il mercato. La composizione della popolazione è in rapido cambiamento, aumentano le famiglie mononucleari, diminuiscono i nuclei con figli e cresce il numero degli anziani che vivono da soli. In che misura il mercato residenziale intercetta queste nuove tipologie di utenti? La risposta è che domanda e offerta non coincidono, c’è un disallineamento. Alcuni dati ci aiutano a chiarire questa nuova realtà.

L’ultimo rapporto del Censis certifica il continuo e forte calo delle nascite. Nel 2040 solo una coppia su quattro avrà figli (saranno il 25,8 per cento del totale). Le famiglie composte da una sola persona aumenteranno fino a 9,7 milioni (il 37 per cento). Di queste, quelle costituite da anziani diventeranno quasi il 60 per cento (5,6 milioni). Gli ultra-65enni sono oltre 14 milioni e nel 2050 saranno 4,6 milioni in più: rappresenteranno il 34,5 per cento sul totale della popolazione. Avranno meno figli sui quali poter contare e saranno più soli. Inoltre nel 2040 il 10,3 per cento, di loro nonostante i progressi della medicina, continuerà ad avere problemi di disabilità. Lo studio evidenzia che il 70 per cento del campione del sondaggio, approva l’adozione di figli da parte dei single e il 54 per cento da parte di coppie omogenitoriali. Una popolazione così anziana rappresenta un rischio per la tenuta del sistema di welfare. Le stime del Censis dicono che nel 2050 la spesa sanitaria pubblica potrebbe arrivare a 177 miliardi di euro (oggi è 131).

Questo lo scenario che abbiamo di fronte per i prossimi anni. Che ricadute può avere sul mercato immobiliare? Potrebbe essere la domanda. Le ricadute ci saranno eccome, dal momento che mutando la composizione della popolazione cambia anche la domanda di edilizia residenziale. Le analisi di settore post-Covid avevano alimentato l’idea che la richiesta si fosse orientata verso superfici più ampie, appartamenti con più stanze dove poter conciliare vita familiare e smartworking. Ma è stata una fase transitoria, dominata più dalle suggestioni del momento che da reali esigenze e quindi non in grado di orientare il mercato. Il lavoro a distanza è una parentesi, ormai ampiamente superata e il settore immobiliare ora fa i conti con la realtà delle dinamiche demografiche. Luca Dondi dall’Orologio, ceo di Nomisma traccia questo quadro: «Spesso ci preoccupiamo di fattori contingenti come la situazione economica, il costo del credito e una serie di elementi congiunturali ma perdiamo di vista alcuni cambiamenti strutturali che stanno intervenendo e modificheranno in modo significativo la composizione delle famiglie. Siamo in una fase, in cui la componente migratoria non riesce a compensare il calo delle nascite». E sottolinea che «la famiglia tradizionale formata da una coppia con più figli sta diventando minoritaria. Già adesso assistiamo a un “parità” tra famiglie mononucleari e coppie con figli, le quali in un prossimo futuro saranno superate. Questa situazione si rifletterà profondamente sulla realtà abitativa».

In che modo? «La prospettiva è di una riduzione delle superfici medie richieste. Lo standard sarà al massimo di 70-80 metri quadri». Dondi invita poi a riflettere pure sull’altro fenomeno dell’invecchiamento della popolazione. «Tra 20 anni il numero di famiglie con ultra-65enni soli sarà rilevante. Questo significa appartamenti con meno spazi ma con maggiori servizi accessori e più vicini a strutture di soccorso e sostegno. In prospettiva bisognerà affrontare un cambiamento culturale nei piani urbanistici a misura di anziani». Si tratta di una tendenza che oggi non si manifesta ancora pienamente, continua lo studioso. «La domanda immobiliare è ora fortemente condizionata dalle possibilità economiche e dal caro mutui. Ma già al 2031 la riduzione demografica e la ricomposizione dei nuclei familiari sarà più evidente. È una tendenza inarrestabile, con cui bisognerà fare i conti». Questa concretissima rivoluzione dell’offerta immobiliare «andrà sussidiata perché è impossibile pensare che la trasformazione possa essere fatta solo da capitali privati. Un ammodernamento che passerà per la ristrutturazione dell’esistente anche in chiave di efficientamento energetico». Quindi meno superfici, più accessoriate e più attenzione al risparmio energetico, sembra essere questo il modello del futuro prossimo.

È una impostazione condivisa da Gianni Savio, amministratore delegato di Planet Smart City, società nata nel 2015 che progetta e costruisce quartieri intelligenti e collabora con gli sviluppatori di tutto il mondo per realizzare edifici all’avanguardia: «Una chiara tendenza globale è che per alcune tipologie di immobili si andrà sempre di più verso una riduzione delle superfici rispetto a quelle attuali ma con maggiori soluzioni tecnologiche e digitali per la fruizione di servizi all’interno delle abitazioni e aiutare il risparmio energetico». Savio aggiunge che «aumenteranno le case “intelligenti”, consentendo il monitoraggio da remoto di funzioni come la climatizzazione che permettono già di ridurre i consumi. Attraverso speciali App si potranno gestire gli spazi comuni, aprire le serrature elettroniche, ricevere notifiche quando arriva un pacco. Ma anche ottenere indicazioni sulle fasce orarie in cui è più conveniente utilizzare gli elettrodomestici e con i contatori intelligenti, verificare i consumi di luce, gas e acqua in tempo reale ottenendo indicazioni sui livelli di spesa delle utenze».

Quanto all’incidenza dell’invecchiamento della popolazione, il manager è convinto che «mentre si ridurranno gli spazi privati aumenteranno quelli in comune. Ci saranno ambienti per fare attività, con palestre o biblioteche, orti urbani e lavanderie. Inoltre gli appartamenti saranno dotati di servizi di collegamento con vicini centri di assistenza sanitaria per far fronte alle emergenze». Soluzioni di questo tipo sono state realizzate già a Milano, a Redo Merezzate (Rogoredo), un quartiere sviluppato da Redo Sgr dove è stato realizzato uno smart district, uno dei progetti di housing sociale più innovativi della metropoli lombarda, con 615 appartamenti dotati di soluzioni smart anche dal punto di vista sociale, energetico e ambientale. Le nuove dinamiche demografiche si stanno manifestando anche sul trend delle compravendite. Nel primo semestre del 2023, come afferma l’operatore Tecnocasa, sono aumentate quelle portate a termine da single, passate a 33,5 per cento da 31,9 per cento dello stesso periodo del 2022. Percentuale che nelle grandi città sale a 40,7 per cento, con punte di 50,8 per cento a Milano. Le tipologie preferite sono i trilocali (36,7 per cento) seguiti dal bilocale (32,3 per cento).

Qual è invece la situazione degli anziani? Sono per la maggior parte proprietari ma vivono da soli. Spesso in abitazioni grandi. La formula del cohousing, cioè condomini dove si condividono spazi comuni e servizi, è diffusa negli Stati Uniti e in Europa. Nel quartiere Chipping Barnet, a nord di Londra, si trova il New Ground, struttura con 25 appartamenti dove vivono altrettante donne tra i 58 e i 94 anni che oltre alla propria casa, condividono locali comuni dove si tengono lezioni di yoga, proiezioni cinematografiche o si fanno celebrazioni. In Italia esempi simili si trovano solo nel Nord, tra Piemonte, Lombardia, Toscana ed Emilia-Romagna e comunque rappresentano soluzioni minoritarie. L’Associazione Cohousing Solidaria di Ferrara che tiene aggiornato un elenco, su base volontaria, ha raccolto 42 esperienze di questi particolari condominii. La strada è lunga ma la direzione è segnata.

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