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Festival del Cinema di Venezia, perché «Silent friend» è il nostro Leone d’oro

Festival del Cinema di Venezia, perché «Silent friend» è il nostro Leone d’oro

Un film che cambia i punti di vista, alla ricerca di una connessione tra essere umani e con la natura. Tra i protagonisti Tony Leung Chiu-wai e… un maestoso ginkgo biloba. Applausi ed entusiasmo al Lido

E finalmente eccolo, il nostro Leone d’oro, il film che ti fa piombare altrove e ti resta addosso, cambiando la luce sull’intero festival. È Silent friend dell’ungherese Ildikó Enyedi il film per cui facciamo il tifo.

E The voice of Hind Rajab, che ha dilaniato cuori e coscienze di tutti gli spettatori della Mostra del cinema di Venezia 2025, nessuno escluso? È atroce e indimenticabile, ma più che costruzione cinematografica è un estratto struggente di cronaca vera, che ha il suo fulcro sensibile nelle vere registrazioni delle telefonate con la piccola Hind, che a Gaza chiedeva aiuto da un’auto crivellata di colpi. È un film insostenibile e forse necessario per scuotere le coscienze contro ogni guerra. Ma è anche una sorta di ricatto emotivo puntato contro la giuria? Il presidente Alexander Payne può scegliere un Leone d’oro diverso? Intanto The voice of Hind Rajab di Kaouther Ben Hania ha vinto il Leoncino d’oro e la Segnalazione Cinema For Unicef.

Ma torniamo a Silent friend, che ha ricevuto gli applausi più lunghi ed entusiasti dalla stampa, in Sala Darsena – The voice of Hind Rajab a parte, che si muove su un piano tutto suo e diverso -. Sotto l’essenza silenziosa di un maestoso ginkgo biloba, in piedi dal 1832, si muovono le vite di tre protagonisti, su tre epoche diverse, in una riflessione sul potere misterioso della natura, sulla difficoltà di comunicazione tra esseri umani, sull’importanza della ricerca scientifica.

Festival del Cinema di Venezia, perché «Silent friend» è il nostro Leone d’oro
Luna Wedler in “Silent friend” (Credits: Lenke Szilagyi)

«Silent friend è un lungometraggio normale e anche un film naturalistico», ha detto la regista Ildikó Enyedi, già amata per Corpo e anima, Orso d’oro a Berlino nel 2017. «Il sound design è riuscito a dare voce al silenzio».

Nel silenzio magnifico di un giardino botanico in una città universitaria in Germania si muovono tre spaccati di vite umane. Nel 2020, poco prima che il Covid si affacci ai nostri giorni, un neuroscienziato di Hong Kong (interpretato da Tony Leung Chiu-wai) inizia un esperimento inaspettato con il vecchio ginkgo biloba che troneggia vicino alle aule studentesche. Una ricercatrice francese (Léa Seydoux) ne segue a distanza gli sviluppi.

Nel 1972 una giovane studentessa (Marlene Burow) osserva un geranio, cercando di decifrare il suo linguaggio e di entrare in connessione con lui. Coinvolge nei suoi studi un ragazzo (Enzo Brumm) con cui nasce un’intesa.

Nel 1908 la prima donna (Luna Wedler) ammessa all’università si avvicina alla fotografia indagando i sacri schemi dell’universo nascosti nella più umile delle piante.
E intanto la macchina da presa cattura le loro vite mentre instaurano più o meno goffamente relazioni umane, ripresi dietro vetrate su cui si muovono fronde, dietro intrighi di rami, tra vegetazione rigogliosa.

Nei titoli di coda, tra i crediti, c’è anche un lungo elenco di tutti gli alberi coinvolti nel film: scelta stupenda! E l’applauso della Mostra del cinema di Venezia si è lievitato.

Festival del Cinema di Venezia, perché «Silent friend» è il nostro Leone d’oro
Enzo Brumm in “Silent friend” (Credits: Lenke Szilagyi)

«Prima consideravo le piante in quanto piante. Dopo aver letto le opere che mi ha inviato la regista per prepararmi al film, è cambiato tutto», ha detto Tony Leung Chiu-wai, già memorabile protagonista del cult In the mood for love. «Tutte le mattine corro in montagna e ora la sensazione che ho verso le piante è completamente diversa. Sento che hanno un’anima».

“Quando vado in un orto botanico vedo tante anime sole”, dice la ricercatrice interpretata da Léa Seydoux. “E se ci guardassero come noi guardiamo loro?”, si chiede il professore hongkonghese.

Tra citazioni della tassonomia di Linneo e de La Metamorfosi delle piante di Goethe, insieme ai protagonisti umani di Silent friend entriamo nel mondo vegetale con fascino e interesse. Con loro alla ricerca di una connessione, tra esseri umani, tra esseri viventi. La fotografia eccezionale di Gergely Pálos caratterizza ogni epoca con puntualità e presa emotiva.

Intanto si muove una riflessione sul nostro posto nel mondo. Davvero siamo così presuntuosi da sentirci centrali in questo universo?
Come dice la regista nelle note stampa: «Silent friend può aiutarci a scendere dalla spaventosa e vertiginosa posizione in cima alla piramide verso un luogo più giusto e più accogliente: essere parte di questo mondo».

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